Francesco: «Ripartire dal lavoro»

L’udienza del Papa alla Cgil, in Aula Paolo VI. L’invito a «essere voce di chi non ha voce», in un mondo in cui «la cultura dello scarto si è insinuata nelle pieghe dei rapporti economici». Il segretario generale Landini: «È il momento di investire sulla pace e sulla qualità della vita»

«Viviamo un’epoca che, malgrado i progressi tecnologici – e a volte proprio a causa di quel sistema perverso che si definisce tecnocrazia – ha in parte deluso le aspettative di giustizia in ambito lavorativo». Lo ha affermato Papa Francesco ricevendo in udienza ieri, 19 dicembre, i membri della Cgil, «una delle storiche organizzazioni sindacali italiane», come l’ha definita. «Non c’è sindacato senza lavoratori e non ci sono lavoratori liberi senza sindacato», è la riflessione del pontefice, secondo cui proprio la “fame” di giustizia chiede anzitutto di «ripartire dal valore del lavoro, come luogo di incontro tra la vocazione personale e la dimensione sociale. Lavorare – ha spiegato – permette alla persona di realizzare sé stessa, di vivere la fraternità, di coltivare l’amicizia sociale e di migliorare il mondo».

In questa direzione, «le encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti possono aiutare a intraprendere percorsi formativi che offrano motivi di impegno nel tempo che stiamo vivendo – è la tesi del pontefice -. Il lavoro costruisce la società – ha proseguito Francesco -. È un’esperienza primaria di cittadinanza, in cui trova forma una comunità di destino, frutto dell’impegno e dei talenti di ciascuno; tale comunità è molto di più della somma delle diverse professionalità, perché ognuno si riconosce nella relazione con gli altri e per gli altri. E così, nella trama ordinaria delle connessioni tra le persone e i progetti economici e politici, si dà vita giorno per giorno al tessuto della democrazia». Un tessuto che «non si confeziona a tavolino in qualche palazzo ma con operosità creativa nelle fabbriche, nelle officine, nelle aziende agricole, commerciali, artigianali, nei cantieri, nelle pubbliche amministrazioni, nelle scuole, negli uffici, e così via. Viene dal basso, dalla realtà».

Da Bergoglio anche una riflessione sui compiti del sindacato, primo fra tutti quello di «educare al senso del lavoro, promuovendo una fraternità tra i lavoratori», nella consapevolezza che «la preoccupazione formativa è il sale di un’economia sana, capace di rendere migliore il mondo». Per Francesco infatti «i costi umani sono sempre anche costi economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani. Rinunciare a investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società».

Quindi il secondo appello, a «segnalare le storture del lavoro», dato che «la cultura dello scarto si è insinuata nelle pieghe dei rapporti economici e ha invaso anche il mondo del lavoro. Lo si riscontra ad esempio là dove la dignità umana viene calpestata dalle discriminazioni di genere – ha continuato il Papa -. Perché una donna deve guadagnare meno di un uomo?», si è chiesto Francesco tra gli applausi dei presenti. E ancora: «Perché una donna appena si vede che incomincia ad ingrassare perché è incinta la mandano via, per non pagare la maternità? Perché si devono ritardare le scelte di vita a causa di una precarietà cronica? E perché i lavori più usuranti sono ancora così poco tutelati? Troppe persone soffrono per la mancanza di lavoro o per un lavoro non dignitoso: i loro volti meritano l’ascolto, meritano l’impegno sindacale», il monito.

Tra i temi dell’udienza, quello della sicurezza. «Ogni morte sul lavoro è una sconfitta per l’intera società – ha rilevato Francesco -. Più che contarli al termine di ogni anno, dovremmo ricordare i loro nomi, perché sono persone e non numeri. Ci sono ancora troppi morti – io li vedo sui giornali, ogni giorno c’è qualcuno – troppi mutilati e feriti nei luoghi di lavoro – è la denuncia -. Non permettiamo che si mettano sullo stesso piano il profitto e la persona! L’idolatria del denaro tende a calpestare tutto e tutti e non custodisce le differenze». Per il pontefice, si tratta di «formarsi ad avere a cuore la vita dei dipendenti e di educarsi a prendere sul serio le normative di sicurezza: solo una saggia alleanza può prevenire quegli “incidenti” che sono tragedie per le famiglie e le comunità».

