Giornata dei caduti. Mattarella: il loro esempio, «vincolo morale»

L’omaggio delle istituzioni, nel giorno dedicato al ricordo dei militari e civili morti nelle missioni internazionali. L’ordinario Marcianò: «Maestri di pace»

È indirizzato al ministro della Difesa Lorenzo Guerini il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Giornata dedicata al ricordo dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali, che coincide con la ricorrenza della strage di Nassiriya del 12 novembre 2003, nella quale morirono 19 militari italiani e altri 9 iracheni. «Rivolgo un deferente pensiero a tutti coloro che hanno perso la vita, impegnati nella pacificazione delle aree di crisi, per sconfiggere il terrorismo e consentire alle popolazioni oppresse un orizzonte di speranza», scrive il capo dello Stato.

Per Mattarella, «i conflitti e le tensioni, spesso provocati e sostenuti da forme di terrorismo transnazionale rivolte a sovvertire i principi di convivenza, rispetto dei diritti umani, libertà, vedono impegnata l’intera comunità internazionale per affrontare sfide insidiose contro l’umanità». Proprio per questo l’esempio dei «nostri» caduti rappresenta «un vincolo morale per la continuità del contributo del nostro Paese nei diversi ambiti: le donne e gli uomini presenti nelle diverse aree di conflitto sanno di poter contare sul concorde sostegno del popolo italiano». Ancora, nelle parole del presidente «lo slancio e l’altruismo di quanti hanno donato la propria vita per il bene comune sono fonte di riflessione per tutti i cittadini, che nel loro agire quotidiano sono chiamati a un contributo egualmente prezioso per la civile convivenza e il progresso della comunità nazionale e internazionale».

Nel pomeriggio, l’Aula di Palazzo Madama osserverà un minuto di raccoglimento per commemorare la strage di 16 anni fa Nassiriya, «l’attacco più grave subito dai nostri militari impegnati nelle missioni di pace nelle aree di crisi», lo definisce la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. «Un tributo di sangue pesantissimo – prosegue – che il nostro Paese ha dovuto pagare alla causa della pace, della libertà e della sicurezza dei popoli». Proprio per questo, «i civili e i soldati che persero la vita a Nassiriya sono caduti per la Patria che non possiamo e non dobbiamo mai dimenticare».

Per la seconda carica dello Stato, «nella Giornata dedicata al ricordo dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali e a pochi giorni da un altro agguato che, sempre in Iraq, ha coinvolto operatori delle nostre Forze speciali, è doveroso rivolgere un pensiero e un ringraziamento alle nostre donne e ai nostri uomini in divisa che, con coraggio e dedizione, mettono a rischio la propria vita pur di salvaguardare e affermare i diritti delle comunità oppresse nelle zone di guerra di tutto il mondo». Affidato a Twitter invece il pensiero del presidente della Camera dei deputati Roberto Fico. «Sedici anni fa nel terribile attentato terroristico a Nassiriya morirono diciannove italiani. Oggi il pensiero va a tutti i caduti militari e civili impegnati nelle missioni internazionali di pace cui la giornata del 12 novembre è dedicata. Ai loro cari – scrive Fico – tutta la nostra vicinanza».

Nella mattinata, i caduti nelle missioni internazionali per la pace sono stati ricordati nella Messa presieduta nella basilica di Santa Maria in Ara coeli dall’ordinario militare per l’Italia Santo Marcianò. «Non c’è sacrificio e non c’è servizio che sia inutile – le parole dell’arcivescovo -. Oggi noi piangiamo persone che sono state liete di servire», militari che «non avrebbero considerato un eroismo il loro atto del dare la vita ma una pienezza di servizio, una realizzazione della libertà. Per questo essi “sono nella pace’” Per questo diventano maestri di pace». Inevitabile il ricordo – «con affettuosa trepidazione e grande stima» – dei cinque militari italiani feriti nell’attentato di due giorni fa in Iraq, rivendicato ieri, 11 novembre, dall’Isis. Attacco che «ci ricorda il terribile attentato di Nassiriya».

Parlando dei caduti, l’arcivescovo ne ha ricordato «il potere del servizio, l’autorevolezza della coerenza e della testimonianza, che ha molto da dire pure oggi. Un servizio che non cerca l’utile – ha proseguito -, non si inquina con la ricerca di interessi personali o ricompense, è libero da infiltrazioni, corruzioni o da qualsiasi forma di attaccamento a tutto, persino alla propria vita». L’esortazione allora è a «dare spazio a questo peculiare e nobile magistero esercitato dai nostri caduti e portato avanti da militari che vivono così il proprio servizio quotidiano», con «generosa disponibilità a operare in contesti di conflitti e situazioni estreme di povertà, combattendo il clima di terrore e di odio violento con la logica del rispetto dei popoli e della carità fraterna».

Militari e civili impegnati nelle missioni internazionali in difesa di vite umane in contesti di conflitto, ha proseguito ancora Marcianò, «hanno risposto all’invito che, anche recentemente, Papa Francesco ha espresso, esortando i cappellani militari di tutto il mondo ad aiutare in particolare i militari che si trovano “in situazioni di conflitto internazionale, ad aprire le loro coscienze a quella carità universale che avvicina l’uomo all’uomo, qualunque sia la razza, la nazionalità, la cultura, la religione dell’altro” e a non “farsi derubare dei valori umani e cristiani”».

Il riferimento era al discorso del Papa ai partecipanti al V corso internazionale di formazione dei cappellani militari cattolici al diritto internazionale umanitario dello scorso ottobre. «Questo – ha sottolineato l’arcivescovo – i nostri caduti hanno fatto. E bisogna dare spazio al loro esempio e alla testimonianza, piuttosto che assecondare proposte ideologiche e polemiche, tese a cancellare il ricordo di chi ha servito la Patria fino a sacrificarsi per essa e per la libertà altrui». Quindi, rivolto ai familiari: «I vostri cari hanno vissuto profondamente il senso del servizio e del sacrificio e questo è motivo di gratitudine grande e commossa». Tuttavia, «questo loro sacrificio, però, non è facile per noi da accettare. Serve la fede». Soprattutto «quando ci sentiamo schiacciati dal dolore, bloccati dall’ingiustizia, angosciati dalla paura del ricordo e, forse, dall’amarezza di constatare quanto rimanga esposto al rischio, talora a un rischio eccessivo, il servizio di tanti uomini e donne delle forze armate e forze dell’ordine».

12 novembre 2019