Francesco: «Vicinanza e vigilanza», per camminare verso il Natale

La Messa nella prima domenica d’Avvento. L’invito a svegliarsi dal sonno della mediocrità: «La fede non è acqua che spegne, è fuoco che brucia»

I nuovi cardinali creati sabato 28 novembre da Papa Francesco hanno concelebrato ieri, domenica 29, la Messa nella prima domenica di Avvento insieme al pontefice, all’altare della Cattedra della basilica vaticana. Alla celebrazione erano presenti anche i 12 parroci e rettori dei titoli cardinalizi, oltre a una limitata rappresentanza di circa cento fedeli. Il Papa ha sviluppato la sua omelia intorno a due parole chiave offerte dalla liturgia della domenica con cui inizia il tempo di preparazione al Natale: vicinanza e vigilanza.

«Vicinanza di Dio e vigilanza nostra: mentre il profeta Isaia dice che Dio è vicino a noi, Gesù nel Vangelo ci esorta a vigilare in attesa di Lui. L’Avvento è il tempo in cui fare memoria della vicinanza di Dio, che è sceso verso di noi. Ma il profeta va oltre e chiede a Dio di avvicinarsi ancora. “O Dio, vieni a salvarmi” è spesso l’inizio della nostra preghiera: il primo passo della fede è dire al Signore che abbiamo bisogno di Lui, della sua vicinanza. È anche il primo messaggio dell’Avvento e dell’Anno liturgico, riconoscere Dio vicino e dirgli: “Avvicinati ancora!”. Egli vuole venire vicino a noi ma si propone, non si impone; sta a noi non stancarci di dirgli: “Vieni!”. Sta a noi, è la preghiera dell’Avvento: Vieni!». Un’invocazione che il pontefice ha invitato a ripetere spesso durante l’Avvento: «Prima degli incontri, dello studio, del lavoro e delle decisioni da prendere, nei momenti più importanti e in quelli di prova».

La seconda parola chiave viene dal Vangelo di Marco: «È importante rimanere vigili, perché uno sbaglio della vita è perdersi in mille cose e non accorgersi di Dio. Sant’Agostino diceva: “Ho paura che Gesù passi e io non me ne accorga”. Attratti dai nostri interessi – tutti i giorni noi questo lo sentiamo – e distratti da tante vanità, rischiamo di smarrire l’essenziale. Perciò oggi il Signore ripete “a tutti: vegliate!”. Vegliate, state attenti». Vigilare, ha spiegato Francesco, «è non lasciarsi sopraffare dallo scoraggiamento, e questo si chiama vivere nella speranza. Se siamo attesi in Cielo, perché vivere di pretese terrene? Perché affannarci per un po’ di soldi, di fama, di successo, tutte cose che passano? Perché perdere tempo a lamentarci della notte, mentre ci aspetta la luce del giorno? Perché cercare dei “padrini” per avere una promozione e andare su, promuoverci nella carriera? Tutto passa. Vegliate, dice il Signore. Stare svegli non è facile, anzi è una cosa molto difficile: di notte viene naturale dormire».

Ricordando la notte della Passione e la mancata vigilanza degli Apostoli, il Papa ha ammonito: «Anche su di noi può scendere lo stesso torpore. C’è un sonno pericoloso: il sonno della mediocrità. Viene quando dimentichiamo il primo amore e andiamo avanti per inerzia, badando solo al quieto vivere. Ma senza slanci d’amore per Dio, senza attendere la sua novità, si diventa mediocri, tiepidi, mondani. E questo corrode la fede, perché la fede è il contrario della mediocrità: è desiderio ardente di Dio, è audacia continua di convertirsi, è coraggio di amare, è andare sempre avanti. La fede non è acqua che spegne, è fuoco che brucia; non è un calmante per chi è stressato, è una storia d’amore per chi è innamorato! Per questo Gesù detesta più di ogni cosa la tiepidezza».

Come possiamo svegliarci dal sonno della mediocrità? si è chiesto il Papa. «Con la vigilanza della preghiera. Pregare è accendere una luce nella notte. La preghiera ridesta dalla tiepidezza di una vita orizzontale, innalza lo sguardo verso l’alto, ci sintonizza con il Signore. La preghiera ossigena la vita. C’è tanto bisogno di cristiani che veglino per chi dorme, di adoratori, di intercessori, che giorno e notte portino davanti a Gesù, luce del mondo, le tenebre della storia. C’è bisogno di adoratori – ha detto Francesco -. Noi abbiamo perso un po’ il senso dell’adorazione, di stare in silenzio davanti al Signore, adorando. Questa è la mediocrità, la tiepidezza». Poi il Papa ha messo in guardia dal «sonno dell’indifferenza. Chi è indifferente vede tutto uguale, come di notte, e non s’interessa di chi gli sta vicino. Quando orbitiamo solo attorno a noi stessi e ai nostri bisogni, indifferenti a quelli degli altri, la notte scende nel cuore. Il cuore diventa oscuro. Presto si comincia a lamentarsi di tutto, poi ci si sente vittime di tutti e infine si fanno complotti su tutto. Lamentele, senso di vittima e complotti. È una catena. Oggi questa notte sembra calata su tanti, che reclamano per sé e si disinteressano degli altri. Come ridestarci da questo sonno dell’indifferenza? Con la vigilanza della carità», che è «il cuore pulsante del cristiano». Provare compassione, aiutare, servire non è da perdenti, ha concluso il Papa: «In realtà è l’unica cosa vincente, perché è già proiettata al futuro, al giorno del Signore. Pregare e amare, ecco la vigilanza. Quando la Chiesa adora Dio e serve il prossimo, non vive nella notte. Anche se stanca e provata, cammina verso il Signore».

30 novembre 2020