Francesco: «Chi ha il potere faccia tacere le armi»

Nel giorno di Natale, l’appello a porre fine alla «guerra insensata» in Ucraina e agli altri conflitti del nostro tempo, segnato da «una grave carestia di pace». L’esortazione ad «ascoltare la voce del Bambino», che dalla mangiatoia «dice vicinanza, povertà e concretezza»

Riscoprire il significato autentico del Natale, superando consumismo e brama di potere, e lasciarsi guidare da Gesù per mettere fine alla «carestia di pace» del nostro tempo. Intorno a queste due idee di fondo si sono sviluppate le riflessioni del Papa nell’omelia della Messa della Veglia di Natale e nel messaggio Urbi et Orbi pronunciato prima della benedizione dalla loggia della basilica di san Pietro. Con insistenti richiami alla politica e ai potenti perché si ponga fine alla «terza guerra mondiale» combattuta in tante parti del mondo. «Questa notte, che cosa dice ancora alle nostre vite?», si è chiesto il Papa durante la Messa. «Dopo molti Natali festeggiati tra addobbi e regali, dopo tanto consumismo che ha avvolto il mistero che celebriamo, c’è un rischio: sappiamo tante cose sul Natale, ma ne scordiamo il significato. E allora, come ritrovare il senso del Natale? E soprattutto, dove andare a cercarlo?». Francesco ha indicato la mangiatoia. Anche duemila anni fa il clima era quello frenetico del grande avvenimento, il censimento. Ma Dio ci parla dalla mangiatoia e «ci vuole dire almeno tre cose: vicinanza, povertà e concretezza».

Vicinanza, perché gli uomini affamati di potere e di denaro «consumano pure i loro vicini, i loro fratelli. Quante guerre! E in quanti luoghi, ancora oggi, la dignità e la libertà vengono calpestate! E sempre le principali vittime della voracità umana sono i fragili, i deboli. Anche in questo Natale un’umanità insaziabile di soldi, insaziabile di potere e insaziabile di piacere non fa posto, come fu per Gesù, ai più piccoli, a tanti nascituri, poveri, dimenticati. Penso soprattutto ai bambini divorati da guerre, povertà e ingiustizia. Ma Gesù viene proprio lì, bambino nella mangiatoia dello scarto e del rifiuto. In Lui, bambino di Betlemme, c’è ogni bambino. E c’è l’invito a guardare la vita, la politica e la storia con gli occhi dei bambini. Natale vuol dire che Dio è vicino: rinasca la fiducia!».

Poi la povertà: «La mangiatoia fa emergere le vere ricchezze della vita: non il denaro e il potere, ma le relazioni e le persone. E la prima persona, la prima ricchezza, è proprio Gesù. Ma noi vogliamo stare al suo fianco? Ci avviciniamo a Lui, amiamo la sua povertà? O preferiamo rimanere comodi nei nostri interessi? Soprattutto, lo visitiamo dove Lui si trova, cioè nelle povere mangiatoie del nostro mondo?». Senza i poveri, ha detto il Papa, «si festeggia il Natale, ma non quello di Gesù. A Natale Dio è povero: rinasca la carità!». E infine, concretezza: «Dalla mangiatoia alla croce, l’amore di Gesù per noi è stato tangibile, concreto: dalla nascita alla morte il figlio del falegname ha abbracciato le ruvidità del legno, le asperità della nostra esistenza. Non ci ha amato a parole, non ci ha amato per scherzo! Dio non vuole apparenza, ma concretezza. Non lasciamo passare questo Natale senza fare qualcosa di buono. Visto che è la sua festa, il suo compleanno, facciamogli regali a Lui graditi! A Natale Dio è concreto: nel suo nome facciamo rinascere un po’ di speranza in chi l’ha smarrita!».

Concetti ripresi anche nel messaggio Urbi et Orbi: «Gesù nasce in mezzo a noi, è Dio-con-noi. Viene per accompagnare il nostro vivere quotidiano, per condividere tutto con noi, gioie e dolori, speranze e inquietudini. Viene come bambino inerme. Nasce al freddo, povero tra i poveri. Bisognoso di tutto, bussa alla porta del nostro cuore per trovare calore e riparo», ha sottolineato il Papa. «Vinciamo il torpore del sonno spirituale e le false immagini della festa che fanno dimenticare chi è il festeggiato. Usciamo dal frastuono che anestetizza il cuore e ci induce a preparare addobbi e regali più che a contemplare l’Avvenimento: il Figlio di Dio nato per noi».

Francesco ha invitato a volgere lo sguardo a Betlemme ma liberandosi della «zavorra» che ci impedisce di camminare con Cristo: «Le stesse passioni negative che impedirono al re Erode e alla sua corte di riconoscere e accogliere la nascita di Gesù: cioè, l’attaccamento al potere e al denaro, la superbia, l’ipocrisia, la menzogna. Questi pesi impediscono di andare a Betlemme, escludono dalla grazia del Natale e chiudono l’accesso alla via della pace. E in effetti, dobbiamo constatare con dolore che, mentre ci viene donato il Principe della pace, venti di guerra continuano a soffiare gelidi sull’umanità». E ancora una volta il pensiero del Papa è andato ai bambini, prima di ricordare i tanti conflitti che continuano a seminare morte, distruzione e fame, a cominciare dall’Ucraina: «Il Signore ci renda pronti a gesti concreti di solidarietà per aiutare quanti stanno soffrendo, e illumini le menti di chi ha il potere di far tacere le armi e porre fine subito a questa guerra insensata! Purtroppo, si preferisce ascoltare altre ragioni, dettate dalle logiche del mondo. Ma la voce del Bambino, chi l’ascolta? Il nostro tempo sta vivendo una grave carestia di pace anche in altre regioni, in altri teatri di questa terza guerra mondiale», ha proseguito il Papa, citando la Siria e la Terra Santa, «perché là, nella terra» che ha visto nascere Gesù «riprendano il dialogo e la ricerca della fiducia reciproca tra palestinesi e israeliani». E ancora, Libano, Sahel, Yemen, Myanmar e Iran, le tensioni sociali in America latina, le crisi alimentari in Afghanistan e nel Corno d’Africa. Per finire con il pensiero rivolto a poveri, rifugiati ed emarginati: «Lasciamoci commuovere dall’amore di Dio, e seguiamo Gesù, che si è spogliato della sua gloria per farci partecipi della sua pienezza».

27 dicembre 2022