Gaza sotto assedio, dove le bombe non sono l’unica minaccia

La testimonianza della rappresentante dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, appena tornata dalla Striscia: mancano cibo e acqua e le strutture sanitarie sono inesistenti

Si è recata nelle zone centrali della Striscia di Gaza, tra cui Deir al-Balah, e poi nel sud, a Rafah e Khan Younis, Juliette Touma, rappresentante dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. E al sito delle Nazioni Unite racconta di una situazione «assolutamente disperata». A Gaza infatti le bombe non sono l’unica minaccia alla vita: mancano cibo e acqua pulita, le strutture sanitarie sono praticamente inesistenti e le comunicazioni con il mondo esterno sono instabili, nella migliore delle ipotesi.

Di Rafah, Touma evidenzia in particolare il sovraffollamento. La popolazione qui, spiega, è quadruplicata dall’inizio della guerra: «La gente ha continuato a fuggire, cercando rifugio in questa parte di Gaza, sperando di trovare sicurezza e protezione». Le strade sono invase da rifugi di fortuna: pochi pali di legno coperti da teli di plastica, per dare riparo a troppe persone. «Ovunque si guardi, ci sono sfollati, persone che chiedono aiuto, sono esauste dopo tre mesi e mezzo di quella che è una guerra brutale», prosegue la rappresentante Onu. In uno spazio di meno di tre metri quadri vivono fino a 26 persone, una sopra all’altra senza poter riscaldarsi la notte e senza acqua per potersi lavare. E per mangiare un pezzo di verdura da dividere in tanti. «Queste – dichiara – non sono condizioni per gli esseri umani».

A peggiorare ulteriormente la situazione, per Touma, c’è l’isolamento delle comunicazioni. I servizi telefonici e internet non funzionano, anche a causa dei gravi danni causati alla rete di telecomunicazioni di Gaza. Impossibile inviare un messaggio WhatsApp o fare una chiamata da un cellulare all’altro. «La maggior parte delle persone si sente estremamente isolata dal resto del mondo – rileva – e ciò contribuisce alla grande percezione di insicurezza. È inimmaginabile essere nel bel mezzo di una zona di guerra, aver bisogno di chiamare un’ambulanza o chiedere aiuto o parlare con i tuoi cari e non poterlo fare». E la mancanza di comunicazione rende difficili anche le operazioni di aiuto da parte delle organizzazioni umanitarie perché è difficile coordinare trasporto, stoccaggio e distribuzione senza poter usare il telefono. Insomma, «l’assedio – conclude – sta uccidendo silenziosamente la popolazione di Gaza».

23 gennaio 2024