Francesco nelle Mauritius: «Accogliere i migranti e proteggere l’ambiente»

Conclusa anche l’ultima tappa del viaggio del Papa in Africa, dopo Mozambico e Madagascar. Al centro delle sue preoccupazioni, i giovani, ai quali occorre dare «un posto» nella Chiesa e nella società

«Come si fa per arrivare ad essere un buon cristiano? La risposta è semplice: è necessario fare, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini». Il Papa celebra la Messa a Port Louis, nella spianata che fa da cornice al Monumento di Maria Regina della Pace, lunedì 9 settembre, e mentre oltre 100mila persone in festa, provenienti da tutto l’Oceano Indiano, lo acclamano agitando rami di palme, cita subito l’«apostolo dell’unità mauriziana», il beato Jacques-Désiré Laval, «tanto venerato in queste terre», le cui reliquie sono sull’altare. È festa nazionale, nelle isole Mauritius, e tutti accorrono a vedere il successore di Pietro che rende omaggio a colui che cristiani, indù, musulmani e buddisti, considerano il padre della nazione. In una terra multietnica, multireligiosa e multiculturale conosciuta nel mondo per le sue attrazioni turistiche, l’omaggio scelto dai mauriziani per rendere indelebile questa giornata storica è in puro stile “Laudato sì”: sono 100mila, infatti, gli alberi che saranno piantati aderendo all’appello di Bergoglio per una ecologia integrale, e che il Papa ha benedetto nel secondo e ultimo appuntamento pubblico della giornata e dell’intero viaggio in Africa, dopo le tappe in Mozambico e in Madagascar. E il discorso alle autorità termina proprio con l’invito ad «andare avanti con quell’atteggiamento costruttivo che spinge a incentivare una conversione ecologica integrale», obiettivo centrale nell’enciclica di Bergoglio, che «mira non solo a evitare terribili fenomeni climatici o grandi disastri naturali ma cerca anche di promuovere un cambiamento negli stili di vita in modo che la crescita economica possa davvero giovare a tutti, senza correre il rischio di provocare catastrofi ecologiche o gravi crisi sociali».  L’ultimo discorso del Santo Padre in terra d’Africa, dai forti accenti politici, è cominciato con la menzione della questione decisiva, in quello che Bergoglio definisce «un cambiamento d’epoca», e non un’epoca di cambiamento: le migrazioni. «Accettare la sfida dell’accoglienza e della protezione dei migranti che oggi vengono qui per trovare lavoro, e, per molti di loro, migliori condizioni di vita per le loro famiglie», l’imperativo.

«Il Dna del vostro popolo – ricorda il Papa dal palazzo presidenziale di Port Louis – conserva la memoria di quei movimenti migratori che hanno portato i vostri antenati su questa isola e che li hanno anche condotti ad aprirsi alle differenze per integrarle e promuoverle in vista del bene di tutti.  Abbiate a cuore di accoglierli come i vostri antenati hanno saputo accogliersi a vicenda, quali protagonisti e difensori di una vera cultura dell’incontro che consente ai migranti – e a tutti – di essere riconosciuti nella loro dignità e nei loro diritti», la consegna di Francesco. Le isole Mauritius, nelle parole del Papa, sono una dimostrazione che «è possibile raggiungere una pace stabile a partire dalla convinzione che la diversità è bella quando accetta di entrare costantemente in un processo di riconciliazione, fino a sigillare una specie di patto culturale che faccia emergere una “diversità riconciliata”. Questa è base e opportunità per la costruzione di una effettiva comunione all’interno della grande famiglia umana senza la necessità di emarginare, escludere o respingere».

Per continuare a essere «un’oasi di pace», le isole Mauritius devono conservare «la tradizione democratica instaurata a partire dall’indipendenza». Essere «un esempio per coloro che contano su di voi, specialmente per i giovani», l’appello ai politici, insieme a quello a «combattere tutte le forme di corruzione. Nel contesto attuale – il grido d’allarme – spesso risulta che la crescita economica non vada sempre a vantaggio di tutti e che lasci da parte un certo numero di persone, specialmente i giovani». Di qui l’incoraggiamento a «sviluppare una politica economica orientata alle persone e che sappia privilegiare una migliore distribuzione delle entrate, la creazione di opportunità di lavoro e una promozione integrale dei più poveri», senza «cedere alla tentazione di un modello economico idolatrico che ha bisogno di sacrificare vite umane sull’altare della speculazione e della mera redditività, che tiene conto solo del beneficio immediato a scapito della protezione dei più poveri, dell’ambiente e delle sue risorse».

«I giovani sono la nostra prima missione», la raccomandazione di Francesco nella Messa che ha aperto la giornata, sulla scia dell’attenzione speciale riservata al “popolo” giovane – la maggioranza della popolazione – mostrata in tutte le tappe della sua trasferta in Africa. Bisogna imparare «a riconoscere e fornire a essi un posto in seno alla nostra comunità e alla nostra società», dice il Papa. «Com’è duro constatare che, nonostante la crescita economica che il vostro Paese ha avuto negli ultimi decenni, sono i giovani a soffrire di più, sono loro a risentire maggiormente della disoccupazione che non solo provoca un futuro incerto ma inoltre toglie a essi la possibilità di sentirsi protagonisti della loro storia comune». E questo futuro incerto «li spinge fuori strada e li costringe a scrivere la loro vita ai margini, lasciandoli vulnerabili e quasi senza punti di riferimento davanti alle nuove forme di schiavitù di questo secolo XXI. Non lasciamoci rubare il volto giovane della Chiesa e della società! Non permettiamo ai mercanti di morte di rubare le primizie di questa terra», l’appello centrale dell’omelia, insieme a una denuncia relativa ai «nostri giovani e quanti come loro sentono di non avere voce perché sono immersi nella precarietà».

Questa mattina, 10 settembre, il Santo Padre si è congedato dalla Nunziatura apostolica di Antananarivo dopo aver celebrato la Messa in privato. Quindi si è trasferito in auto all’aeroporto, per la cerimonia di congedo dal Madagascar, con il presidente della Repubblica Andry Rajoelina e la moglie. Sempre all’aeroporto, ha salutato i vescovi malgasci e, attraversando la Guardia d’Onore, è salito a bordo di un A340neo dell’Air Madagascar per rientrare in Italia. L’aereo è decollato alle 9.40 locali (8.40 ora di Roma). L’arrivo all’aeroporto di Roma-Ciampino è previsto per le 19. (M. Michela Nicolais)

10 settembre 2019