Galleria Borghese, mostre “di ricerca”

Intervista alla direttrice Francesca Cappelletti. «Partiamo dai contenuti della collezione per poi andare su argomenti nuovi e trasversali». A marzo 2025 la riapertura integrale

Lavori di rinnovamento e cura delle sale, grazie ai fondi del Pnrr; un’esposizione di 50 dipinti a Palazzo Barberini per continuare a nutrire il rapporto con il pubblico; una mostra e incontri su una rivoluzionaria artista contemporanea: l’estate della Galleria Borghese non si ferma, in attesa delle novità per il Giubileo. Ne parliamo con Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese da novembre 2020.

Dopo la pandemia, la ripresa dei consumi culturali in presenza: come sta andando?

È vero: c’è stato un grande risveglio d’interesse nei luoghi d’arte, ma la Galleria è un caso unico perché può accogliere un numero limitato di visitatori a causa delle norme di sicurezza – una sola via d’uscita – e della sua epoca costruttiva (è del 1607). Preservarne il fascino vuol dire garantire alle persone un’eccezionale passeggiata nel passato, ma sempre nel totale rispetto dei luoghi. Devo dire che la vendita anticipata dei biglietti registra il tutto esaurito. Raggiungiamo sempre il limite massimo di 1.800 visitatori al giorno!

Quali sono i punti fermi della sua strategia?

La mia direzione è imperniata sin dall’inizio sulla volontà di accogliere le persone e di condividere con generosità le attività di ricerca che portiamo avanti, sin dal 2020. Le nostre, infatti, sono mostre “di ricerca”, portano ad approcciare argomenti inediti che hanno come esito anche delle pubblicazioni. Nella convinzione che tutto possa essere oggetto di racconto, partiamo dai contenuti della collezione per poi andare su argomenti nuovi e trasversali, cioè interessanti sia per gli studiosi che per le persone comuni. Un esempio è la mostra “Meraviglia senza tempo” che racconta la pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento, che ha rivelato tecniche poco esplorate. La nostra è un’offerta culturale di grande qualità e di grande cura.

Quale ruolo giocano i canali online dopo la pandemia per la comunicazione?

Siamo sicuramente propensi all’uso dell’online e non crediamo che la tecnologia possa sostituire la presenza, bensì accompagnarla nel renderla accessibile a chi in un dato momento non può venire a visitare la Galleria. Spesso c’è un effetto preparatorio: con i cataloghi online ad esempio favoriamo l’approfondimento negli studenti ma sensibilizziamo e avviciniamo anche coloro che vogliono prepararsi in vista della visita in presenza. La multimedialità e le nuove tecnologie in generale possono aderire alla nostra idea che occorre andare incontro al pubblico, diffondere il sapere e far conoscere il nostro incredibile patrimonio museale.

Voi spesso lavorate con altre istituzioni museali e musicali, ospitate artisti contemporanei, estendente la vostra offerta alla musica. Quanto ritiene importante fare rete e arricchire l’offerta?

Noi ospitiamo regolarmente un programma di musica, che è parte dell’attività di ricerca e di studio della Galleria, nello spirito di Scipione Borghese che era un grande mecenate in campo musicale e amava organizzare i cosiddetti “trattenimenti musicali”. Da quattro anni la Galleria Borghese sta portando avanti un progetto di ricerca sulle committenze musicologiche della famiglia Borghese, come una composizione musicale in due parti, Vibr.Id (Vibratory Identity) e Chromologhia, ispirata ai decori, alle opere e ai colori della Galleria.

Nel 2020 la Galleria ha affidato al compositore e direttore d’orchestra Federico Longo la realizzazione di due opere relative alla sua “identità sonora”, che nella sensibilità del maestro Longo rispecchiano l’essenza dello spazio architettonico, dei rivestimenti e della collezione; e l’opera musicale site-specific VIBR. ID, concepita e composta per il Museo, che entrerà a tutti gli effetti nel suo patrimonio. L’opera di Longo riecheggia la ricchezza decorativa e varietà dei materiali della galleria, a novembre ci sarà il secondo concerto con le sue composizioni.

Un’altra mostra è “Louise Bourgeois. L’inconscio della memoria”, la prima esposizione per noi dedicata a un’artista contemporanea donna nonché l’esordio romano dell’artista franco-americana, tra le più influenti del secolo scorso, persino citata da Papa Francesco per la centralità nella scena culturale mondiale. Si tratta di scelte, come vede, sempre legate alla nostra identità, mai “di moda”. Louise Bourgeois rappresenta speso un passato dal quale vuole fuggire, e chiude in gabbia alcune memorie personali. Un po’ come il museo, che però è un contenitore di memoria collettiva. Inoltre, la sua arte riflette sui legami familiari, su come essi condizionano l’esistenza. Ho scelto di accostare queste due visioni della memoria, una intima e una legata all’eredità culturale.

Come vi preparate ai prossimi mesi, quando a Roma arriveranno anche i pellegrini del Giubileo?

I prossimi saranno mesi di grande fermento. A fine anno celebreremo il grande poeta del Barocco Giovan Battista Marino rileggendone la figura come osservatore d’arte, amico di artisti e collezionista, ma anche per esaltare le relazioni tra poesia e pittura nella stagione del primo Seicento. A inizio 2025, a marzo, riapriremo integralmente la Galleria in seguito ai lavori che la stanno interessando. Lavori che non hanno mai impedito ai visitatori di accedere alle esposizioni. Inoltre stiamo collaborando con due grandi istituzioni: le Scuderie del Quirinale e Palazzo Barberini, che già ospita fino a domenica 28 luglio l’esposizione dei 50 dipinti della nostra Pinacoteca. Proprio con Palazzo Barberini stiamo organizzando una nuova importante mostra in vista dell’anno del Giubileo.

29 luglio 2024