Francesco: «Sogno un’Europa che spenga focolai di guerra»

Arrivato a Lisbona per la Gmg, il Papa ha incontrato le autorità, la società civile e il corpo diplomatico. A tutti ha ricordato che il mondo ha bisogno del Vecchio Continente, per una «diplomazia di pace». E ha ribadito il no a «populismi e complottismi»

«Città dell’incontro che abbraccia vari popoli e culture e che diventa in questi giorni ancora più universale; diventa, in un certo senso, la Capitale del mondo». Papa Francesco ha definito così Lisbona, nel suo primo discorso in Portogallo, dove è atterrato questa mattina, 2 agosto, per la Giornata mondiale della gioventù. Rendendo omaggio al «carattere multietnico e multiculturale» della Capitale lusitana, nel suo primo discorso – rivolto alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico -, il pontefice ha affermato che «ci troviamo ai confini del mondo perché questo Paese confina con l’oceano, che delimita i continenti». E l’oceano «non collega solo popoli e Paesi, ma terre e continenti; perciò Lisbona, città dell’oceano, richiama all’importanza dell’insieme, a pensare i confini come zone di contatto, non come frontiere che separano».

Eppure oggi, davanti a «grandi questioni globali», ha rimarcato Bergoglio, «spesso sperimentiamo l’inefficacia nel rispondervi proprio perché davanti a problemi comuni il mondo è diviso, o per lo meno non abbastanza coeso, incapace di affrontare unito ciò che mette in crisi tutti. Sembra che le ingiustizie planetarie, le guerre, le crisi climatiche e migratorie corrano più veloci della capacità, e spesso della volontà, di fronteggiare insieme tali sfide». La tesi del pontefice è che «Lisbona può suggerire un cambio di passo. Qui nel 2007 è stato firmato l’omonimo Trattato di riforma dell’Unione europea», nel quale si legge che «l’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli» e «nelle relazioni con il resto del mondo contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani». Per Francesco, «non sono solo parole, ma pietre miliari per il cammino della comunità europea, scolpite nella memoria di questa città. Ecco lo spirito dell’insieme, animato dal sogno europeo di un multilateralismo più ampio del solo contesto occidentale».

Nelle parole del Papa, l’auspicio che la Gmg sia per «l’anziano continente», come ha definito l’Europa, «un impulso di apertura universale. Perché di Europa, di vera Europa, il mondo ha bisogno: ha bisogno del suo ruolo di pontiere e di paciere nella sua parte orientale, nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente. Così – ha continuato – l’Europa potrà apportare, all’interno dello scenario internazionale, la sua specifica originalità, delineatasi nel secolo scorso quando, dal crogiuolo dei conflitti mondiali, fece scoccare la scintilla della riconciliazione, inverando il sogno di costruire il domani con il nemico di ieri, di avviare percorsi di dialogo e di inclusione, sviluppando una diplomazia di pace che spenga i conflitti e allenti le tensioni, capace di cogliere i segnali di distensione più flebili e di leggere tra le righe più storte». Oggi, ha rilevato, «nell’oceano della storia, stiamo navigando in un frangente tempestoso e si avverte la mancanza di rotte coraggiose di pace».

Proprio all’Europa, «con accorato affetto», Francesco ha rivolto domande esigenti, accompagnate da precisi auspici come indicazioni di rotta. «Verso dove navighi, se non offri percorsi di pace, vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insanguinano il mondo? E ancora, allargando il campo: quale rotta segui, Occidente? La tua tecnologia, che ha segnato il progresso e globalizzato il mondo, da sola non basta; tanto meno bastano le armi più sofisticate, che non rappresentano investimenti per il futuro, ma impoverimenti del vero capitale umano», ha sottolineato. Quindi, la confidenza: «Io sogno un’Europa, cuore d’Occidente, che metta a frutto il suo ingegno per spegnere focolai di guerra e accendere luci di speranza. Un’Europa che sappia ritrovare il suo animo giovane, sognando la grandezza dell’insieme e andando oltre i bisogni dell’immediato; un’Europa che includa popoli e persone, senza rincorrere teorie e colonizzazioni ideologiche. In questo – ha aggiunto a braccio – ci aiuterà pensare ai sogni dei padri fondatori dell’Unione. Questi sognavano alla grande».

