Francesco d’Assisi, da 75 anni patrono d’Italia

A Montecitorio un convegno per celebrare l’anniversario della proclamazione da parte di Pio XII. Dal custode del Sacro Convento della cittadina umbra padre Gambetti l’indicazione alla politica di tre piste da seguire: «Fraternità, minorità e povertà»

«Il più italiano dei santi, il più santo degli italiani». Il 18 giugno del 1939, giorno della proclamazione di San Francesco a patrono d’Italia, Papa Pio XII definiva così il Poverello d’Assisi. Erano anni turbolenti, meno di un mese prima Mussolini stringeva il Patto d’acciaio con Hitler che trascinerà l’Italia nel secondo conflitto mondiale. Oggi come allora, nei momenti di difficoltà, il nostro Paese «deve guardare alla figura di Francesco per riscoprire i tratti più profondi della propria identità, che passano attraverso la riscoperta dei valori del Vangelo e della promozione dell’uomo». Ad affermarlo, questa mattina, mercoledì 1° ottobre, è stato il Segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino, nel corso dell’incontro celebrativo del 75mo anniversario della proclamazione di Francesco patrono d’Italia. Nella sala Aldo Moro di Montecitorio sono intervenuti anche la presidente della Camera Laura Boldrini e padre Mauro Gambetti, Custode del Sacro Convento di Assisi.

Attualizzare la figura di Francesco vuol dire «sfidare le contraddizioni del nostro tempo», ha sottolineato l’onorevole Boldrini che ha indicato tre valori per «interpellare tutti, al di là del credo religioso». Pace, umiltà e natura: parole tramandateci dall’esperienza francescana e che indicano alcune «priorità assolute». Per ottenerle, la Regola, ha aggiunto la Boldrini, «offre rispetto, tolleranza e dialogo. Ma non solo, anche apertura verso il diverso vissuto non come minaccia ma come risorsa». E ancora, il valore dell’umiltà, che la presidente della Camera traduce per le istituzioni in “sobrietà”, deve essere «stile di condotta verso noi stessi e verso quei concittadini sempre più piegati dalla crisi». La salvaguardia della natura, infine, deve diventare sempre più «decisiva anche dal punto di vista economico. Bisogna cambiare ottica; la cura del territorio – per la presidente Boldrini – può creare posti di lavoro».

E di «capovolgimento di valori» ha parlato anche monsignor Galantino, indicando in Francesco un «uomo aperto, innanzitutto a Dio, e desideroso di spendersi per il bene comune». Lui che era un giovane borghese, abbracciando gli ultimi – Galantino cita l’episodio del lebbroso che il santo incontra nella piana d’Assisi – «abbraccia il bisogno, l’emarginazione, cambiando radicalmente la sua scala di valori. Da quel momento in poi tutto ciò che prima era per Francesco periferico e insignificante, diventa centrale». Per questa sua capacità, il Poverello di Assisi è un «uomo riuscito», ha continuato Galantino, «uomo aperto e inclusivo, che vive la povertà con letizia, accanto alla quiete e alla meditazione». Il tutto «senza cedere a un irenismo a buon mercato». L’augurio del Segretario della Cei è andato infine al popolo italiano, affinché riesca, attraverso l’esempio di Francesco e di Caterina, a «ritrovare nell’inclusione le proprie radici», dando seguito all’«invito di Papa Francesco e alla sua “enciclica dei gesti” che va scrivendo giorno per giorno».

Infine, prima della consegna della medaglia commemorativa alla presidente Boldrini e al vescovo Galantino, il custode del Sacro convento padre Mauro Gambetti si è rivolto agli onorevoli, «non solo quelli presenti in sala». A loro, il francescano ha indicato «tre piste per raggiungere un successo garantito per sé e per coloro verso i quali si presta un servizio: fraternità, minorità e povertà». Un principio, quello di fraternità, che chi viene eletto in parlamento «deve far proprio per riconoscere nei propri colleghi i fratelli con i quali dialogare e confrontarsi per il bene comune». E per vivere concretamente questo principio occorre far riferimento a quello di “minorità”, alla cui radice vi è la convinzione «dell’indiscutibile dignità personale – ha proseguito il frate – che ci rende tutti uguali e allo stesso tempo differenti». Infine povertà vuol dire «“espropriarsi”, che è il presupposto per condividere pienamente il bene e la libertà». Quella stessa libertà, ha concluso padre Gambetti, che allontana dai «privilegi e dalla ricerca del potere»; ostacoli insormontabili per chi «si pone alla ricerca del bene comune».

1° ottobre 2014