Francesco in visita dagli ucraini, «fede coraggiosa»

Nella basilica di Santa Sofia, a Boccea, incontro festoso con la comunità. L’appello perché «tacciano le armi». L’arcivescovo Shevchuk parla di «guerra dimenticata»

Una comunità in festa che intonava canti religiosi e sventolava le bandiere dell’Ucraina quella che ieri, domenica 28 gennaio, ha accolto Papa Francesco nella basilica minore di Santa Sofia, punto di riferimento della comunità greco-cattolica ucraina di Roma. La visita si è aperta con la preghiera per la pace nel Paese dell’Europa orientale ma, tra i momenti salienti del pomeriggio c’è stato il «pensiero riconoscente» alle tante donne ucraine che lavorano in Italia come badanti e che sono «apostole di carità e di fede» e a tutti coloro che «compiono immani sacrifici» per mantenere i propri cari, e ancora la lunga preghiera silenziosa sulla tomba del vescovo Stepan Chmil.

Un incontro «in comunione fraterna» al quale non hanno voluto rinunciare centinaia di fedeli, tra i quali tanti bambini, che hanno atteso il Santo Padre assiepati nell’area antistante la basilica di via di Boccea. Al suo arrivo Bergoglio è stato accolto dall’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, Sua Beatitudine Svjatoslav Shevchuk, al quale ha baciato la croce pettorale, e dal rettore don Yaroslav Semehen.

Prima di entrare in basilica ha liberato una colomba bianca e, rivolgendosi ai fedeli rimasti dietro le transenne, li ha invitati a pregare per la pace in Ucraina. Per raggiungere l’altare Francesco è passato tra due ali di bambini che gioiosi lo hanno salutato con in mano dei girasoli e si è fermato a benedire piccoli malati disposti in prima fila. «Sono qui per dirvi che vi sono vicino col cuore, con la preghiera, quando celebro l’Eucaristia supplicando il Principe della Pace perché tacciano le armi – ha detto -. Prego perché nei cuori di ciascuno non si spenga mai la speranza, ma si rinnovi il coraggio di andare avanti, di ricominciare sempre».

Poco prima Shevchuk aveva ricordato che il Paese da quattro anni è flagellato da un conflitto che ha provocato centinaia di migliaia di morti e feriti e costretto milioni di persone a fuggire. Una guerra «dimenticata dalla società internazionale – ha affermato – che, tuttavia, ogni giorno provoca nuovi lutti causati dagli scontri armati, dal freddo e dalla fame, da una crudele indifferenza da parte dei potenti di questo mondo». Il popolo ucraino, ha spiegato, considera il Pontefice un «autentico messaggero e un costruttore di pace, la pace autentica e giusta» e ha auspicato che la visita a Santa Sofia sia solo l’anticamera di una visita di Francesco in Ucraina.

Parlando degli oltre 200mila ucraini che risiedono ufficialmente in Italia, l’arcivescovo si è soffermato sulla solitudine sofferta da queste persone spesso «vittime di sfruttamento e maltrattamenti sul luogo di lavoro». Le donne non di rado sono «private dai loro datori di lavoro del diritto di riposare la domenica impedendo loro di partecipare alla vita liturgica e sociale, di soddisfare quindi i propri bisogni spirituali».

Il Papa ha ammesso di conoscere «il bene» che queste donne fanno a Roma e in tutta Italia attraverso il loro lavoro. «Trasmettono la fede nelle famiglie, alcune volte tiepide nell’esperienza di fede – ha aggiunto a braccio -. Ma voi avete una fede coraggiosa. Considerate il vostro lavoro come una missione». Ha voluto poi ricordare tre figure importanti per la comunità ucraina: il cardinale Josyf Slipyj, fondatore della chiesa di Santa Sofia, il vescovo Chmil, conosciuto da Bergoglio quando aveva dodici anni e per tre volte la settimana lo aiutava servendo la Messa, e il cardinale Ljubomyr Huzar, «guida e fratello maggiore di tanti», creato cardinale nello stesso giorno.

Il programma pastorale della comunità è sintetizzato nella frase “La parrocchia vivente è il luogo d’incontro con il Cristo vivente”. Francesco ha quindi posto l’accento sulle parole “incontro” e “vivente”. «La Chiesa è incontro – ha detto -, è il luogo dove guarire la solitudine, vincere la tentazione di isolarsi e di chiudersi, attingere la forza per superare i ripiegamenti su se stessi. Gesù è il vivente. La parrocchia non è un museo di ricordi del passato o un simbolo di presenza sul territorio, ma è il cuore della missione della Chiesa, dove si riceve e si condivide la vita nuova».

Bergoglio ha infine svelato «un segreto». Nella sua camera ha un’icona della Madonna della tenerezza dono dell’arcivescovo maggiore. «Ogni notte, prima di andare a letto, la bacio e al mattino la saluto. Così si può dire che incomincio e finisco la giornata “in ucraino”», ha concluso tra gli applausi dei fedeli. Il Papa si è quindi recato nella cripta della basilica con l’arcivescovo, sostando a lungo in preghiera sulla tomba del vescovo Chmil. Prima di andare via ha ringraziato per l’ospitalità e per l’incontro. «Rimango con il cuore pieno di gioia. Grazie per la vostra perseveranza nella fede».

 

 

29 gennaio 2018