Gerusalemme: nel Giorno della memoria, attentato in sinagoga
In pieno Shabbat, un palestinese di 21 anni, nessun precedente per terrorismo e senza affiliazione politica, ha aperto il fuoco contro i fedeli che si trovavano all’interno. Il bilancio: 8 morti e 10 feriti
Nel Giorno della memoria e in pieno Shabbat. Venerdì sera, 27 gennaio, a Gerusalemme, un giovane palestinese di 21 anni proveniente dal campo profughi di Shuafat, identificato come Alkam Khairi, nessun precedente per terrorismo e senza affiliazione politica, ha aperto il fuoco contro i fedeli che si trovavano all’interno della sinagoga di Ateret Avraham, nel rione di Neve Yaacov a prevalenza ortodossa, provocando la morte di 8 persone e il ferimento di altre 10. Di queste, almeno tre sarebbero in gravi condizioni. L’attentatore, che secondo la stampa araba è nipote di un palestinese ucciso da un colono israeliano nel 1998, ha poi tentato la fuga verso il vicino quartiere di Beit Hanina ma è stato ucciso dalle forze di sicurezza israeliane. Il commissario di polizia Kobi Shabtai giunto sul posto ha dichiarato che si è trattato di «uno dei peggiori attentati degli ultimi anni. Il terrorista ha iniziato a sparare a distanza ravvicinata a chiunque incontrasse». Secondo Shabtai, «sono stati uccisi anche coloro che erano arrivati a vedere cosa era successo».
A seguito dell’attacco, le autorità israeliane hanno elevato il livello di allerta, anche in considerazione della tensione che si registra tra la popolazione a Gerusalemme Est e nell’area di Jenin (Cisgiordania settentrionale) dove, lo scorso 26 gennaio, l’esercito israeliano ha condotto un raid antiterrorismo uccidendo 9 palestinesi e provocando oltre venti i feriti. In seguito a questa operazione militare molti giovani palestinesi avrebbero deciso di entrare a fare parte di milizie combattenti. A confermare il clima teso la notizia, a 14 ore dall’attentato del 27 gennaio, di un sospetto attacco terroristico nel sito archeologico della Città di Davide a Gerusalemme, sabato 28, dove due israeliani sono rimasti feriti, uno in modo grave. Secondo la Radio Militare l’aggressore «è stato neutralizzato». Intanto l’intera area di Betania, dove si è verificata la sparatoria tra il terrorista e le forze di sicurezza, è stata circondata da un cordone di sicurezza disposto dalla polizia e 42 persone sono state arrestate per essere interrogate.
Le reazioni. Immediate le reazioni da parte israeliana e palestinese. Il premier israeliano Netanyahu dopo l’attacco alla sinagoga ha dichiarato: «Abbiamo deciso alcuni passi concreti immediati e il Consiglio di Difesa del governo li varerà in una riunione convocata per domani sera». Poi l’appello alla popolazione a «non prendere la legge tra le proprie mani» ma a lasciare agire esercito e polizia. Il monito ribadito dal premier Netanyahu è stato: «Mi impegno di fronte a voi quale primo ministro dell’unico Stato ebraico – oggi Giorno della memoria – che noi resteremo vigili, forti e non permetteremo mai che la Shoah si ripeta». Hamas e la Jihad islamica hanno parlato di «operazione eroica» e di «vendetta per i morti di Jenin». Dopo l’attacco a Neve Yaacov, nelle città di Jenin, Nablus e Ramallah si sono registrati cortei di festa. Lo stesso anche a Gaza City e a Rafah, nel sud della Striscia.
Oggi, 30 gennaio, nella regione arriva Anthony Blinken. Il segretario di Stato Usa vedrà sia Netanyahu sia il presidente palestinese Abu Mazen, che dopo Jenin ha interrotto il vitale coordinamento di sicurezza con Israele. A Tel Aviv intanto nella serata del 28 gennaio è tornata in piazza la protesta anti governo Netanyahu. Gli organizzatori hanno condannato «l’attacco omicida di Gerusalemme» e detto di «condividere il dolore delle famiglie degli uccisi», augurando «la guarigione dei feriti». (Daniele Rocchi)
30 gennaio 2023