Gaza: l’incursione a Rafah sarebbe una «condanna a morte per i bambini nella Striscia»

Il timore di Save the Children, dopo la mancata approvazione della risoluzione per il cessate il fuoco del Consiglio di sicurezza Onu. «Ennesimo fallimento della comunità internazionale. Ci deve essere un cessate il fuoco adesso. Non c’è alternativa»

«Nessuna tregua per i bambini e le famiglie di Gaza». Save the Children sottolinea l’«ennesimo fallimento della comunità internazionale»: il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non è riuscito ad approvare la risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza. La conseguenza è che la vita di almeno un milione di bambini rimane a rischio a causa dei combattimenti, della fame e delle malattie, oltre che per il grave disagio mentale causato da mesi di guerra.

Intanto, il bilancio delle vittime tra i piccoli di Gaza supera quota 12.400 – stando ai dati del ministero della Sanità -; a questa si aggiungono gli almeno 36 bambini rimasti uccisi in Israele, secondo quanto riferiscono le Nazioni Unite. E ora più di 1,3 milioni di civili palestinesi, tra cui oltre 600mila bambini, sono ora intrappolati a Rafah, l’ultimo luogo che i civili ritenevano sicuro nella Striscia, indicato da Israele come prossimo obiettivo. Sono arrivati lì dopo aver seguito gli «ordini di evacuazione» emessi da Israele, che li indirizzavano verso l’area con la falsa premessa che sarebbe stata sicura. «Nessun luogo di Gaza è sicuro», denunciano da Save the Children.

A dare voce allo «sconcerto» dell’organizzazione è Jason Lee, direttore di Save the Children nei Territori palestinesi occupati. «Dopo più di quattro mesi di violenze incessanti – afferma -, non abbiamo più parole per descrivere ciò che stanno passando i bambini e le famiglie di Gaza, né gli strumenti per rispondere in modo adeguato. L’entità della morte e distruzione è enorme, mentre i carri armati sono pronti a entrare a Rafah, dove la maggior parte della popolazione di Gaza è stata costretta a fuggire a causa della fame e delle malattie».

Questa guerra, rimarca, «sta per entrare nella fase più letale possibile.  I bambini sono una categoria particolarmente vulnerabile, con diritti e tutele uniche e, come in ogni guerra, stanno pagando il prezzo più alto. L’incapacità della comunità internazionale di proteggerli – un dovere legale – sta facendo lievitare questo prezzo a una velocità e con dimensioni mai viste prima. Anche dopo quattro mesi, il più alto organo decisionale delle Nazioni Unite per la pace e la sicurezza internazionale non è stato in grado di farlo. I bambini – prosegue Lee – vengono delusi dagli adulti che dovrebbero proteggerli. È giunto il momento che questi adulti si assumano le loro responsabilità e i loro obblighi legali nei confronti dei bambini, coinvolti in un conflitto in cui non hanno avuto alcun ruolo e che vogliono solo poter vivere».

La guerra tra Israele e Hamas che si combatte nella Striscia è oggi «tra le più sanguinose e distruttive della storia recente», secondo Save the Children, e ha portato alla registrazione di una serie di gravi violazioni contro i bambini. L’organizzazione chiede pertanto che tutte le parti in conflitto siano aggiunte alla lista degli autori di gravi violazioni contro i bambini nei conflitti armati. «I bambini a Gaza sono stati uccisi e mutilati dalle forze israeliane a un ritmo e su una scala senza precedenti – denuncia Inger Ashing, direttrice di Save the Children International -. Circa 12.400 bambini sono stati uccisi e altre migliaia sono “dispersi”, presumibilmente sepolti sotto le macerie, senza che la loro morte sia stata registrata. A seguito dell’escalation del conflitto – prosegue -, altri 100 bambini palestinesi sono stati uccisi nella Cisgiordania occupata. Negli attacchi del 7 ottobre sono stati uccisi anche almeno 33 bambini israeliani e alcuni di loro sono stati rapiti e tenuti in ostaggio a Gaza, cosa che ha causato grave disagio sia emotivo che psichico».

Ancora: nella Striscia «la distruzione di scuole e ospedali è diventata la norma e non l’eccezione e i bambini hanno subito danni fisici e psichici incalcolabili». Ashing riferisce delle testimonianze dei genitori, che raccontano di «sintomi di disagi emotivi e traumi estremi nei loro figli, come un perenne stato di terrore, alimentazione disordinata, enuresi notturna, ipervigilanza e sintomi di regressione». Un numero «imprecisato» di bambini è stato mutilato, «riportando lesioni che hanno stravolto la loro vita e la maggior parte di loro non ha potuto ricevere nemmeno le cure più elementari o attenuare il dolore a causa del sistema sanitario devastato. Gli aiuti di prima necessità su cui fanno affidamento le famiglie di tutta Gaza – sono ancora le parole della direttrice dell’organizzazione internazionale – sono stati somministrati con il contagocce o sistematicamente negati da Israele, mentre, allo stesso tempo, i servizi essenziali sono stati ridotti drasticamente». Di fatto, «nonostante il numero spaventoso e in costante aumento di bambini uccisi dagli attacchi, la probabilità che muoiano per la fame e le malattie è maggiore di quella che vengano uccisi dai bombardamenti».

In questo quadro, «qualsiasi estensione delle operazioni militari da parte di Israele a Rafah sarebbe probabilmente fatale per i bambini e le loro famiglie. Oltre la metà della popolazione di Gaza, compresi più di 610mila bambini, sono stipati in un frammento di terra che non può accoglierli né sostenere la loro sopravvivenza – è il dato riportato da Ashing -. Nell’area sovraffollata non c’è nessun posto dove ripararsi dalle bombe, e nessun altro posto dove le famiglie possano fuggire. In concreto, i bambini sono in trappola. Nel caso di un’escalation a Rafah, ci sarà inevitabilmente un aumento significativo delle gravi violazioni contro i bambini – aggiunge -, che sono già state commesse a un ritmo senza precedenti. I responsabili devono essere chiamati a risponderne. Tutte le parti in conflitto – comprese le Forze di difesa israeliane, le Brigate Qassam (Hamas) e la Jihad islamica – devono essere aggiunte alla lista degli autori di gravi violazioni contro i bambini nei conflitti armati e impegnarsi a compiere azioni immediate per garantire la protezione dei bambini. La responsabilità è essenziale per riconoscere i gravi danni procurati ai bambini, per spezzare i cicli di violenza e prevenire ulteriori violazioni e per ricostruire società pacifiche basate sullo stato di diritto». Un’incursione a Rafah, insomma, «significherebbe la condanna a morte per i bambini di Gaza. Gli Stati membri non devono ignorare la loro responsabilità individuale e collettiva di agire e proteggere i bambini senza indugio. Ci deve essere un cessate il fuoco adesso. Non c’è alternativa», è la conclusione di Ashing.

21 febbraio 2024