Si è concluso con l’intervento del segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino l’incontro dei direttori degli Uffici diocesani delle comunicazioni sociali, che si è svolto ieri, 10 maggio, alla Pontificia Università Lateranense. «Non mi dispiacerebbe un sussulto d’orgoglio che porti a riscoprire un ruolo di lievito da parte dei credenti, dei media – le parole di Galantino -. Si è lievito se ci si propone di spendersi e investire energie per creare relazioni vere e per suscitare domande reali più che dispensare frettolose, compiacenti e compiaciute risposte. Non si è lievito dispensando “mi piace” o “like” a prescindere».

Nella riflessione del presule, il tema al centro della prossima assemblea generale dei vescovi italiani: la domanda “Quale presenza ecclesiale nell’attuale contesto comunicativo?”. In assemblea, ha spiegato, «non si ragionerà sugli strumenti di cui disponiamo come Chiesa italiana per comunicare nell’attuale contesto. Al centro della riflessione non ci sarà l’eventuale potenziamento o ridimensionamento dei nostri media. Ma si tratterà di prendere coscienza insieme del mutato quadro nel quale oggi la Chiesa è chiamata ad annunciare, a educare alla vita buona del Vangelo». Ancora, Galantino ha rilevato che l’assemblea aiuterà a «prendere coscienza di un quadro mutato, che mentre registra l’ingresso e il proliferare di nuovi canali di comunicazione, chiama ad interrogarsi sul modo in cui quelli esistenti possano conservare validità e rilevanza».

Citando l’intervento di Pier Cesare Rivoltella, docente alla Cattolica di Milano – dove ha fondato e dirige il Centro di ricerca per l’educazione ai media, all’informazione e alla tecnologia – oltre che membro del consiglio direttivo dell’associazione WeCa (Web Cattolici), il segretario generale ha proseguito ricordando che «l’importante è avere consapevolezza di trovarci in una società “informazionale”». Una società, cioè, «nella quale la comunicazione registra assenza di mediazione e prevalenza di orizzontalità. Una società in cui l’informazione non solo racconta e descrive i fatti ma arriva a creare e a formare la realtà, addirittura l’identità delle persone».

In questo scenario, «sono possibili due strade: la prima è dichiararci estranei e consegnarci in maniera fatalistica a quello che altri decidono di dirci o farci essere. La seconda è crescere in consapevolezza e giocare positivamente e con competenza la nostra parte, forti del mandato “Andate e annunciate”». Proprio per questo, tornando all’invito a «essere lievito», il segretario Cei ha sottolineato che ciò accadrà se «aiuteremo ad abitare in maniere critica il nostro tempo. Ma non ci si inventa lievito, capaci di fermentare la massa». Soprattutto nella cornice culturale attuale, è necessario «spenderci per crescere in consapevolezza, per abitare il mondo senza furbizie interessate ma con la gioia di chi si sente chiamato a servire il Vangelo e non a servirsi del Vangelo».

11 maggio 2018