L’attenzione del Papa è andata poi al tema dello «sfruttamento delle persone come se fossero macchine da prestazione. Ci sono forme violente, come il caporalato e la schiavitù dei braccianti in agricoltura o nei cantieri edili e in altri luoghi di lavoro, la costrizione a turni massacranti, il gioco al ribasso nei contratti, il disprezzo della maternità, il conflitto tra lavoro e famiglia – ha ricordato -. Quante contraddizioni e quante guerre tra poveri si consumano intorno al lavoro!». Quindi il ricordo dei «lavoratori poveri», aumentati negli ultimi anni: «Persone che, pur avendo un lavoro, non riescono a mantenere le loro famiglie e a dare speranza per il futuro».

Davanti a tutto questo, «il sindacato è chiamato a essere voce di chi non ha voce. Voi dovete fare rumore, per dare voce a chi non ha voce!», è la consegna del pontefice, che alla Cgil ha raccomandato in particolare «l’attenzione per i giovani, spesso costretti a contratti precari, inadeguati, anche schiavizzanti». Quindi, il “grazie” «per ogni iniziativa che favorisce politiche attive del lavoro e tutela la dignità delle persone. In questi anni di pandemia è cresciuto il numero di coloro che presentano le dimissioni dal lavoro – ha evidenziato ancora Bergoglio -. Giovani e meno giovani sono insoddisfatti della loro professione, del clima che si respira negli ambienti lavorativi, delle forme contrattuali, e preferiscono rassegnare le dimissioni. Si mettono in cerca di altre opportunità. Questo fenomeno non dice disimpegno, ma la necessità di umanizzare il lavoro», è il commento del Papa, secondo il quale «anche in questo caso, il sindacato può fare opera di prevenzione, puntando alla qualità del lavoro e accompagnando le persone verso una ricollocazione più confacente al talento di ciascuno».

L’invito finale allora è a «essere sentinelle del mondo del lavoro, generando alleanze e non contrapposizioni sterili. La gente ha sete di pace, soprattutto in questo momento storico, e il contributo di tutti è fondamentale. Educare alla pace anche nei luoghi di lavoro, spesso segnati da conflitti, può diventare segno di speranza per tutti. Anche per le future generazioni. Grazie per quello che fate e che farete per i poveri, i migranti, le persone fragili e con disabilità, i disoccupati. Non tralasciate di prendervi cura anche di chi non si iscrive al sindacato perché ha perso la fiducia; e di fare spazio alla responsabilità giovanile», è l’esortazione conclusiva.

A portare a Francesco il saluto della Cgil, all’inizio dell’udienza, era stato il segretario generale Maurizio Landini. «Siamo contrari alle politiche di riarmo perché è il momento di investire sulla pace, sulla diplomazia e sulla qualità della vita. È il momento che tutti si adoperino per far tacere le armi, per un cessate il fuoco almeno nel periodo di natale cattolico e quello ortodosso finalizzato a conquistare un negoziato», le sue parole, fortemente radicate nell’attualità. Per Landini, «è il momento di rilanciare l’appello promosso nel 1955 da Einstein e Russel, anche da lei ripreso nella prima settimana del conflitto, che chiedeva a tutti i governi del mondo di rinunciare alla guerra e “trovare i mezzi pacifici per la soluzione di tutte le controversie”».

Nell’analisi del segretario generale, «in un Paese come l’Italia dove calano le nascite ed aumentano gli anziani, in cui ogni anno sono di più i giovani italiani costretti ad andare all’estero a lavorare che i migranti che si fermano nel nostro paese, non è vero che gli stranieri ci rubano il lavoro. Solidarietà ed accoglienza sono necessarie tanto più oggi – ha osservato -, quando crescono le disuguaglianze basate, certo, sul reddito e sulle quantità di ricchezza, ma anche sulla qualità della vita, sull’accessibilità alle risorse naturali, terra, cibo, acqua, sulla possibilità di difendersi dai disastri ambientali». Quindi, il grido d’allarme: «C’è ancora troppo lavoro precario, caporalato, lavoro nero, sfruttamento ed una disoccupazione che cresce per giovani e donne, in particolare nel Mezzogiorno del Paese. Così si calpestano i diritti e la dignità di intere generazioni e la precarietà diventa un eterno presente. Si mortifica la speranza nel futuro perché si impedisce la costruzione di progetti di vita». Ad aggravare la situazione, le infiltrazioni della criminalità e le morti sul lavoro – oltre mille quest’anno, ha reso noto Landini. «Una vera e propria strage che va fermata».

20 dicembre 2022