Francesco: «Sentivo il dovere di questo pellegrinaggio di fede»

Nella conferenza stampa sul volo di ritorno da Baghdad, il Papa fa un bilancio del suo viaggio in Iraq. L’incontro con Al-Sistani, «messaggio per tutti»

«Un messaggio universale». Papa Francesco descrive così lo storico incontro con il Grande Ayatollah Al-Sistani. L’occasione è il colloquio con i giornalisti, sul volo di ritorno da Baghdad a Roma, ieri, 8 marzo, al termine dei tre giorni di visita apostolica in Iraq: la prima volta di un Papa nel Paese. «Sentivo il dovere di questo pellegrinaggio di fede e di penitenza, di andare a trovare un grande, un saggio, un uomo di Dio», le parole del pontefice, che ha parlato di «un messaggio per tutti», riferisce Vatican News. «Lui è stato molto rispettoso nell’incontro, io mi sono sentito onorato perché lui, che mai si alza, si è alzato per salutarmi per due volte. È un uomo umile e saggio, a me ha fatto bene all’anima questo incontro. È una luce. Questi saggi sono dappertutto perché la saggezza di Dio è stata sparsa in tutto il mondo». Come avviene con i santi «della porta accanto», ha evidenziato: «Santi uomini e donne che vivono la loro fede, qualsiasi essa sia, con coerenza, che vivono i valori umani con coerenza, la fratellanza con coerenza. Credo che dovremmo scoprire questa gente, evidenziarla. Facciamo vedere alla gente che cerca la strada della fratellanza i santi della porta accanto. Troveremo gente della nostra famiglia sicuramente».

Interpellato sui possibili prossimi viaggi, Francesco ha parlato di una «ipotesi» sul Medio Oriente e di una «promessa» per il Libano. «Non ho pensato a un viaggio in Siria perché non mi è venuta l’ispirazione», ha detto, aggiungendo subito dopo: «Ma sono tanto vicino alla martoriata e amata Siria». Quindi ha ricordato l’inizio del suo pontificato: «Quel pomeriggio di preghiera in piazza San Pietro, c’era il rosario, l’adorazione del Santissimo. Ma quanti musulmani, quanti musulmani, col tappeto, pregavano con noi per la pace in Siria, per fermare i bombardamenti in quel momento che si diceva che sarebbe stato un bombardamento feroce. Io la porto nel cuore la Siria – ha continuato – ma pensare un viaggio non mi è venuto in questo momento».

Vatican News riferisce anche dell’auspicio del Papa di «ricominciare le udienza generali. Speriamo  che ci siano le condizioni – le sue parole -. In questo io seguo le norme delle autorità. Ho cominciato in piazza l’Angelus, con le distanze si può fare. C’è una proposta di piccole udienze generali ma non ho deciso finché non si veda chiaro lo sviluppo della situazione, ma dopo questi mesi di prigione, perché davvero mi sentivo un po’ imprigionato, questo per me è rivivere, perché è toccare la Chiesa, il santo popolo di Dio, tutti i popoli. Perché un prete si fa prete per servire il santo popolo di Dio, al servizio del santo popolo di Dio, non per carrierismo o per soldi»

Rispondendo a una domanda sulla genesi del viaggio in Iraq, il Papa ha confidato che ogni viaggio nasce dall’ascolto. «Poi la decisione viene da dentro, di pancia, quasi spontanea ma come frutto maturo. È un percorso lungo. Alcuni sono più difficili o più facili». In questo caso in particolare, ha riferito, la decisione è venuta dall’ascolto degli ambasciatori – «tutte queste cose sono rimaste dentro» – e poi da un libro sulla storia degli yazidi, scritto da Nadia Mourad: «Racconta cose terrificanti. Io vi consiglio di leggerla, in alcuni punti potrà sembrare pesante ma per me questo è il motivo di fondo della mia decisione. Quel libro lavorava dentro». I viaggi, ha sintetizzato, «si cucinano nel tempo nella mia coscienza. Ho pensato tanto, ho pregato tanto su questo e alla fine ho preso la decisione liberamente. Dopo la preghiera, e dopo la consapevolezza dei rischi. Dopo tutto». Quindi ha aggiunto: «Vi confesso che in questo viaggio mi sono stancato molto di più che negli altri. Gli 84 anni non vengono soli, è una conseguenza ma vedremo. Adesso dovrò andare in Ungheria alla Messa finale del Congresso eucaristico internazionale: non una visita al Paese, alla messa. Ma Budapest è a due ore di macchina da Bratislava, perché non fare una visita in Slovacchia? È così che vengono le cose».

Al centro del colloquio con i giornalisti, anche il tema della migrazione, che il pontefice definisce «un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare. Questa gente – il riferimento è agli iracheni – non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare, non sanno come farlo. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano». Anzi, «la si vive come un’invasione», ha denunciato. Quindi ha ricordato l’incontro con il papà di Alan Kurdi, il piccolo morto nel viaggio verso l’Europa, con la madre e il fratello. «È un simbolo che va oltre un bambino morto nella migrazione, un simbolo di civiltà che muoiono, che non possono sopravvivere, un simbolo di umanità. Servono urgenti misure – l’appello del Papa – perché la gente abbia lavoro nei propri Paesi e non debba migrare. E poi misure per custodire il diritto di migrazione. È vero che ogni Paese deve studiare bene la capacità di ricevere: riceverli, accompagnarli, farli progredire e integrarli. L’integrazione dei migranti è la chiave». Di qui il grazie ai «Paesi generosi che ricevono i migranti: il Libano che ha, credo, due milioni di siriani; la Giordania è generosissima: più di un milione e mezzo di migranti. Grazie a questi Paesi generosi».

All’ordine del giorno anche la questione femminile. «Le donne – le parole di Francesco – sono più coraggiose degli uomini ma quello è sempre stato così. Ma la donna anche oggi è umiliata. Le donne si vendono, le donne si schiavizzano – la denuncia -. Anche nel centro di Roma il lavoro contro la tratta è un lavoro di ogni giorno». A riguardo, il Papa ha ricordato la visita a una delle tante case della Comunità Papa Giovanni XXIII, nel Giubileo: «Ragazze riscattate, una con l’orecchio tagliato perché non aveva portato i soldi quel giorno, l’altra portata da Bratislava nel bagagliaio della macchina, schiava, rapita. Questo succede fra noi! La tratta della gente. Le donne – ha aggiunto – sono schiave ancora e dobbiamo lottare, lottare, per la dignità delle donne. Sono coloro che portano avanti la storia».

9 marzo 2021