Francesco in Iraq dal 5 all’8 marzo

L’annuncio del direttore della Sala stampa vaticana Matteo Bruni. Visiterà Baghdad, la piana di Ur, Erbil, Mosul e Qaraqosh. Acs: «Segnale di grande speranza»

«Accogliendo l’invito della Repubblica d’Iraq e della Chiesa cattolica locale, Papa Francesco compirà un viaggio apostolico nel Paese dal 5 all’8 marzo 2021, visitando Bagdad, la piana di Ur, legata alla memoria di Abramo, la città di Erbil, così come Mosul e Qaraqosh nella piana di Ninive».  Lo ha annunciato lunedì 7 dicembre il direttore della Sala stampa vaticana Matteo Bruni, precisando che «a suo tempo sarà pubblicato il programma del viaggio, che terrà conto dell’evoluzione dell’emergenza sanitaria mondiale».

Dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre parlano di «un segnale di grande speranza per la comunità cristiana della martoriata nazione mediorientale». Secondo gli ultimi dati disponibili, «a metà 2020 più della metà (8.166) delle 14.828 abitazioni danneggiate appartenenti a famiglie cristiane nella Piana di Ninive e inserite nel piano di intervento erano state ricostruite», ricorda il direttore Alessandro Monteduro. Acs ha fornito 6,5 milioni di euro per la ricostruzione di 2.860 case in sei centri della Piana, cioè il 35% del totale delle abitazioni ricostruite. Attualmente le case in fase di riparazione sono circa 290. I cristiani ritornati nella Piana, ricordano, sono oltre 37mila, cioè quasi il 45% delle famiglie originariamente presenti nell’area. Acs è attualmente impegnata in una nuova fase del piano di intervento, cioè la ricostruzione delle strutture gestite dalla Chiesa nei centri cristiani della Piana. L’87% delle 363 strutture interessate (34 totalmente distrutte, 132 incendiate e 197 parzialmente danneggiate) svolge anche funzioni sanitarie, di sostegno sociale ed educative.

Nell’analisi di Monteduro, «se la comunità internazionale non interverrà tempestivamente ed efficacemente a suo sostegno, l’emigrazione forzata nell’arco di quattro anni potrebbe ridurre la popolazione cristiana dell’80% rispetto a quella precedente l’aggressione dell’Isis». Il rischio è quello dell’estinzione totale della presenza cristiana. «Attualmente – ricorda il direttore di Acs Italia – il numero di quanti emigrano è maggiore di coloro che tornano». Da una ricerca sul campo elaborata dalla fondazione pontificia, il 57% dei cristiani considera di emigrare; di questi il 55% pensa di farlo entro il 2024. «Data questa intenzione, si stima che nelle aree precedentemente occupate dall’Isis i cristiani potrebbero scendere a circa 23mila unità. Vi è poi il problema della discriminazione religiosa che si concretizza non solo attraverso la violenza manifesta ma anche attraverso atti discriminatori in ambito lavorativo ed educativo e con l’approvazione di leggi sul matrimonio penalizzanti». Per tutti questi motivi, conclude Monteduro, «il viaggio apostolico del Santo Padre è particolarmente rilevante e donerà nuova speranza a una comunità che attualmente si sente troppo abbandonata da quanti potrebbero invece intervenire a sua tutela».

Da Mosul parla anche l’arcivescovo Najib Mikhael Moussa, raggiunto dall’agenzia Sir. «Siamo davvero felici di sapere che Papa Francesco verrà in Iraq a marzo del prossimo anno e in particolare a Mosul e nella Piana di Ninive – dichiara -. I nostri fedeli danzano di gioia per questa notizia. Spero che in tanti possano tornare nelle loro case e villaggi». Quella di Francesco sarà la prima volta di un Papa nel Paese. «Una visita simbolica – la definisce il presule – che arriva in un momento particolare per tutto l’Iraq e per noi cristiani rappresenta un momento forte». Il Papa comincerà da Ur, nel sud, «che è il luogo dove Abramo è partito per la sua missione. Visitando Ur prima di proseguire per Mosul e poi salire fino in Kurdistan – le parole di Moussa -, il Papa vuole dire che viene per tutti gli iracheni, per i fedeli delle religioni abramitiche, così come per tutte le denominazioni religiose mesopotamiche».

Questa prima visita di un Papa in Iraq, riflette ancora l’arcivescovo, «cade in un tempo in cui tantissime persone, soprattutto giovani, vogliono cambiare il Paese, combattere la corruzione, instaurare uno Stato di diritto, dove dignità, uguaglianza e cittadinanza siano garantite a tutti senza distinzione». Tra i temi che saranno trattati, anticipa, ci saranno quella «della dignità dell’uomo e dei diritti umani, della convivenza, del perdono, del dialogo tra le fedi e in particolare del rispetto delle minoranze, come quelle perseguitate dei cristiani e degli Yazidi». Il ricordo del presule va alle «sofferenze patite dalle minoranze cristiana e yazida» durante la dominazione dello Stato islamico (2014-2017) e, ancora prima, durante gli scontri settari scoppiati dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003.

«Mosul – afferma l’arcivescovo – ancora oggi non vede che poco più di 50 famiglie cristiane rientrate dopo la grande fuga del 2014 causata dall’arrivo delle milizie jihadiste del califfato. Oggi è vuota dei suoi abitanti originari. La grazia di questa visita – è l’auspicio – possa servire a favorire il rientro di tanti cristiani nel segno della pace e della prosperità, non solo a Mosul ma anche nei villaggi della Piana di Ninive. Tante famiglie sono ancora a Erbil perché le loro case nei villaggi della Piana sono state bruciate o distrutte. Ora – conclude – ci prepareremo alla visita del Papa pregando insieme, celebrando con il nostro patriarca e i vescovi, con le chiese locali e tutta la comunità ecclesiale irachena».

9 dicembre 2020