Comunicazioni sociali: la “narrazione” al centro del Messaggio del Papa

«”Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia”»: è il testo firmato da Francesco. «Una buona storia nutre la vita»

«Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazione, perché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme. Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri».

Inizia con queste parole il Messaggio di Papa Francesco per la 54ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si celebra il 24 maggio, diffuso oggi, venerdì 24 gennaio, dalla Sala stampa vaticana. Il titolo: «”Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia”». L’uomo, scrive Bergoglio, «è un essere narrante. Fin da piccoli abbiamo fame di storie come abbiamo fame di cibo. Che siano in forma di fiabe, di romanzi, di film, di canzoni, di notizie, le storie influenzano la nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli. Spesso decidiamo che cosa sia giusto o sbagliato in base ai personaggi e alle storie che abbiamo assimilato. I racconti ci segnano, plasmano le nostre convinzioni e i nostri comportamenti, possono aiutarci a capire e a dire chi siamo». “Tessiamo” abiti per coprire la nostra vulnerabilità e storia per «custodire» la nostra vita, osserva il Papa. E «le storie di ogni tempo hanno un “telaio” comune: la struttura prevede degli “eroi”, anche quotidiani, che per inseguire un sogno affrontano situazioni difficili, combattono il male sospinti da una forza che li rende coraggiosi, quella dell’amore. Immergendoci nelle storie, possiamo ritrovare motivazioni eroiche per affrontare le sfide della vita», prosegue. 

L’uomo dunque «è un essere narrante perché è un essere in divenire». Ma, fin dagli inizi, «il nostro racconto è minacciato: nella storia serpeggia il male». Tante, per Francesco, le storie che «ci narcotizzano, convincendoci che per essere felici abbiamo continuamente bisogno di avere, di possedere, di consumare. Quasi non ci accorgiamo di quanto diventiamo avidi di chiacchiere e di pettegolezzi, di quanta violenza e falsità consumiamo». Ma «mentre le storie usate a fini strumentali e di potere hanno vita breve, una buona storia è in grado di travalicare i confini dello spazio e del tempo. A distanza di secoli rimane attuale, perché nutre la vita». In un’epoca in cui la falsificazione si rivela sempre più sofisticata, osserva il Santo Padre, raggiungendo livelli esponenziali  – «il deepfake» -, «abbiamo bisogno di sapienza per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni. Abbiamo bisogno di coraggio per respingere quelli falsi e malvagi. Abbiamo bisogno di pazienza e discernimento per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo tra le tante lacerazioni dell’oggi; storie che riportino alla luce la verità di quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano».

Anche la Sacra Scrittura, osserva Francesco, «è una Storia di storie», che mostra un Dio che «è creatore e nello stesso tempo narratore», parla e «le cose esistono», prosegue citando il racconto del libro della Genesi. E crea l’uomo e la donna come «generatori di storia insieme a Lui». La Bibbia, scrive ancora il Papa, è «la grande storia d’amore tra Dio e l’umanità. Al centro c’è Gesù: la sua storia porta a compimento l’amore di Dio per l’uomo e al tempo stesso la storia d’amore dell’uomo per Dio. L’uomo sarà così chiamato, di generazione in generazione, a raccontare e fissare nella memoria gli episodi più significativi di questa Storia di storie, quelli capaci di comunicare il senso di ciò che è accaduto». Francesco ricorda quindi l’esperienza dell’Esodo – dal cui racconto biblico è tratto il titolo del Messaggio – , secondo cui «la conoscenza di Dio si trasmette soprattutto raccontando, di generazione in generazione, come Egli continua a farsi presente. Il Dio della vita si comunica raccontando la vita. Gesù stesso – prosegue – parlava di Dio non con discorsi astratti ma con le parabole, brevi narrazioni, tratte dalla vita di tutti i giorni. Qui la vita si fa storia e poi, per l’ascoltatore, la storia si fa vita: quella narrazione entra nella vita di chi l’ascolta e la trasforma».

Similmente, anche i Vangeli «sono dei racconti». Al centro una storia, quella di Cristo, che «non è un patrimonio del passato, è la nostra storia, sempre attuale. Essa ci mostra che Dio ha preso a cuore l’uomo, la nostra carne, la nostra storia, fino a farsi uomo, carne e storia. Ci dice pure che non esistono storie umane insignificanti o piccole. Dopo che Dio si è fatto storia, ogni storia umana è, in un certo senso, storia divina». Ogni storia umana ha quindi «una dignità insopprimibile. Perciò l’umanità merita racconti che siano alla sua altezza, a quell’altezza vertiginosa e affascinante alla quale Gesù l’ha elevata». Per il Santo Padre, «in ogni grande racconto entra in gioco il nostro racconto. Mentre leggiamo la Scrittura, le storie dei santi, e anche quei testi che hanno saputo leggere l’anima dell’uomo e portarne alla luce la bellezza – commenta -, lo Spirito Santo è libero di scrivere nel nostro cuore, rinnovando in noi la memoria di quello che siamo agli occhi di Dio». E ancora: «Quando facciamo memoria dell’amore che ci ha creati e salvati, quando immettiamo amore nelle nostre storie quotidiane, quando tessiamo di misericordia le trame dei nostri giorni, allora voltiamo pagina. Non rimaniamo più annodati ai rimpianti e alle tristezze, legati a una memoria malata che ci imprigiona il cuore ma, aprendoci agli altri, ci apriamo alla visione stessa del Narratore. Raccontare a Dio la nostra storia non è mai inutile: anche se la cronaca degli eventi rimane invariata, cambiano il senso e la prospettiva». Raccontarsi al Signore, per Francesco, è «entrare nel suo sguardo di amore compassionevole verso di noi e verso gli altri».

Nelle parole del Papa, «nessuno è una comparsa nella scena del mondo e la storia di ognuno è aperta a un possibile cambiamento. Anche quando raccontiamo il male – osserva -, possiamo imparare a lasciare lo spazio alla redenzione, possiamo riconoscere in mezzo al male anche il dinamismo del bene e dargli spazio». Non si tratta allora di «inseguire le logiche dello storytelling, né di fare o farsi pubblicità, ma di fare memoria di ciò che siamo agli occhi di Dio, di testimoniare ciò che lo Spirito scrive nei cuori, di rivelare a ciascuno che la sua storia contiene meraviglie stupende». Per poterlo fare, conclude, «affidiamoci a una donna che ha tessuto l’umanità di Dio nel grembo»: la Vergine Maria.

24 gennaio 2020