Nel primo discorso di Francesco a Lisbona è risuonato forte un grido d’allarme. «Nel mondo evoluto di oggi è divenuto paradossalmente prioritario – le sue parole – difendere la vita umana, messa a rischio da derive utilitariste, che la usano e la scartano». Il pensiero del Papa è andato a «tanti bambini non nati e anziani abbandonati a sé stessi», ma anche «alla fatica di accogliere, proteggere, promuovere e integrare chi viene da lontano e bussa alle porte, alla solitudine di molte famiglie in difficoltà nel mettere al mondo e crescere dei figli. Verrebbe anche qui da dire: verso dove navigate, Europa e Occidente, con lo scarto dei vecchi, i muri col filo spinato, le stragi in mare e le culle vuote? Dove andate – ha proseguito – se, di fronte al male di vivere, offrite rimedi sbrigativi e sbagliati, come il facile accesso alla morte, soluzione di comodo che appare dolce, ma in realtà è più amara delle acque del mare?».

Ringraziando quindi il Portogallo «per il grande lavoro e il generoso impegno profusi per ospitare un evento così complesso da gestire» come la Gmg, il pontefice ha fatto notare che a Lisbona si sono dati appuntamento «giovani provenienti da tutto il mondo, che coltivano i desideri dell’unità, della pace e della fraternità, ci provocano a realizzare i loro sogni di bene. Non sono nelle strade a gridare rabbia, ma a condividere la speranza del Vangelo. E se da molte parti oggi si respira un clima di protesta e insoddisfazione, terreno fertile per populismi e complottismi, la Giornata mondiale della gioventù è occasione per costruire insieme – ha rilevato -. Rinverdisce il desiderio di creare novità, di prendere il largo e navigare insieme verso il futuro». Quindi, citando il poeta portoghese Fernando Pessoa, ha indicato ai giovani «tre cantieri di speranza in cui possiamo lavorare tutti uniti: l’ambiente, il futuro, la fraternità».

In particolare, riguardo all’ambiente ha denunciato: «Stiamo trasformando le grandi riserve di vita in discariche di plastica. L’oceano ci ricorda che la vita dell’uomo è chiamata ad armonizzarsi con un ambiente più grande di noi, che va custodito con premura, pensando alle giovani generazioni. Come possiamo dire di credere nei giovani, se non diamo loro uno spazio sano per costruire il futuro?». E tra i fattori che mettono in pericolo il loro futuro ha elencato «la mancanza di lavoro, i ritmi frenetici in cui sono immersi, l’aumento del costo della vita, la fatica a trovare un’abitazione e, ancora più preoccupante, la paura di formare famiglie e mettere al mondo dei figli». In gioco, nell’analisi di Francesco, c’è il futuro, che «chiede di contrastare la denatalità e il tramonto della voglia di vivere. La buona politica può fare molto in questo –  ha assicurato -, può essere generatrice di speranza», dato che «non è chiamata a detenere il potere, ma a dare alla gente il potere di sperare. È chiamata, oggi più che mai, a correggere gli squilibri economici di un mercato che produce ricchezze, ma non le distribuisce, impoverendo di risorse e certezze gli animi». Ancora, «è chiamata a riscoprirsi generatrice di vita e di cura, a investire con lungimiranza sull’avvenire, sulle famiglie e sui figli, a promuovere alleanze intergenerazionali, dove non si cancelli con un colpo di spugna il passato, ma si favoriscano i legami tra giovani e anziani».

L’invito finale allora è a «coltivare il senso di comunità, a partire dalla ricerca di chi ci abita accanto. Com’è bello riscoprirci fratelli e sorelle – ha osservato -, lavorare per il bene comune lasciando alle spalle contrasti e diversità di vedute!». E come esempio Francesco ha citato proprio i giovani che, «con il loro grido di pace e la loro voglia di vita, ci portano ad abbattere i rigidi steccati di appartenenza eretti in nome di opinioni e credo diversi». Come avviene con la Missão País, «che porta migliaia di ragazzi a vivere nello spirito del Vangelo esperienze di solidarietà missionaria nelle zone periferiche, specialmente nei villaggi all’interno del Paese, andando a trovare molti anziani soli. E questa è un’unzione per la gioventù».

L’ultimo tributo è per «la Chiesa locale che, accanto ai tanti che nella società portoghese si occupano degli altri, fa tanto bene, lontana dalla luce dei riflettori. Sentiamoci tutti insieme chiamati, fraternamente, a dare speranza al mondo in cui viviamo e a questo magnifico Paese».

2 agosto 2023