Gianni Amelio e la crudeltà della guerra

Nelle sale dal 5 settembre, “Campo di battaglia” – in concorso a Venezia – racconta le ultime settimane della grande guerra, attraverso le vicende di 3 medici in prima linea

È nelle sale dal 5 settembre Campo di battaglia, di Gianni Amelio, già in concorso all’81ª Mostra di Venezia con altri 4 film italiani: Vermiglio di Maura Delpero; Queer di Luca Guadagnino; Diva Futura di Giulia Louise Steigerwalt; Iddu. L’ultimo padrino di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Regista di ampia e profonda esperienza, Amelio, nato nel 1945, è stato l’ultimo regista italiano ad aver ricevuto il Leone d’oro nel 1988 per Lamerica, e nel corso di una carriera cominciata nel 1983 con Colpire al cuore ha diretto, tra gli altri, titoli quali Porte aperte (1990), Il ladro di bambini (1992), Le chiavi di casa (2004), La stella che non c’è (2006), Il primo uomo (2011), Hammamet (2020), Il signore delle formiche (2022).

Campo di battaglia è un racconto centrato sulle ultime settimane di svolgimento della grande guerra, nel 1918, e segue in particolare le vicende di tre medici in prima linea. Il campo però resta costantemente di sfondo: non ci sono in primo piano scene di battaglia né momenti di conflitto collettivi o individuali. Ben consapevole del fatto che l’argomento prima guerra mondiale è tutt’altro che nuovo e anzi ha avuto, sia nel cinema italiano che in quello internazionale, precedenti di molta importanza (basta citare La grande guerra, 1960, e Niente di nuovo sul fronte occidentale, 1930), Amelio ha immaginato una riflessione sulla brutalità della guerra e la banalità del male quale punto di riferimento più immediato. Parte dal romanzo La sfida di Carlo Patriarca ed esplora i traumi legati alle dolorosissime vicende della guerra attraverso le conseguenze terribili sulle persone, sul fisico, sulla carne dei soldati mandati spesso a morire allo sbaraglio. Ne esce certo una inevitabile conclusione sulla inutilità e tragicità di ogni guerra.

L’ospedale militare dove quasi tutta la vicenda si svolge e dove va in scena l’incontro/scontro tra i due medici ufficiali Stefano e Giulio, legati da una lunga amicizia ma divisi sul metodo da adottare verso malati e feriti, rappresenta un momento di forte sospensione della drammaticità della narrazione. E certo Amelio ha mano assai felice nel descrivere quelle sciagure senza fine, una sorta di buco nero nel quale è precipitata senza appello una intera generazione di giovani, una deriva tra anime sole e disperate costrette a inventarsi incidenti di guerra procurati a bella posta pur di non tornare al fronte.

Insomma, pur parlando di un conflitto di cento anni fa, Amelio aiuta a tenere gli occhi aperti sui tanti conflitti in corso ancora nel nostro pianeta. Film duro ma serio, compatto, solido, aiutato dalla presenza espressiva di Alessandro Borghi, Gabriel Montesi (i due medici) e da Federica Rosellini, una infermiera che svolge il ruolo di personaggio metaforico tra realtà e finzione.

17 settembre 2024