Genitori violenti, la Garante infanzia: «Aiutiamo i ragazzi a denunciare»

Carla Garlatti interviene dopo la vicenda della 14enne romana costretta a mendicare e promessa in sposa a uno sconosciuto. «Quanti casi come questo ci sono?»

L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti interviene dopo che le cronache di questi giorni hanno portato alla luce la vicenda della 14enne romana costretta con la violenza dai genitori a mendicare e promessa in sposa a uno sconosciuto. «Risulta per certi versi esemplare per il coraggio della ragazza che ha trovato la forza di denunciare – le sue parole -. Si tratta purtroppo dell’ennesimo caso di maltrattamenti consumati nell’ambito familiare, un caso nel quale non intendo entrare – spetta ai magistrati accertare fatti e responsabilità – ma che offre lo spunto per tornare a riflettere sull’argomento».

La Garante si chiede: «Quanti casi come questo ci sono? Quanti sono i minorenni che subiscono quotidianamente umiliazioni, prevaricazioni e costrizioni simili in casa?». E cita i dati: «In oltre il 90% dei casi di bambini e ragazzi seguiti dai servizi sociali per maltrattamento l’autore risulta essere un familiare. Inoltre, secondo i dati del servizio analisi criminale del ministero dell’Interno di giugno 2021, in meno di due anni sono stati 24 i casi di denuncia per matrimoni forzati, un terzo dei quali ha interessato minorenni. Ma per questi fenomeni c’è poi tutta una parte che resta sommersa. Per questo – prosegue – è importante sensibilizzare – a scuola, nei luoghi di ritrovo dei giovani e anche attraverso i servizi sociali – le ragazze e i ragazzi a non tacere, a parlarne con chi può aiutarli a denunciare. Allo stesso modo insegnanti, conoscenti, vicini e tutti gli adulti di riferimento non devono girarsi dall’altra parte o restare indifferenti ma saper cogliere il disagio, individuare i segni e creare un clima di fiducia che porti il minorenne a confidarsi», aggiunge Garlatti.

Positivo, dunque, nell’analisi dell’Autorità garante, che la stampa si occupi di queste vicende, «perché portare alla luce storie che raccontano il coraggio di parlare e di chiedere aiuto può essere di esempio per tanti altri ragazzi che vivono situazioni simili. È però importante ricordare che i giornalisti, quando raccontano vicende come queste, devono tenere conto anche dell’interesse del minorenne a restare anonimo, come previsto dalla Carta di Treviso – prosegue -. Va infatti evitato il riferimento a particolari non essenziali alla notizia in grado indentificare in qualche modo il minore; particolari che, oltre a essere inutili, possono danneggiarlo facendolo diventare vittima due volte».

29 novembre 2022