Francesco ai detenuti: «Ipocrita chi vede per voi solo il carcere»

Celebrato a San Pietro il Giubileo dei carcerati. Il Papa: «Mai perdere la speranza che è dono di Dio». Poi chiede ai governi un atto di clemenza

Celebrato a San Pietro il Giubileo dei carcerati. Il Papa: «Mai perdere la speranza che è dono di Dio». Poi chiede ai governi un atto di clemenza 

giubileo_carcerati-3Erano mille i detenuti che hanno partecipato al Giubileo dei carcerati celebrato nel fine settimana e concluso domenica 6 novembre con la Messa celebrata da Papa Francesco a San Pietro e con l’Angelus durante il quale il pontefice ha chiesto «un atto di clemenza» alle autorità. La stragrande maggioranza provenivano dai penitenziari italiani, oltre a un gruppo di 35 spagnoli. Sono arrivati insieme ai familiari, ai cappellani, ai volontari. Venivano dal carcere femminile di Rebibbia, accompagnate dalla direttrice, e da Regina Coeli, dai penitenziari milanesi di Bollate e di Opera, i cui reclusi hanno fatto le ostie usate nella Messa, da quello palermitano dell’Ucciardone e da Cosenza. Da Puglia e Basilicata sono arrivati due bus con i carcerati che indossavano una maglietta con la scritta «Non lasciatevi rubare la speranza».

Accanto all’altare, insieme alla Madonna della Mercede, protettrice dei prigionieri, è stato esposto il grande Crocifisso ligneo del Trecento appena restaurato. E sotto il loro sguardo Papa Francesco ha parlato ai detenuti e ai loro cari di speranza. «La speranza di rinascere a una vita nuova è quanto siamo chiamati a fare nostro per essere fedeli all’insegnamento di Gesù. La speranza è dono di Dio. Dobbiamo chiederla. Essa è posta nel più profondo del cuore di ogni persona perché possa rischiarare con la sua luce il presente, spesso turbato e offuscato da tante situazioni che portano tristezza e dolore. Abbiamo bisogno di rendere sempre più salde le radici della nostra speranza, perché possano portare frutto. In primo luogo, la certezza della presenza e della compassione di Dio, nonostante il male che abbiamo compiuto».

E, insieme alla speranza, l’esperienza della misericordia: «Dove c’è una persona che ha sbagliato – ha detto il Papa – là si fa ancora più presente la misericordia del Padre, per suscitare pentimento, perdono, riconciliazione, pace. Oggi celebriamo il Giubileo della Misericordia per voi e con voi, fratelli e sorelle carcerati. Ed è con questa espressione dell’amore di Dio, la misericordia, che sentiamo il bisogno di confrontarci. Certo, il mancato rispetto della legge ha meritato la condanna. Eppure, la speranza non può venire meno». Ed ha aggiunto: «La speranza è la prova interiore della forza della misericordia di Dio, che chiede di guardare avanti e di vincere, con la fede e l’abbandono in Lui, l’attrattiva verso il male e il peccato. Cari detenuti, è il giorno del vostro Giubileo! Che oggi, dinanzi al Signore, la vostra speranza sia accesa. Il Giubileo, per la sua stessa natura, porta con sé l’annuncio della liberazione. Non dipende da me poterla concedere ma suscitare in ognuno di voi il desiderio della vera libertà è un compito a cui la Chiesa non può rinunciare».

giubileo_carcerati-2Poi una stoccata a chi vede il carcere come unico rimedio: «A volte, una certa ipocrisia spinge a vedere in voi solo delle persone che hanno sbagliato, per le quali l’unica via è quella del carcere. Io vi dico: ogni volta che entro in un carcere mi domando: “Perché loro e non io?”. Tutti abbiamo la possibilità di sbagliare: tutti. In una maniera o nell’altra abbiamo sbagliato. E l’ipocrisia fa sì che non si pensi alla possibilità di cambiare vita: c’è poca fiducia nella riabilitazione, nel reinserimento nella società» ha sottolineato il Papa. Quindi un incoraggiamento: «Nessuno di voi si rinchiuda nel passato. Certo, la storia passata, anche se lo volessimo, non può essere riscritta. Ma la storia che inizia oggi, e che guarda al futuro, è ancora tutta da scrivere, con la grazia di Dio e con la vostra personale responsabilità. Imparando dagli sbagli del passato, si può aprire un nuovo capitolo della vita. Non cadiamo nella tentazione di pensare di non poter essere perdonati». Toccanti le testimonianze prima della celebrazione, in particolare quella di una madre, Elisabetta, e dell’uomo che ha ucciso suo figlio, condannato all’ergastolo: una storia di perdono, di un abbraccio che ha cambiato la vita di chi ha commesso un delitto così grave.

All’Angelus infine il Papa ha lanciato un appello per il «miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri, affinché sia rispettata pienamente la dignità umana dei detenuti». E ribadendo quanto aveva già detto durante l’omelia, ha invitato a «riflettere sulla necessità di una giustizia penale che non sia esclusivamente punitiva ma aperta alla speranza e alla prospettiva di reinserire il reo nella società», chiedendo alle «competenti autorità civili la possibilità di compiere, in questo Anno Santo della Misericordia, un atto di clemenza verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento».

7 novembre 2016