Francesco in Cile, dopo la Messa l’incontro con i giovani

La seconda giornata del pontefice nel Paese sudamericano si è aperta con una celebrazione nell’aerodromo di Maquehue. Poi il trasferimento nel santuario di Maipù: «Aiutateci a dare un volto giovane alla chiesa»

Più di 150mila persone hanno assistito ieri, 17 gennaio, alla Messa con Papa Francesco all’aerodromo di Maquehue, a Temuco. Qui il pontefice ha voluto salutare «in modo speciale i membri del popolo Mapuche, così come gli altri popoli indigeni che vivono in queste terre australi». In questo angolo di Cile, «si sono verificate gravi violazioni di diritti umani» per queste popolazioni. «Questa terra, se la guardiamo con gli occhi dei turisti – ha aggiunto il Papa – ci lascerà estasiati. Però dopo continueremo la nostra strada come prima. Se invece ci avviciniamo al suolo lo sentiremo cantare: “Arauco ha un dolore che non posso tacere, sono ingiustizie di secoli che tutti edono commettere”».

«Rimaniamo un minuto in silenzio, davanti
a tanto dolore e tanta ingiustizia», ha aggiunto a braccio. Poi la citazione della preghiera di Gesù nel Vangelo di Giovanni: che «tutti siano una cosa sola. In un’ora cruciale della sua vita si ferma a chiedere l’unità», ha commentato Francesco: «Il suo cuore sa che una delle peggiori minacce che colpisce e colpirà il suo popolo e tutta l’umanità sarà la divisione e lo scontro, la sopraffazione degli uni sugli altri. Quante lacrime versate». «Abbiamo bisogno gli uni degli altri nelle nostre differenze affinché questa terra possa essere bella», ha sintetizzato il Papa a proposito della «via della solidarietà come modo di tessere l’unità, come modo di costruire la storia». Essere «artigiani di unità», ha concluso, «è l’unica arma che abbiamo contro la “deforestazione” della speranza».

Dopo la Messa Francesco è andato a incontrare i giovani nel santuario di Maipù a Santiago. Erano le 17.30 locali (a Roma le 21.30). Prima di pronunciare il discorso, è stato portato al Papa il Simbolo dei giovani per il Sinodo. Poi i giovani hanno portato la Croce del Cile e hanno offerto al Papa un nastro, segno del sangue versato di Cristo, che Francesco ha collocato sulla Croce prima di iniziare a parlare. «Nel mio ministero episcopale – ha aggiunto il Papa -, ho potuto scoprire che ci sono molte, ma molte buone idee nei cuori e nelle menti dei giovani. Sono inquieti, cercatori, idealisti. Il problema è di noi adulti che, molte volte, con la faccia di sapientoni, diciamo: “Pensa così perché è giovane, presto maturerà”».

Poi il Papa ha spiegato il senso dell’imminente appuntamento ecclesiale dedicato proprio alle nuove generazioni: «Tenendo conto di tutta la realtà dei giovani, ho voluto realizzare quest’anno il Sinodo e, prima del Sinodo, l’Incontro dei giovani perché si sentano e siano protagonisti nel cuore della Chiesa; per aiutarci a far sì che la Chiesa abbia un volto giovane, non certo perché si fa un trattamento con creme rigeneranti, ma perché dal profondo del cuore si lascia interpellare, si lascia interrogare dai suoi figli per poter essere ogni giorno più fedele al Vangelo».

«La Santa madre Chiesa oggi ha bisogno di voi, che ci interpelliate. La Chiesa ha bisogno che voi diventiate maggiorenni spiritualmente, e abbiate il coraggio di dire: “Questo mi piace, questo non va bene, potete dire quello che pensate”». Il riferimento di Francesco è, in particolare, all’incontro per i giovani di tutto il mondo che si svolgerà a Roma la settimana prima della Domenica delle Palme: «Ho paura dei filtri», ha detto a braccio, «voglio ascoltarvi direttamente: è importante che voi parliate e non vi lasciate tacitare. Se non parlate, come possiamo aiutarvi?». Durante l’incontro dei giovani, saranno loro dunque i protagonisti: «Cattolici e non cattolici, cristiani e di altre religioni». «Quanto ha bisogno la Chiesa cilena di voi, per scuoterci e aiutarci ad essere più vicini a Gesù», ha esclamato Francesco: «Le vostre domande, il vostro voler sapere, il vostro voler essere generosi esigono da noi che siamo più vicini a Gesù. Tutti siamo chiamati ad essere vicini a Gesù».

Ultimo appuntamento della lunga giornata
quello con i membri dell’Università cattolica di Santiago; una «casa di studio» che nei suoi 130 anni di storia ha «offerto un servizio inestimabile al Paese». Educare alla convivenza per Francesco «non significa solo aggiungere valori al lavoro educativo, ma generare una dinamica di convivenza all’interno del sistema educativo stesso. Un tale processo di alfabetizzazione – ha spiegato il Papa – richiede di lavorare contemporaneamente all’integrazione delle diverse lingue che ci costituiscono come persone, ossia un’educazione (alfabetizzazione) che integri e armonizzi l’intelletto (la testa), gli affetti (il cuore) e l’azione (le mani). Ciò offrirà e consentirà la crescita degli studenti in maniera armonica non solo a livello personale ma, contemporaneamente, a livello sociale».

 

18 gennaio 2018