Gargano e Di Segni: Si può “colpire” anche con la parola

Il monaco camaldolese e il rabbino capo della comunità ebraica romana Riccardo Di Segni a confronto sull’ottavo comandamento: “Non pronuncerai falsa testimonianza”. Sullo sfondo, l’attentato di Parigi contro Charlie Hebdo

«Io non sono Charlie». Sollecitati dall’ottavo Comandamento, “Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo”, padre Innocenzo Gargano, docente di Patrologia al Pontificio Istituto Orientale, e il rabbino capo della comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni hanno condiviso, insieme alla condanna della strage terroristica nella redazione parigina, anche il rilievo critico verso l’irriverenza dei vignettisti di Charlie Hebdo verso la religione. L’attentato di Parigi ha toccato il nervo vivo del dialogo tra le fedi e l’ormai tradizionale incontro sulle Dieci Parole, giovedì 15 gennaio all’Università Lateranense, in occasione della XIX Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, non poteva non tenerne conto. Commentando la nona Parola (secondo la numerazione ebraica), padre Gargano ha sottolineato la «subdola ipocrisia nel rapporto con gli altri che segna l’opinione pubblica mondiale, proprio in questi giorni. Abbiamo condannato l’inaudita violenza terrorista – ha proseguito il monaco camaldolese riferendosi all’attentato di Parigi – ma, almeno nelle prime ore, non c’è stata nessuna condanna del disprezzo verso le fedi di credenti sinceri e onesti. Se si inizia col disprezzo, irridendo e calunniando i simboli valoriali degli altri, ci si è già incamminati verso una china difficile da evitare. Non si tratta di rinunciare alla libertà d’espressione ma non si può svilire con formule umilianti il prossimo, senza alcun limite». «Questo comandamento – gli ha fatto eco il rabbino Di Segni – sottolinea il modo in cui il danno può essere procurato con la parola. Colpisce la nocività di quello che può uscirci dalla bocca. Non regolamenta solo il vero e il falso ma sottolinea che si può danneggiare una persona anche con la parola e che non si deve mancare di rispetto agli altri. La persona ha diritto alla sua dignità. È per questo che “io non sono Charlie”. Perché loro, i vignettisti francesi, non rispettavano questa dignità».

L’incontro sulla nona Parola tra padre Gargano e il rabbino Di Segni, come ha ricordato nei suoi saluti monsignor Renzo Gerardi, prorettore della Lateranense, si è svolto a cinquant’anni dal documento conciliare “Nostra Aetate”, sulle relazioni tra Chiesa e Popolo ebraico, che «ha indicato un cammino per nuove relazioni tra cristiani e ebrei» rappresentando un «comando e un’indicazione ad essere nella verità, a farla, a testimoniarla», perché «dall’imbroglio vengono solo liti, discordie e guerre». Monsignor Marco Gnavi, direttore dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso che ha organizzato l’incontro, ha ricordato lo spirito in cui, nove anni fa, è nata l’idea di un confronto interpretativo di ebrei e cristiani sui Comandamenti. «È stato Papa Benedetto XVI ad indicare nelle Dieci Parole il fondamento per un’etica condivisa, pur nelle diverse ermeneutiche bibliche – ha spiegato -. Di fronte all’ideologia di morte che ha ferito la comunità ebraica e la Francia e, in un certo senso, tutti noi, dobbiamo opporre una forte cultura della vita. La nostra risposta nei prossimi anni dovrà essere una difesa della vita di tutti, partendo dalla costruzione della cultura e della comprensione».

16 gennaio 2015