Gaza: in 100 giorni di violenze, «la sofferenza per i bambini è troppa»

La denuncia della rappresentante Unicef per la Palestina, che parla di «tripla minaccia»: guerra, malattie e malnutrizione. «Nessun luogo è sicuro e gli aiuti non bastano»

Conflitto, malattie e malnutrizione. L’Unicef ha denunciato, nei giorni scorsi, la «tripla minaccia» che perseguita i bambini della Striscia di Gaza, dopo 100 giorni di guerra. Lo ha rimarcato la rappresentante speciale per lo Stato di Palestina Lucia Elmi venerdì scorso, 12 gennaio, parlando ai giornalisti nel Palazzo delle Nazioni di Ginevra. «Dopo 100 giorni di violenze, uccisioni, bombardamenti e prigionia – le sue parole -, per i bambini a Gaza la sofferenza è stata troppa. Ogni giorno che passa, i bambini e le famiglie nella Striscia di Gaza affrontano un rischio sempre maggiore di morte a causa degli attacchi aerei, di malattie dovute alla mancanza di acqua sicura e di privazioni per la mancanza di cibo. E per i due bambini israeliani ancora in ostaggio a Gaza, l’incubo iniziato il 7 ottobre continua», ha aggiunto.

Elmi ha descritto una situazione che «continua a deteriorarsi rapidamente. Stiamo facendo tutto il possibile – ha assicurato -, ma ci troviamo di fronte a una sfida enorme nell’affrontare questi problemi. I bambini di Gaza non hanno più tempo, mentre la maggior parte degli aiuti umanitari salvavita di cui hanno disperatamente bisogno rimane bloccata tra corridoi di accesso insufficienti e livelli prolungati di ispezioni». Per la rappresentante Unicef, «l’aumento dei bisogni e una risposta limitata sono la formula per un disastro di proporzioni epiche. Migliaia di bambini sono già morti e altre migliaia ne moriranno rapidamente se non risolviamo immediatamente tre urgenti ostacoli», ha avvertito.

Il primo ostacolo da rimuovere è quello relativo alla sicurezza. Al momento infatti «nessun luogo è sicuro nella Striscia di Gaza. Gli intensi bombardamenti e il conflitto in corso nelle aree urbane densamente popolate minacciano la vita dei civili e degli operatori umanitari – ha riferito -. I bombardamenti impediscono anche la consegna di aiuti disperatamente necessari. Quando sono stata a Gaza la scorsa settimana, abbiamo cercato per 6 giorni di portare carburante e forniture mediche al nord e per 6 giorni le restrizioni di movimento ci hanno impedito di viaggiare. I miei colleghi a Gaza hanno affrontato la stessa sfida per settimane prima del mio arrivo – ha raccontato -. Le famiglie del nord hanno un disperato bisogno di questo carburante per far funzionare le infrastrutture idriche e igieniche. Stanno ancora aspettando».

Il secondo ostacolo è la logistica. «Gli aiuti non sono ancora sufficienti. Il processo di ispezione rimane lento e imprevedibile. E alcuni dei materiali di cui abbiamo disperatamente bisogno continuano a essere limitati, senza una chiara giustificazione». Tra questi, i generatori per alimentare le strutture idriche e gli ospedali e i tubi di plastica per riparare le infrastrutture idriche gravemente danneggiate. Inoltre, «una volta che gli aiuti arrivano, ci sono notevoli difficoltà a distribuirli nella Striscia, in particolare nel nord e recentemente anche nella zona centrale. I frequenti blackout delle comunicazioni rendono estremamente difficile coordinare la distribuzione degli aiuti e far sapere alla gente come accedervi e quando». Ma anche la congestione nel sud, ha sottolineato la rappresentante Unicef, dovuta al massiccio sfollamento e agli intensi bisogni, «comporta continui episodi di persone disperate che fermano i camion e cercano di accaparrarsi tutto ciò che possono. La carenza di carburante e di camion all’interno della Striscia e i gravi danni alle strade rendono gli spostamenti più lenti e meno frequenti».

Il terzo ostacolo riguarda il commercio. «Gli aiuti umanitari da soli non sono sufficienti – ha rimarcato Elmi -. Il volume dei beni commerciali in vendita nella Striscia di Gaza deve aumentare, e in fretta. Sono necessari almeno 300 camion di merci commerciali private che entrino ogni giorno. Questo – ha spiegato – aiuterà la gente ad acquistare beni di prima necessità, ad alleviare la tensione della comunità e a incentivare i programmi di assistenza in denaro offerti dall’Unicef e da altri. Ma stiamo assistendo a ben pochi cambiamenti e, francamente, le conseguenze si misurano quotidianamente con la perdita di vite di bambini».

Nelle parole della rappresentante Unicef, «un cessate il fuoco immediato e duraturo è l’unico modo per porre fine all’uccisione e al ferimento dei bambini e delle loro famiglie e per consentire l’invio urgente di aiuti disperatamente necessari. Ma mentre continuiamo a chiedere e a spingere affinché ciò avvenga – ha proseguito -, abbiamo urgentemente bisogno che vengano aperti tutti i valichi di accesso alla Striscia di Gaza; che i processi di approvazione e ispezione degli aiuti siano più rapidi, efficienti e prevedibili; che riprendano le attività del settore commerciale/privato». Ancora, ha aggiunto, è necessario che «una maggiore quantità di carburante entri immediatamente e possa attraversare la Striscia di Gaza»; che «i canali di telecomunicazione siano affidabili e ininterrotti»; che «ci sia una maggiore capacità di trasporto all’interno della Striscia di Gaza». Da ultimo, Elmi ha evidenziato il bisogno urgente di protezione per le «infrastrutture civili, come scuole e ospedali» e la necessità di garantire l’accesso al nord della Striscia, «per permetterci di raggiungere bambini e famiglie vulnerabili che hanno un disperato bisogno di aiuti umanitari». Infine, ha concluso, «i due bambini israeliani rapiti devono essere rilasciati senza condizioni e in sicurezza. Questa violenza deve cessare ora».

15 gennaio 2024