Francesco: «Una migrazione sicura e sostenibile è nell’interesse di tutti»

In Aula Paolo VI l’incontro con i rifugiati arrivati attraverso i corridoi umanitari. Dal 2016, salvate 6.080 vite. Pompei (Sant’Egidio): «Per accogliere è necessario essere “insieme”». Il Papa: «Questo servizio ai poveri, ai profughi è anche un’esperienza forte di unità tra i cristiani»

Con qualche minuto di ritardo e accolto da un lungo applauso Papa Francesco è entrato sabato mattina, 18 marzo, in un’aula Paolo VI gremita dai rifugiati e dalle loro famiglie giunti in Italia grazie ai corridoi umanitari promossi da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche, Tavola Valdese e Cei-Caritas in collaborazione con il governo italiano. Con loro, i tanti volontari e le numerose famiglie che hanno accolto i profughi. Alcuni hanno presentato le loro testimonianze, anche se sia loro che il Santo Padre hanno accorciato gli interventi per lasciare spazio poi all’incontro personale del Papa che sulla sedia a rotelle ha salutato molti dei presenti.

«Siamo in tanti oggi: confusi tra chi è stato accolto e chi ha aperto le porte della sua casa e del suo cuore, in questo abbraccio che sono i corridoi umanitari»,” ha esordito Daniela Pompei, della Comunità di Sant’Egidio. «La preghiera e il dolore ci hanno spinto, costretto quasi, alla creatività nell’amore» di cui tante volte ha parlato il Papa. Dal 2016 a oggi sono state salvate 6.080 vite umane, giunte in Europa legalmente, arrivate soprattutto in Italia, ma anche in Francia, Belgio, Andorra e San Marino. «L’accoglienza ha messo in moto un movimento di integrazione e di pace – ha ricordato -. E chi ieri è stato accolto, oggi è in prima linea per accogliere altri che arrivano. “Insieme” è una parola fondamentale dei corridoi umanitari. L’accoglienza non la si può fare da soli. Per accogliere è necessario essere “insieme”. Ci siamo sentiti più comunità: questo è stato il dono inatteso dell’accoglienza».

Poche parole le hanno pronunciate Meskerem, eritrea passata per la crudele esperienza della schiavitù e delle indicibili violenze subite nei campi in Libia, e Anna, arrivata dalla Siria devastata dalla guerra. Testimonianze di dolore ma anche di speranza in una nuova vita, grazie all’aiuto dei corridoi umanitari. E di «gioia e riconoscenza» come «nota dominante» della giornata ha parlato Daniele Garrone, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche. Ma «la condivisione del pianto deve muovere “a praticare la giustizia”: i corridoi umanitari sono uno dei modi per cercare di rispondere a questo appello. Non si tratta dell’ingenuo slancio caritatevole di anime pie o virtuose, mosse da un sentimentalismo irrealistico. Noi pensiamo sia una delle ragionevoli risposte che anche gli Stati dovrebbero adottare», ha ribadito.

Nelle parole di Francesco è tornato il dolore per le morti in mare: «Il Mediterraneo si è convertito in un cimitero, è duro questo, i corridoi servono ad assicurare vita, salvezza, dignità, inserimento. In particolare, vorrei ricordare quanti sono passati nei campi di detenzione in Libia». L’iniziativa dei corridoi umanitari «è tragicamente attuale, anzi, più che mai necessaria; lo attesta purtroppo anche il recente naufragio di Cutro. Quel naufragio non doveva avvenire, e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta». Tuttavia, «occorrono ancora molti sforzi per estendere questo modello e per aprire più percorsi legali per la migrazione – ha aggiunto -. Dove manca la volontà politica, i modelli efficaci come il vostro offrono nuove strade percorribili. Del resto, una migrazione sicura, ordinata, regolare e sostenibile è nell’interesse di tutti i Paesi. Se non si aiuta a riconoscere questo, il rischio è che la paura spenga il futuro e giustifichi le barriere su cui si infrangono vite umane».

Un lavoro che «indica una strada all’Europa, perché non resti bloccata, spaventata, senza visione del futuro». Ma l’accoglienza implica anche l’integrazione, non scevra da difficoltà e ostacoli: «Non tutti coloro che arrivano sono preparati al lungo cammino che li attende. Per questo è importante mettere in atto ancora più attenzione e creatività per informare meglio coloro che hanno l’opportunità di venire in Europa sulla realtà che incontreranno. E non dimentichiamo che le persone vanno accompagnate dall’inizio alla fine», ha affermato il Papa, che non ha mancato di elogiare quanti si prodigano per questa iniziativa: «Sono bravi questi di Sant’Egidio, sono bravi, bravi, bravi». E ancora, rivolto alla Federazione delle Chiese Evangeliche e alla Tavola Valdese ha sottolineato: «A me piace tanto che i cristiani si uniscano per lavorare insieme, come fratelli che siamo tutti e non sottolineare le differenze». Non è mancato neppure il ringraziamento alla «rete accogliente della Chiesa italiana che è stata generosa», soprattutto attraverso la Caritas, e all’«impegno del governo italiano» e degli altri Stati coinvolti.

Un pensiero è andato anche ai «profughi ucraini; a loro voglio dire che il Papa non rinuncia a cercare la pace, a sperare nella pace e a pregare per essa. Lo faccio per il vostro Paese martoriato e per gli altri che sono colpiti dalla guerra; qui, infatti, ci sono tante persone che sono fuggite da altre guerre. E questo servizio ai poveri, ai profughi e ai rifugiati è anche un’esperienza forte di unità tra i cristiani. In effetti, questa iniziativa dei corridoi umanitari è ecumenica. È un bel segno che unisce fratelli e sorelle che condividono la fede in Cristo», ha concluso.

20 marzo 2023