Giornata del migrante, Palmieri: «Venirci incontro da cristiani»

La celebrazione alla Cittadella della carità. «Tutte le volte che, con pazienza, ci incontriamo, accogliamo e riconosciamo, facciamo ciò che Dio vuole»

«Mi chiamo Leila, vengo dall’Iran. Sono arrivata in Italia con mia figlia quasi quattro anni fa». Una scelta dolorosa dettata da una speranza: poter vivere in un mondo più libero e democratico: «Nel mio Paese abbiamo incontrato molte difficoltà nel professare la religione cristiana, per questo siamo state costrette ad andar via – racconta -. Oggi però sono davvero molto felice». A distanza di pochi anni dal suo arrivo, Leila ha potuto infatti raccogliere molte soddisfazioni: grazie alla sua laurea in letteratura inglese ha iniziato a frequentare un tirocinio di formazione mentre sua figlia, diplomatasi quest’anno con il massimo dei voti, è riuscita a superare con successo il test di ingresso alla facoltà di Farmacia. «Ciò che più desidero in questo momento – confida – è trovare un lavoro che mi renda indipendente e mi aiuti a essere utile per questo Paese».

È un inizio nuovo e colmo di speranza anche quello vissuto da Babacar e da sua madre: «Abbiamo lasciato la Guinea sei anni fa – racconta -. Oggi frequento la seconda media e ho due sogni nel cassetto: diventare un calciatore o lavorare come giornalista sportivo». Questi sono solo alcuni dei volti di rifugiati e protetti internazionali che hanno trovato supporto e aiuto nei vari Centri Caritas della Capitale. A loro e a tantissimi altri è stata dedicata ieri, domenica 27 settembre, la 106ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Per l’occasione la Cittadella della carità, in via Casilina vecchia 19, ha ospitato la Messa presieduta dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri, delegato per la carità e da poco anche vicegerente della diocesi di Roma.

«C’è un luogo, il monte di Gerusalemme, in cui tutti i popoli si raduneranno e porteranno da ogni angolo della terra la ricchezza della loro cultura e della loro tradizione e Dio farà un banchetto di festa e di gioia per tutti i popoli: questo compare in molti brani della Bibbia – ha detto Palmieri nell’omelia -. Ogni volta che viviamo giornate come queste anticipiamo un po’ quello che sarà il paradiso, quando il sogno di Dio si realizzerà pienamente». E ha aggiunto: «Tutte le volte che, con pazienza e fatica, ci incontriamo, accogliamo e riconosciamo, noi facciamo ciò che Dio vuole». Infine, rivolgendo una preghiera a quanti stanno vivendo ora il dramma della migrazione, il presule ha sottolineato «l’importanza del venirci incontro da cristiani, chiedendo al Signore la semplicità e la gioia di accoglierci gli uni con gli altri».

Nella Giornata di quest’anno il Papa ha voluto portare l’attenzione sul fenomeno degli sfollati interni, stimati oggi in 50 milioni nel mondo. A questi si aggiungono poi i migranti, i profughi, i rifugiati e i richiedenti asilo, tutte persone costrette a intraprendere un viaggio attraverso l’ignoto per cercare un Paese sicuro in cui potersi realizzare. «Non sono numeri ma esseri umani con un vissuto difficile e travagliato – ha commentato don Benoni Ambarus, direttore della Caritas diocesana -. L’impegno all’ascolto e all’incontro è quindi fondamentale per una umanizzazione dell’altro. Questa è anche la giornata in cui dobbiamo ricordarci di guardare queste persone negli occhi».  Commentando il tema scelto per quest’anno, “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire”, don Ambarus ha infine ricordato che «per noi cristiani basta ricordare le vicende di Gesù per riuscire a gestire il fenomeno delle migrazioni: anche lui ha vissuto questa tragica condizione, per questo siamo chiamati a riconoscere il suo volto in quello degli ultimi ed emarginati».

28 settembre 2020