Francesco: «Dio viene al mondo come figlio per renderci figli di Dio»

Nella Messa nella notte di Natale, l'invito a non perdersi d'animo. «Oggi Dio ci meraviglia e dice a ciascuno di noi: "Tu sei una meraviglia". Prende dimora vicino a noi, povero e bisognoso, per dirci che servendo i poveri ameremo lui»

«Dio viene al mondo come figlio per renderci figli di Dio. Che dono stupendo!». L’omelia di Papa Francesco nella notte di Natale, durante la Messa celebrata con le note limitazioni dettate dall’emergenza sanitaria, è stata un inno alla fiduciosa speranza in un Dio che è Padre: «Oggi Dio ci meraviglia e dice a ciascuno di noi: “Tu sei una meraviglia”. Sorella, fratello, non perderti d’animo. Hai la tentazione di sentirti sbagliato? Dio ti dice: “No, sei mio figlio!” Hai la sensazione di non farcela, il timore di essere inadeguato, la paura di non uscire dal tunnel della prova? Dio ti dice: “Coraggio, sono con te”. Non te lo dice a parole ma facendosi figlio come te e per te, per ricordarti il punto di partenza di ogni tua rinascita: riconoscerti figlio di Dio, figlia di Dio. È questo il cuore indistruttibile della nostra speranza, il nucleo incandescente che sorregge l’esistenza: al di sotto delle nostre qualità e dei nostri difetti, più forte delle ferite e dei fallimenti del passato, delle paure e dell’inquietudine per il futuro, c’è questa verità: siamo figli amati».

Il pontefice, commentando un passo della profezia di Isaia, ha ricordato che «si sente spesso dire che la gioia più grande della vita è la nascita di un bambino. È qualcosa di straordinario, che cambia tutto, mette in moto energie impensate e fa superare fatiche, disagi e veglie insonni, perché porta una felicità indescrivibile, di fronte alla quale niente più pesa. Così è il Natale: la nascita di Gesù è la novità che ci permette ogni anno di rinascere dentro, di trovare in Lui la forza per affrontare ogni prova. Sì, perché la sua nascita è per noi: per me, per te, per ciascuno». Anche di fronte all’indifferenza di tanti uomini: «Se guardiamo all’ingratitudine dell’uomo verso Dio e all’ingiustizia verso tanti nostri fratelli, viene un dubbio: il Signore ha fatto bene a donarci così tanto, fa bene a nutrire ancora fiducia in noi? Non ci sopravvaluta? Sì, ci sopravvaluta, e lo fa perché ci ama da morire. Non riesce a non amarci. È fatto così, è tanto diverso da noi. Ci vuole bene sempre, più bene di quanto noi riusciamo ad averne per noi stessi. È il suo segreto per entrare nel nostro cuore. Dio sa che l’unico modo per salvarci, per risanarci dentro, è amarci».

E lo dimostra nel modo in cui nasce: «Per farci capire fino a dove ama la nostra condizione umana: fino a toccare con il suo amore concreto la nostra peggiore miseria. Il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni scartato è figlio di Dio. È venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità». Ed è nato in una mangiatoia per «ricordarci che per vivere abbiamo bisogno di Lui come del pane da mangiare. Quante volte invece, affamati di divertimento, successo e mondanità, alimentiamo la vita con cibi che non sfamano e lasciano il vuoto dentro!». Al contrario, «quella mangiatoia, povera di tutto e ricca di amore, insegna che il nutrimento della vita è lasciarci amare da Dio e amare gli altri. Gesù ci dà l’esempio: Lui, il Verbo di Dio, è infante; non parla ma offre la vita. Noi invece parliamo molto ma siamo spesso analfabeti di bontà».

Chi ha un bimbo piccolo, ha concluso il Papa, «sa quanto amore e quanta pazienza ci vogliono. Occorre nutrirlo, accudirlo, pulirlo, prendersi cura della sua fragilità e dei suoi bisogni, spesso difficili da comprendere. Un figlio fa sentire amati ma insegna anche ad amare. Dio è nato bambino per spingerci ad avere cura degli altri. Il suo tenero pianto ci fa capire quanto sono inutili tanti nostri capricci. Il suo amore disarmato e disarmante ci ricorda che il tempo che abbiamo non serve a piangerci addosso ma a consolare le lacrime di chi soffre. Dio prende dimora vicino a noi, povero e bisognoso, per dirci che servendo i poveri ameremo Lui».

E il regalo di Natale del Papa per i poveri di Roma è stato uno stock di 4mila tamponi per la diagnosi del Covid-19, omaggio della Slovacchia, che grazie all’impegno dell’Elemosineria apostolica, in collaborazione con l’Istituto di Medicina Solidale e l’Ifo San Gallicano, verranno utilizzati per far accedere alla diagnosi i senza fissa dimora della città, grazie anche a un accordo con Roma Capitale.

28 dicembre 2020