Francesco ai catechisti: «Solo amando si annuncia Dio-Amore»

Oltre 15mila a San Pietro per celebrare il loro Giubileo con il Papa. «Grazie per il vostro impegno nella Chiesa al servizio dell’evangelizzazione»

Oltre 15mila a San Pietro per celebrare il loro Giubileo con il Papa. «Grazie per il vostro impegno nella Chiesa al servizio dell’evangelizzazione»

«Chi vive per sé non fa la storia. E un cristiano deve fare la storia». Francesco, a tratti, parla a braccio. E parla con forza. Ad ascoltarlo, durante la Messa che conclude il loro Giubileo, ieri, domenica 25 settembre, oltre quindicimila catechisti, giunti da tutto il mondo in piazza San Pietro. Il Papa ricorda loro «l’annuncio principale della fede: Il Signore è risorto. Non ci sono contenuti più importanti, nulla è più solido e attuale». Nella sua omelia, si sofferma a commentare la lettera di Paolo a Timoteo in cui viene presentato il «comandamento nuovo» di Gesù: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». È amando, afferma il Papa, «che si annuncia Dio-Amore: non a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a qualche obbligo religioso o morale. Dio si annuncia incontrando le persone, con attenzione alla loro storia e al loro cammino. Perché il Signore non è un’idea ma una Persona viva: il suo messaggio passa con la testimonianza semplice e vera, con l’ascolto e l’accoglienza, con la gioia che si irradia».

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Poi Francesco spiega il senso del brano del Vangelo, che propone la parabola del ricco indifferente e del povero Lazzaro: «Questo ricco, in realtà, non fa del male a nessuno, non si dice che è cattivo. Ha però un’infermità più grande di quella di Lazzaro: questo ricco soffre di una forte cecità perché non riesce a guardare al di là del suo mondo, fatto di banchetti e bei vestiti». Francesco fa notare che il povero è l’unico personaggio delle parabole di Gesù ad avere un nome e traccia la condizione interiore vissuta dal ricco. «Non vede con gli occhi – dice ai catechisti – perché non sente col cuore. Nel suo cuore è entrata la mondanità che anestetizza l’anima. La mondanità è come un “buco nero” che ingoia il bene, che spegne l’amore, perché fagocita tutto nel proprio io. Allora si vedono solo le apparenze e non ci si accorge degli altri, perché si diventa indifferenti a tutto. L’insensibilità di oggi scava abissi invalicabili per sempre. E noi siamo caduti, in questo momento, in questa malattia dell’indifferenza, dell’egoismo, della mondanità».

giubileo_catechisti_25sett2016_3Ecco, dunque, le conseguenze di questo stato: «Chi soffre questa grave cecità assume spesso comportamenti “strabici”: guarda con riverenza le persone famose, di alto rango, ammirate dal mondo, e distoglie lo sguardo dai tanti Lazzaro di oggi, dai poveri e dai sofferenti che sono i prediletti del Signore». Ma il Papa ai catechisti assegna un mandato: «Come servitori della parola di Gesù siamo chiamati a non ostentare apparenza e a non ricercare gloria; nemmeno possiamo essere tristi e lamentosi. Chi annuncia la speranza di Gesù è portatore di gioia e vede lontano, perché sa guardare al di là del male e dei problemi. Al tempo stesso vede bene da vicino, perché è attento al prossimo e alle sue necessità».

Durante l’Angelus, al termine della Messa, Papa Francesco ha salutato e ringraziato i catechisti, che si erano già ritrovati, in piazza San Pietro, nel 2013, in occasione dell’Anno della Fede. «Grazie per il vostro impegno nella Chiesa al servizio dell’evangelizzazione, nella trasmissione della fede – ha detto -. La Madonna vi aiuti a perseverare nel cammino della fede e a testimoniare con la vita ciò che trasmettete nella catechesi». Sul sagrato è stata posta, infatti, l’icona di Maria Stella dell’Evangelizzazione, come a voler sottolineare la protezione di Maria sui catechisti e il loro importante ruolo nel trasmettere la fede. La Messa celebrata dal Papa è stata l’ultimo atto di tre giorni ricchi di momenti di riflessione e preghiera, testimonianze, catechesi per gruppi linguistici, adorazioni eucaristiche e confessioni in alcune chiese romane. Il tema centrale delle riflessioni è stato la contemplazione della misericordia a partire dal motto di Papa Francesco: “Miserando atque eligendo”. Tema sul quale i partecipanti hanno meditato stringendo tra le mani una riproduzione dell’opera di Caravaggio, la “Vocazione di San Matteo”, che raffigura il momento della sua chiamata, espressione di misericordia. Proprio il dipinto custodito nella Chiesa di San Luigi dei Francesi ha ispirato il Papa nella scelta del suo motto.

26 settembre 2016