Gaza, il piano di Trump: «Controllo Usa a lungo termine»
La conferenza con il premier israeliano Netanyahu. «I palestinesi devono lasciare la Striscia e vivere in altri Paesi in pace». Hamas: «Dichiarazioni ridicole». Arabia Saudita: «No a normalizzazione delle relazioni senza uno Stato palestinese indipendente»
«Gli Stati Uniti prenderanno il controllo di Gaza, un controllo a lungo termine che porterà stabilità al Medio Oriente. Gaza sarà la riviera del Medio Oriente». Lo ha affermato il presidente Usa Donald Trump, in una conferenza stampa alla Casa Bianca con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ribadendo che «i legami tra Usa e Israele sono indistruttibili». Certo, ha ammesso, negli ultimi due anni «i rapporti sono stati messi a dura prova. Ma con me e te saranno più forti che mai».
Trump, che ha anche fatto intendere di star ragionando su un possibile viaggio a Gaza, non sembra intenzionato a ricostruirla per i palestinesi. “Non dovrebbe passare attraverso un processo di ricostruzione e occupazione da parte delle stesse persone che hanno vissuto lì e sono morte lì, e hanno vissuto un’esistenza miserabile lì». Nel suo piano, «i palestinesi devono lasciare Gaza e vivere in altri Paesi in pace. Gaza è un simbolo di morte e distruzione da decenni; i palestinesi vogliono tornarci perché non hanno alternative», ha dichiarato
Il premier israeliano, giunto alla Casa Bianca per i colloqui sulla seconda fase della tregua Israele-Hamas, ha visto così il focus dell’incontro spostato su un’iniziativa che potrebbe «cambiare la storia». Netanyahu non ha escluso un ritorno alle ostilità con Hamas o con gli altri nemici nella regione, tra cui Hezbollah e l’Iran in Libano. «Dall’attacco del 7 ottobre – ha detto – stiamo combattendo i nostri nemici e cambiando il volto del Medio Oriente. Abbiamo devastato Hamas, abbiamo decimato Hezbollah – ha aggiunto -. Israele non è mai stato così forte ma per assicurare il nostro futuro dobbiamo finire il lavoro. Israele finirà la la guerra vincendola. La vittoria di Israele sarà la vittoria dell’America», ha aggiunto, garantendo anche il ritorno a casa di tutti gli ostaggi catturati da Hamas.
Nelle parole di Netanyahu anche la fiducia riguardo un possibile accordo con l’Arabia Saudita, storica rivale di Israele nella regione. «La pace tra Israele e Arabia Saudita non solo è fattibile ma ci sarà», ha assicurato. Immediata e secca la replica di Ryad, secondo cui «non ci sarà alcuna normalizzazione delle relazioni con Israele senza la creazione di uno Stato palestinese indipendente». Lo ha affermato il ministro degli Esteri, ribadendo che la posizione del regno rimane «ferma e incrollabile. L’Arabia Saudita continuerà i suoi incessanti sforzi per creare uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme Est come capitale, e non stabilirà relazioni diplomatiche con Israele senza di ciò», ha scritto su X.
Affidato a X anche il commento del segretario di Stato americano Marco Rubio. Gli Stati Uniti «sono pronti a guidare e a rendere Gaza di nuovo bella», le parole che richiamano lo slogan “Make America Great Again” più volte usato dal presidente Trump. E ancora: «Gaza deve essere libera da Hamas. Come ribadito oggi da Trump, gli Stati Uniti sono pronti a guidare. Il nostro obiettivo è una pace duratura nella regione per tutti i popoli».
La replica di Hamas arriva attraverso le parole del portavoce Sami Abu Zuhri, raccolte dall’agenzia Reuters. «Le dichiarazioni di Trump sul suo desiderio di controllare Gaza sono ridicole e assurde, e qualsiasi idea di questo tipo può infiammare la regione». E ancora: «La nostra gente nella Striscia di Gaza non permetterà che questi piani vengano approvati. Ciò che serve è la fine dell’occupazione e dell’aggressione contro il nostro popolo, non la loro espulsione dalla loro terra», ha affermato in una dichiarazione citata dal Times of Israel. Per Izzat al-Rishq, alto esponente della fazione palestinese, «la dichiarazione di Trump sul controllo di Gaza mostra confusione e profonda ignoranza riguardo alla Palestina e alla regione. Gaza – ha chiarito – non è una terra condivisa e nessuna delle due parti può decidere di controllarla. Fa parte della nostra terra palestinese occupata, e ogni soluzione dovrà basarsi sulla fine dell’occupazione e sul mantenimento dei diritti del popolo palestinese». Quindi ha assicurato che «il popolo palestinese e le sue forze, sostenute dal popolo arabo e musulmano e dal mondo libero, fermeranno qualsiasi piano di sradicamento e spostamento».
Per Hamas, insomma, quello proposto dal presidente Usa è un piano «razzista», che punta a «sradicare la causa palestinese». Anche la Cina «si oppone al trasferimento forzato che ha per obiettivo la popolazione di Gaza», ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian. Pechino, ha aggiunto, spera che «tutte le parti prendano in considerazione il cessate il fuoco e la governance post-conflitto come un’opportunità per riportare la questione palestinese sulla strada giusta dell’accordo politico basato sulla soluzione dei due Stati». E dall’Italia il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha anticipato che domani sarà in Israele per la consegna di «un ulteriore carico di aiuti forniti dalla nostra Cooperazione e 15 camion donati al Programma alimentare mondiale per facilitare le operazioni di distribuzione degli aiuti nella Striscia. Nel corso della visita – ha detto – incontrerò nuovamente il ministro Sa’ar per discutere del consolidamento del cessate il fuoco e del rilancio del processo politico verso la soluzione a due Stati». Nell’analisi del titolare della Farnesina, «Hamas non può tornare a controllare la Striscia. La popolazione di Gaza ha pagato un prezzo troppo alto per la sua follia terroristica. Per questo siamo in prima linea nel sostegno all’Autorità palestinese nel suo processo di riforme».
Favorevole a un accordo basato sui due Stati anche la Russia, ha confermato alla Tass l’ambasciatore palestinese a Mosca Abdel Hafez Nofal, parlando della conferenza internazionale sul Medio Oriente in programma nel prossimo giugno a New York. «In generale, è necessario fare qualcosa per fermare la guerra in generale. Ciò dovrebbe avvenire sulla base di un accordo su due Stati – le sue parole -. E molti Paesi sono favorevoli a questo problema, compresa la Russia».
Resta da chiarire intanto se il piano annunciato da Trump per Gaza prevede il dispiegamento di truppe militare. «Faremo ciò che è necessario», si è limitato a dire, senza spiegare nemmeno dove dovrebbero andare gli 1,7 milioni di civili che vivono nella Striscia. Esplicito il veto all’accoglienza da parte di Egitto e Giordania. Nonostante questo però il presidente americano si è detto convinto che alla fine accetteranno. «E credo che lo faranno anche altri Paesi», ha aggiunto. Il premier israeliano intanto ha incassato dagli Usa un miliardo di nuove armi, un piano durissimo contro l’Iran, l’uscita dal Consiglio dell’Onu per i diritti umani – «antisemita», lo ha definito Trump – e lo stop definitivo ai fondi all’Unwra. Direttive chiare, dagli Stati Uniti, anche contro Teheran: predisposto anche l’ordine di «annientare» il regime iraniano, nel caso in cui dovessero assassinare il leader Usa.
5 febbraio 2025