Il Papa ai Missionari della misericordia: «Aprite le porte dei cuori»

Durante la Messa del mercoledì delle Ceneri, il Papa dà il “mandato” ai 1142 confessori che raggiungeranno ogni parte del mondo

Durante la Messa del mercoledì delle Ceneri, Francesco dà il “mandato” ai 1142 confessori che raggiungeranno ogni parte del mondo

A guardare dall’alto la navata centrale di San Pietro, la prima cosa che salta agli occhi è una distesa di bianco a ridosso dell’altare della Cattedra. È l’effetto dei camici, regalati da Papa Francesco ai Missionari della misericordia. Sono in 726 a concelebrare con il Pontefice la Messa del Mercoledì delle Ceneri. Complessivamente saranno 1142 a essere inviati, in ogni diocesi del mondo, per assolvere i fedeli di tutti i peccati, compresi quelli solitamente riservati alla Santa Sede. Inizia così la Quaresima del Giubileo della misericordia, con una Messa celebrata non sul colle dell’Aventino ma, straordinariamente, nella basilica vaticana, accanto alle spoglie dei santi confessori padre Pio e Leopoldo Mandic.

L’omelia di Francesco, sin dai primi passaggi, individua un doppio interlocutore. Il Papa parla ai peccatori e ai confessori, invitando i fedeli ad accostarsi al perdono rifuggendo «tre ostacoli che chiudono le porte del cuore»: la tentazione di «blindare le porte», quella di avere vergogna di aprirle e, infine, di allontanarsi, da quelle porte. «Riconoscersi bisognosi di misericordia è il primo passo del cammino cristiano», ricorda il Papa, «si tratta di entrare attraverso la porta aperta che è Cristo». Ma «da soli non siamo in grado, abbiamo bisogno di perdono per compiere il bene», e Dio, essendo «più grande del nostro cuore», «vince il peccato e ci rialza delle miserie, se gliele affidiamo».

Ecco quindi il riferimento alle «porte blindate», la tentazione di «convivere col proprio peccato, minimizzandolo, giustificandosi sempre, pensando di non essere peggiori degli altri». In questo caso, prosegue con la metafora Francesco, «si chiudono le serrature dell’anima e si rimane chiusi dentro, prigionieri del male». C’è anche chi ha vergogna ad aprire la porta segreta del cuore. È il secondo ostacolo indicato dal Papa: «La vergogna non deve mai trasformarsi in timore o paura», è «un buon sintomo, perché indica che vogliamo staccarci dal male». E se dalla porta del cuore ci si allontana? È forse l’insidia più ostica: «succede quando ci rintaniamo nelle nostre miserie, quando rimuginiamo, collegando fra loro le cose negative, fino a inabissarci nelle cantine più buie dell’anima». In questi casi – continua Francesco – «diventiamo persino familiari della tristezza che non vogliamo, ci scoraggiamo e siamo più deboli di fronte alle tentazioni».

Ai confessori, tra i quali anche i missionari della misericordia che riceveranno dal Papa il mandato prima della benedizione finale, Francesco assegna quindi un triplice compito: «Aiutare ad aprire le porte dei cuori, superare la vergogna, non fuggire dalla luce». Le «vostre mani benedicano e risollevino i fratelli e le sorelle con paternità; che attraverso di voi lo sguardo e le mani del Padre si posino sui figli e ne curino le ferite». L’invito di Dio è quello espresso per mezzo del profeta Gioele, il Papa lo dice chiaramente: «Ritornate a me con tutto il cuore». Ma quanto è difficile: «tutti vediamo come facciamo fatica ad avere veramente fiducia in Dio, ad affidarci a Lui come Padre».

C’è una via, quella del Vangelo, e in particolare quella che il Vangelo di Matteo – che apre la quaresima – ci indica, invitandoci a «esserne protagonisti, abbracciando tre rimedi, tre medicine che guariscono dal peccato». La preghiera in primo luogo, che «significa dire: “non sono autosufficiente, ho bisogno di Te, Tu sei la mia vita e la mia salvezza”, la carità, che non è dare qualcosa in modo paternalistico per acquietarsi la coscienza, ma accettare chi ha bisogno del nostro tempo, della nostra amicizia, del nostro aiuto», e il digiuno, la penitenza, «per liberarci dalle dipendenze nei confronti di quello che passa e allenarci a essere più sensibili e misericordiosi. È un invito alla semplicità e alla condivisione: togliere qualcosa dalla nostra tavola e dai nostri beni per ritrovare il bene vero della libertà».

Concludendo l’omelia, il Papa fa riferimento alla quaresima come «un tempo di benefica “potatura” delle falsità, della mondanità, dell’indifferenza: per non pensare che tutto va bene se io sto bene; per capire che quello che conta è la pulizia del cuore e della vita; per ritrovare l’identità cristiana, cioè l’amore che serve, non l’egoismo che si serve». Mettiamoci in cammino, «ricevendo le Ceneri e tenendo fisso lo sguardo sul Crocifisso». Le stesse ceneri che poco dopo il cardinale arciprete di San Pietro, Angelo Comastri, impone sul capo del Papa. L’offertorio è un altro momento importante della Messa: il pane e il vino sono portati all’altare dalla famiglia Sicari «idealmente unita a san Pio e a san Leopoldo nell’accettare con fede il grande mistero della sofferenza»: la piccola Mariangela è nata alla 28ma settimana di gestazione. Avere lo sguardo fisso sul Crocifisso – appunto -, su Colui, conclude il Papa, che «amandoci ci invita a lasciarci riconciliare con Dio e a ritornare con Lui, per ritrovare noi stessi».

 

 

11 febbraio 2016