Gaza: nell’ospedale di Shifa morti 7 neonati e 27 adulti

L’Onu: tra le vittime almeno 3 infermieri. Hamas frena sullo scambio parziale di prigionieri. Sirene di allarme nel nord di Israele, al confine con il Libano

L’ospedale Al Shifa, a Gaza, vicino al quale si combatte, è rimasto senz’acqua per tre giorni e «non funziona più come un ospedale». Lo denuncia su X il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus. «Tragicamente – aggiunge -, il numero di pazienti deceduti è aumentato in modo significativo». Quindi rinnova la richiesta di un cessate il fuoco immediato. Anche il direttore sanitario della struttura Mohammad Abu Salmiya, citato da Al-Araby Tv e dalla Cnn, afferma che le sale operatorie «sono completamente fuori uso e quando i feriti vengono da noi non possiamo dare loro nient’altro che interventi di pronto soccorso. Chiunque ha bisogno di interventi chirurgici muore e non possiamo fare nulla per loro», aggiunge. E sui prematuri estratti dalle incubatrici dopo l’esaurimento dell’ossigeno, spiega che «vengono avvolti in fogli di alluminio e mettiamo loro vicino acqua calda per mantenerli al caldo».

Intanto sono 27 finora i pazienti adulti morti, che erano ricoverati in terapia intensiva, e 7 i neonati prematuri che erano nelle incubatrici, secondo quanto dichiarato dal ministero della Sanità di Hamas, che ha aggiornato il bilancio delle vittime. Le informazioni però non possono essere verificate. Accanto a loro, stando al bollettino delle Nazioni Unite citato dalla Bbc, sono morti almeno 3 infermieri. Confermato il danneggiamento di infrastrutture vitali dell’ospedale, come la macchina per produrre ossigeno, i serbatori d’acqua e un pozzo, l’unità cardiovascolare e il reparto maternità.

La bandiera delle Nazioni Unite è stata calata a mezz’asta in «segno di omaggio» al personale Onu caduto nel teatro di Gaza. L’Unrwa, l’agenzia Onu di sostegno ai profughi palestinesi, ha dichiarato che oltre 100 dei suoi addetti sono morti a Gaza da quando sono iniziati i raid israeliani, riferisce sempre la Bbc.

Il portavoce militare israeliano informa che le truppe di terra impegnate nella Striscia continuano a trovare armi e strutture di Hamas in scuole, moschee e residenze degli operativi della fazione islamica. E aggiorna il bilancio dei soldati di Israele morti durante l’operazione di terra, che sale a 44, con le ultime due vittime della Brigata Commando. Sirene d’allarme intanto sono risuonate questa mattina, 13 novembre, nel nord di Israele, al confine con il Libano. Alcuni israeliani sono rimasti feriti stamattina in Alta Galilea in un ulteriore attacco lanciato dal Libano meridionale. Ripresi anche, riferiscono i media locali, gli scambi di fuoco tra Hezbollah e Israele lungo la linea di demarcazione tra i due Paesi. E dalla Siria arriva la notizia di almeno otto combattenti filoiraniani, di cui almeno un siriano e due iracheni, rimasti uccisi in raid compiuti nelle ultime ore dagli Stati Uniti nell’est del Paese, in risposta agli attacchi contro il personale americano. A renderlo noto è l’ong Osservatorio siriano per i diritti umani: è il terzo raid americano contro siti legati all’Iran in Siria in meno di tre settimane.

Nel cuore dell’Europa, arrivando questa mattina al Consiglio Affari esteri l’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea Josep Borrell ha dichiarato: «Oggi dovremmo iniziare a parlare del dopo guerra a Gaza, non solo di ricostruzione ma di offrire ai palestinesi una soluzione inclusiva: presenterò una serie di opzioni, cose che dovremmo fare e cose che non dovremmo fare». Il commissario Ue alle Emergenza Janez Lenarcic ha sottolineato l’urgenza di «definire e rispettare le pause umanitarie per distribuire gli aiuti umanitari in tutta la Striscia di Gaza, ovunque ci siano persone che hanno bisogno di cibo e assistenza» e ha sottolineato la necessità di «far passare molti più camion con gli aiuti umanitari» nella striscia di Gaza, garantendo l’invio di carburante di cui c’è un «disperato bisogno». E riguardo alla possibilità di definire un corridoio marittimo per gli aiuti, ha assicurato: «Sosterremo ogni possibilità di far arrivare i rifornimenti umanitari. Il problema logistico – ha aggiunto – è il fatto che al momento non ci sono strutture di sbarco e scarico sulla costa di Gaza, che devono quindi essere messe in atto».

Nessuna novità sulla trattativa relativa ai prigionieri. Anzi. Osama Hamdan, alto esponente di Hamas, ha affermato che «la nostra posizione sul dossier prigionieri è stata chiara fin dall’inizio. E si riferisce ad un completo scambio di prigionieri». Smentite quindi le voci su negoziati per uno scambio parziale tra ostaggi e detenuti della fazione nelle carceri israeliane. Inoltre ha spiegato che i negoziati riguardo gli ostaggi con passaporto straniero in mano di Hamas corrono in parallelo ma sono «ostacolati» da Israele.

Israele, da parte sua, ha annunciato una pausa umanitaria di quattro ore nell’agglomerato urbano di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, dalle 10 alle 14 ora locale. A quanto risulta, è la prima volta che Israele osserva una pausa umanitaria nel settore a sud del Wadi Gaza. E la radio pubblica israeliana Kan rende noto che il valico di Rafah di transito verso l’Egitto è stato aperto per consentire l’uscita di circa 500 persone in possesso di una doppia nazionalità. Oggi, 13 novembre, è previsto l’ingresso di 85 camion di aiuti umanitari.

13 novembre 2023