Francesco: la confessione è «la scrittura di Dio sul cuore»

Nella basilica di San Pietro la liturgia penitenziale presieduta dal Papa, con la quale è iniziata la "24 Ore per il Signore". Ricevuta l'assoluzione, il pontefice è rimasto nel confessionale per quasi un'ora

Quasi un’ora nel confessionale, per amministrare il sacramento della riconciliazione. Ancora una volta Papa Francesco ha risposto con l’esempio concreto a chi lo accusa di non parlare abbastanza spesso della confessione. Lo ha fatto venerdì 29, presiedendo la liturgia penitenziale in San Pietro con la quale è iniziata anche la “24 Ore per il Signore”: un giorno intero dedicato all’adorazione e al perdono in vista della IV domenica di Quaresima, la domenica della gioia.

«La confessione è il passaggio dalla miseria alla misericordia, è la scrittura di Dio sul cuore. Lì leggiamo ogni volta che siamo preziosi agli occhi di Dio, che Egli è Padre e ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi», ha detto il Papa nel passaggio centrale della sua omelia, durante la quale ha commentato l’episodio di Gesù e dell’adultera narrato da Giovanni. Gesù «rimane – ha spiegato – perché è rimasto quel che è prezioso ai suoi occhi: quella donna, quella persona. Per Lui prima del peccato viene il peccatore. Io, tu, ciascuno di noi nel cuore di Dio veniamo prima: prima degli sbagli, delle regole, dei giudizi e delle nostre cadute. Chiediamo la grazia di uno sguardo simile a quello di Gesù, chiediamo di avere “l’inquadratura” cristiana della vita, dove prima del peccato vediamo con amore il peccatore». Il Papa si è soffermato sull’immagine di Gesù che scrive col dito per terra: non sappiamo cosa abbia scritto ma ricorda il dito di Dio che scrive le tavole della legge. «Con Gesù, misericordia di Dio incarnata, è giunto il momento di scrivere nel cuore dell’uomo, di dare una speranza certa alla miseria umana». Di fronte al male che ammalia, ha aggiunto, «occorre un amore più grande. Senza Dio non si può vincere il male: solo il suo amore risolleva dentro, solo la sua tenerezza riversata nel cuore rende liberi. Se vogliamo la liberazione dal male, va dato spazio al Signore, che perdona e guarisce».

Eppure, non manca chi ha ancora paura della confessione o la ritiene inutile. Ecco la risposta del Papa: «Accorgersi del perdono di Dio. Sarebbe bello, dopo la confessione, rimanere come quella donna, con lo sguardo fisso su Gesù che ci ha appena liberato: non più sulle nostre miserie, ma sulla sua misericordia. Guardare il Crocifisso e dire con stupore: “Ecco dove sono andati a finire i miei peccati. Tu li ha presi su di te. Non mi hai puntato il dito, mi hai aperto le braccia e mi hai perdonato ancora” È importante fare memoria del perdono di Dio, ricordarne la tenerezza, rigustare la pace e la libertà che abbiamo sperimentato. Perché questo è il cuore della confessione: non i peccati che diciamo ma l’amore divino che riceviamo e di cui abbiamo sempre bisogno». E ancora, a chi ha il dubbio – «Confessarsi non serve, faccio sempre i soliti peccati» -, il Papa ricorda che «il Signore ci conosce, sa che la lotta interiore è dura, che siamo deboli e inclini a cadere, spesso recidivi nel fare il male. E ci propone di cominciare a essere recidivi nel bene, nel chiedere misericordia. Sarà lui a risollevarci e a fare di noi creature nuove. Ripartiamo allora dalla confessione, restituiamo a questo sacramento il posto che merita nella vita e nella pastorale!».

Poi il Santo Padre si è recato in uno dei confessionali della navata destra della basilica e dopo aver ricevuto lui stesso l’assoluzione, ha indossato la stola viola e si è messo ad ascoltare 11 fedeli provenienti da quattro nazioni (Italia, Colombia, Vietnam e Polonia). Altri 80 sacerdoti si sono distribuiti nella basilica per assolvere i penitenti. Francesco è rimasto nel confessionale per circa 55 minuti, prima di tornare alla sua sede, dove ha indossato il piviale viola per le preghiere e la benedizione finale.

1° aprile 2019