Francesco dal Messico: «Il regno di Dio ha sapore di famiglia»

Nello stadio di Túxtla Gutiérrez, in Chiapas, l’incontro con le famiglie, con 50mila persone. Quattro testimonianze, quindi l’intervento del Papa

Nello stadio di Túxtla Gutiérrez, in Chiapas, l’incontro con le famiglie, cui hanno partecipato 50mila persone. Quattro testimonianze, quindi l’intervento del Papa

«Voglio rendere grazie per essere oggi in questa terra del Chiapas. È bello essere su questo suolo, è bello essere su questa terra, è bello essere in questo luogo che grazie a voi ha sapore di famiglia, di casa». È iniziato così il discorso di Papa Francesco allo stadio Victor Manuel Reyna di Túxtla Gutiérrez, in Chiapas, dove si è svolto nel pomeriggio di ieri, lunedì 15 febbraio, (circa le 23 in Italia), l’incontro con le famiglie.

Quattro le testimonianze presentate, tra cui quella di una coppia sposata solo civilmente a causa di un precedente divorzio che, incontrata la Chiesa, si è messa a servizio dei più poveri, e quella di una madre single tentata più volte dall’ idea dell’aborto a causa della solitudine ma che è riuscita sempre a scegliere la vita. Quindi l’intervento del pontefice, che sottolinea il tema del coraggio da dare l’un l’altro e che Dio «regala», per consentirci di «continuare a scommettere, sognare e costruire una vita che sappia di casa, di famiglia». Quello di Dio, per Francesco, è «un Regno che ha il sapore di famiglia, che ha il sapore di vita condivisa. In Gesù e con Gesù questo Regno è possibile. Egli – ha continuato – è in grado di trasformare le nostre prospettive, i nostri atteggiamenti, i nostri sentimenti molte volte annacquati in vino da festa. Egli è in grado di guarire i nostri cuori e ci invita più e più volte, settanta volte sette a ricominciare. Egli è sempre in grado di rendere nuove tutte le cose».

Parlare con i figli, giocare con loro. Vincere lo scoraggiamento di tanti adolescenti. Spezzare «la spirale della precarietà», che «non solo minaccia la stomaco, e questo è già molto, ma può minacciare perfino l’anima, ci può demotivare, toglierci forza e tentarci con strade o alternative di apparente soluzione ma che alla fine non risolvono nulla». Sono le esortazioni, spesso fuori dal testo, rivolte dal Papa alla sterminata distesa di famiglie che affollava lo stadio. «C’è una precarietà che può essere molto pericolosa, che può insinuarsi in noi senza che ce ne accorgiamo, ed è la precarietà che nasce dalla solitudine e dall’isolamento; l’isolamento è sempre un cattivo consigliere», il suo grido d’allarme. Il primo livello su cui combattere questo isolamento, ha proseguito Francesco, è «attraverso leggi che proteggano e garantiscano il minimo necessario affinché ogni famiglia e ogni persona possa crescere attraverso lo studio e un lavoro dignitoso». Poi c’è «l’impegno personale. Leggi e impegno personale sono un buon abbinamento per spezzare la spirale della precarietà».

Ancora, Francesco ha messo in guardia da quella «colonizzazione ideologica» che insinua l’idea della famiglia come un «modello ormai superato» e finisce per essere «distruttiva del nucleo familiare che è la base di ogni società». Certo, ha ammesso «vivere in famiglia non sempre è facile, spesso è doloroso e faticoso», ma «preferisco una famiglia ferita che ogni giorno cerca di coniugare l’amore, a una società malata per la chiusura e la comodità della paura di amare. Preferisco una famiglia con la faccia stanca per i sacrifici ai volti imbellettati che non sanno di tenerezza e compassione». La vita matrimoniale, secondo il Papa, «dovrebbe rinnovarsi ogni giorno. L’amore non è affatto facile, ma è la cosa più bella che un uomo e una donna possono darsi l’un l’altro per tutta la vita».

Pregando, alla fine, la vergine di Guadalupe, il Papa ha commentato che «ci dà la certezza che, attraverso la sua intercessione, questo sogno chiamato famiglia non sarà sconfitto dall’insicurezza e dalla solitudine. Lei è sempre pronta a difendere le nostre famiglie, il nostro futuro, è sempre pronta a darci coraggio donandoci il suo Figlio».

16 febbraio 2016