Francesco d’Assisi, maestro di «povertà e misericordia»

Nella basilica lateranense la celebrazione del Transito con il vicegerente Iannone e la processione fino al monumento in piazza di Porta San Giovanni

Nella basilica lateranense la celebrazione del Transito con il vicegerente Iannone e la processione fino al monumento in piazza di Porta San Giovanni

Il crocifisso come riferimento ineludibile nella propria vita, tanto da portare i segni della passione di Cristo sul corpo. Questo il nucleo centrale dal quale l’arcivescovo Filippo Iannone, vicegerente della diocesi di Roma, ha dipanato la sua omelia nel corso della solenne celebrazione del Transito di San Francesco, ieri sera, 3 ottobre, nella basilica di San Giovanni in Laterano. A concelebrare, monsignor Luca Brandolini, vicario del cardinale arciprete della basilica, il Capitolo lateranense e i padri penitenzieri della cattedrale di Roma, che appartengono proprio all’ordine dei Frati Minori.

Ripercorrendo le tappe fondamentali della vita del poverello di Assisi, monsignor Iannone ha evidenziato come fin da giovane, con la scelta di abbandonare la vita agiata e mondana, «san Francesco abbia incentrato nel calvario la sua esperienza spirituale», in conformità con le parole di san Paolo ai Galati: «Se mi vanto di una cosa è solo quella di godere della croce di Cristo».

È poi il crocifisso della chiesa di San Damiano «a illuminare il cammino di Francesco – ha proseguito il presule – quando nel 1205 gli parla e gli chiede di riparare la sua casa», per portarlo a comprendere davvero il senso di quella richiesta nell’aprile del 1208, «alla chiesa della Porziuncola quando il santo, sposando Madonna Povertà, sentì l’esigenza di un forte rinnovamento spirituale e iniziò a predicare il Vangelo con l’esempio».

Iannone ha sottolineato come nel suo testamento san Francesco dica che fu lo stesso Altissimo a rivelargli come vivere alla luce del Vangelo, dando risposta agli interrogativi più profondi della sua anima e del suo tempo «e questo oggi – ha proseguito l’arcivescovo – è per noi richiamo a una scelta radicale: fare della Parola l’unico riferimento della nostra vita». Tale radicalità nasce soltanto dall’incontro con Cristo «da ricercare continuamente, sull’esempio di Francesco, nella croce: da accogliere, portare e offrire per gli altri»; radicalità evangelica che ciascuno deve declinare secondo la propria vocazione «ma sempre avendo come riferimento i cardini francescani della povertà e della misericordia». In questo modo, i santi, e san Francesco in particolare, «non avranno solo la nostra ammirazione – ha spiegato Iannone – ma anche la nostra imitazione e questo ci darà serenità pur nel momento problematico che ci troviamo a vivere dove l’insegnamento cristiano si scontra con la secolarizzazione».

Anche san Francesco ha conosciuto le tentazioni del mondo ma ha scelto radicalmente la povertà e i valori umani e cristiani autentici, «gli stessi – ha detto il presule – che devono orientare il cammino educativo delle nostre comunità». Quindi, la richiesta di intercessione del copatrono d’Italia, affinché «ci renda capaci di una testimonianza coerente e serena» e la preghiera per la comunità ecclesiale, per Roma e per l’Italia intera che san Francesco è chiamato a proteggere con santa Caterina da Siena.

Prima della benedizione finale, la celebrazione del “Transito di san Francesco” con un padre penitenziere che ha letto il racconto della morte del santo dalla biografia scritta da san Tommaso da Celano. Infine, la processione fino al monumento in piazza di Porta San Giovanni, con la venerazione e l’omaggio floreale da parte di un gruppo di bambini alla statua di San Francesco che dal 1927 svetta proprio di fronte alla cattedrale e il ritorno in basilica dove la banda della Gendarmeria Vaticana ha dedicato un concerto a Papa Francesco, che proprio al santo di Assisi ha improntato il suo pontificato.

4 ottobre 2016