Giornata del ringraziamento, i vescovi: «Rinnovare gli stili di vita»

Diffuso il messaggio della Cei per la 74ª edizione, il 10 novembre. Il tema: “La speranza per il domani: verso un’agricoltura più sostenibile”. «No all’agrobusiness»

Un doppio invito a salvare il terreno e, insieme, «attività agricole e agricoltori», arriva dai vescovi italiani, nel messaggio per la 74ª Giornata del ringraziamento, in programma il 10 novembre sul tema “La speranza per il domani: verso un’agricoltura più sostenibile”. La strada indicata dalla Cei è quella di «un uso dinamico ma sostenibile che limiti il consumo e lo spreco di territorio e, allo stesso tempo, tuteli le produzioni alimentari e la biodiversità».

In questo senso, «il rinnovamento degli stili di vita è una via possibile e percorribile per supportare le politiche ambientali e ri-orientare l’economia nel segno della sostenibilità e della giustizia. L’agricoltura deve mantenere le sue basi ecologiche, che non ha mai dimenticato, ma che rischia di smarrire se insegue il paradigma tecnocratico, che porta alla ricerca di un modello di produzione volto solo alla massimizzazione del profitto», è il monito dei vescovi. La conseguenza, spesso, è l’«abbandono dei campi, la dismissione di alcune coltivazioni e, in molti casi, della stessa attività agricola a cui, a causa delle difficoltà strutturali dell’agricoltura nazionale, viene preferita la rendita derivante dal consumo del suolo o dal ritorno del bosco non curato».

Per i vescovi, «è tempo di fermare il consumo del suolo, in particolare quello agricolo, che va destinato alla produzione di cibo». Nella cultura agricola, «la terra è sempre stata considerata preziosa, tanto che veniva utilizzata con cura, senza mai essere impoverita pregiudicandone l’uso futuro – si legge nel messaggio -. I suoi frutti sono sempre stati destinati a tutti, favorendo la giustizia sociale, con un regime inclusivo delle pratiche agronomiche autoproduttive e forme di scambio improntate a criteri di reciprocità e solidarietà».

Si tratta di un «patrimonio di attenzioni e di tradizione» che «non può essere dissipato, in quanto rappresenta uno stimolo per guardare al futuro e affrontare in modo costruttivo le sfide odierne, dando soluzione a quelle problematiche che, in varie occasioni, sono state portate alla luce da quanti sono impegnati nel mondo agricolo, che chiedono un confronto e un dialogo a più voci sul rapporto tra uso della terra, agricoltura, sostenibilità e tutela del lavoro delle nuove generazioni». Nell’analisi dei presuli, «anche la progettualità sostenibile, come l’istallazione di impianti fotovoltaici, deve vigilare affinché ci sia sempre compatibilità con la produzione agricola. Sono questioni centrali per il futuro della nostra Europa. Le innovazioni, culturali e sociali, possono aiutarci a ricostruire legami con un’identità rurale che può favorire una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’ecologia integrale – è la proposta -. Solo così sarà possibile dimorare sulla terra, trovando l’equilibrio tra uomo e natura e rilanciando la centralità dell’essere custodi del Creato e dei fratelli».

Ancora, «è tempo di coinvolgere le nuove generazioni nella cura della terra indirizzando a un diverso modello economico, riducendo sprechi e consumi, riscoprendo le potenzialità delle comunità locali e salvaguardando le conoscenze tradizionali, riconoscendo il giusto compenso ai produttori e raddrizzando le distorsioni dei sussidi», l’indicazione di rotta. Deciso quindi il no all’«agrobusiness», a favore invece di «politiche nazionali ed europee che ripropongano corrette riforme agrarie, adeguato riconoscimento economico del lavoro agricolo e del valore dei prodotti agricoli, riduzione degli sprechi dal campo alla tavola, valorizzazione dell’agricoltura familiare».

L’invito, insomma, è ad evitare la «polarizzazione tra agricoltura convenzionale e biologica o altro» e invece a «fare rete e integrare, per combattere la dispersione delle comunità, soprattutto di quelle interne del nostro Paese, e dell’ambiente da cui proviene sostentamento e salute per tutti. Il nostro Paese – si legge nel documento – è un laboratorio ideale, per diversità di ambienti e condizioni socioeconomiche, per sperimentare vie nuove nelle tante forme di agricoltura». In questa direzione, «vanno sostenuti i molti giovani – anche immigrati – che hanno deciso di intraprendere questa strada tornando alla terra, pure nelle situazioni più difficili della collina interna e della montagna».

Di qui l’appello «ai giovani agricoltori e ai centri di formazione che li preparano a un lavoro qualificato, perché si sentano protagonisti con la loro attività, di questo momento cruciale della storia, nel quale il loro contributo è fondamentale. Troppo spesso – denunciano i vescovi – gli imprenditori agricoli non sono stati percepiti come una risorsa indispensabile per la produzione di cibo sano, disponibile per tutti e di qualità. Mentre non possiamo non riconoscere gli elementi di verità esistenti nelle denunce di insostenibilità ambientale e sociale di tanta agricoltura industriale (non per nulla definita agrobusiness), auspichiamo che si promuovano politiche nazionali ed europee che ripropongano corrette riforme agrarie, adeguato riconoscimento economico del lavoro agricolo e del valore dei prodotti agricoli, riduzione degli sprechi dal campo alla tavola, valorizzazione dell’agricoltura familiare».

5 giugno 2024