Francesco a Nuovi Orizzonti: «L’amore è sempre fecondo»

Visita a sorpresa alla Cittadella Cielo: «Voi siete stati chiamati, guardati, vinti, accarezzati». La fondatrice Amirante: «Abbiamo toccato il cielo con un dito»

«Una carezza dal cielo per me e per tutti i ragazzi che vengono da storie molto pesanti». Ai microfoni del Tg2000 – il telegiornale di Tv2000 – la fondatrice della comunità Nuovi Orizzonti Chiara Amirante racconta così la visita a sorpresa di Papa Francesco alla “Cittadella Cielo” di Frosinone nella mattina di ieri, 24 settembre. La struttura di accoglienza, collegata alla comunità fondata da Amirante nel 1993, ospita in questi giorni i lavori del Consiglio centrale di Nuovi Orizzonti. «Abbiamo toccato il cielo con un dito – le parole di Amirante -. È stata una sorpresa pazzesca e la gioia è stata incontenibile. La cosa più bella è stata vivere una giornata in famiglia con Papa Francesco». Al centro, i «nuovi inferni» vissuti da tanti ragazzi della comunità, «spesso invisibili ma drammatici e terribili».

In tanti, nel corso della visita, hanno “consegnato” al pontefice le loro esperienze: storie «di sguardi», le ha definite Francesco. Storie che hanno condotto fino all’incontro con quello sguardo – «uno» – che «non era come gli altri, era quello soltanto: uno sguardo che ti ha guardato con amore. Anch’io conosco quello sguardo. E quando quello sguardo ti ha amato, e ti ha fatto sentire che ti amava, ti ha anche preso per mano, dagli inferi». È così che opera «il Signore della pazienza», ha spiegato il Papa: « Ti aspetta e mai fa forza per andare avanti, perché Lui sa che con quel primo sguardo è entrato nel tuo cuore, Lui sa che una volta che si sente l’amore non si può tornare indietro».

Davanti alle domande dei giovani della comunità, il pontefice ha riconosciuto di non avere tutte le risposte «perché non so, non mi viene, non ci sono spiegazioni per una vita, non ci sono modi di chiarire – ha affermato -. C’è il mistero, il mistero di un Dio che ci ha tolti dagli inferi, il mistero di un Dio che si è fatto vicino, che mi ha guardato, che mi ha amato, che mi ha parlato, che ha vinto le mie resistenze. E questo è quello che a me piace dirvi. Voi siete un mistero. Quando io ho sentito le vostre testimonianze – ha rivelato -, mi sono sentito davanti a un mistero, il mistero dell’incontro di una persona con Gesù. Io posso soltanto rispondere sottolineando il mistero, ma non con le parole, no».

Ai giovani di Nuovi Orizzonti Francesco – accompagnato, tra l’altro, dal cantante Andrea Bocelli – ha affidato una certezza: «Voi siete stati chiamati, guardati, vinti, accarezzati: la carezza di Gesù. Gesù, qui, ci insegna una cosa bella: che l’unico gesto, l’unica volta nella vita in cui si è pienamente umani nel guardare una persona dall’alto in basso, è per aiutarla a sollevarsi. L’unica. Il nostro Dio è vicino – ha proseguito -. Non è un Dio lontano, Gesù non è lontano. Si è fatto Gesù per camminare con noi, per fare questo gesto: alzarci; per riempire il cuore, per guardarci con amore, per parlarci con quella voce che solo Lui ha, per vincere la battaglia dei desideri un po’ confusi che noi non riusciamo a capire».

Ancora, il Papa ha ricordato che «Gesù non ci toglie la libertà di tornare indietro ma c’è una soglia definitiva». E per spiegarsi ha fatto riferimento alla morte in croce di Gesù: i «segni» della morte – il coltello, i chiodi, tutti i segni della morte di Gesù  «cadono. Sono loro ad andare all’inferno, io ne sono uscito. Ma se ognuno di noi, dopo lo sguardo, dopo la chiamata, dopo la vittoria di Gesù, vuole portarsi uno di questi, ancora gli manca qualcosa. Si porta un dolore, si porta un risentimento, una nostalgia… No, devono cadere tutte, e cadono». Questo, ha continuato, «è il segno che io ho visto in tutti voi. Il mio ancora non l’ho visto. Mi porto qualcosa dentro – ha proseguito -, quel “ma, però…”, la logica del “ma”». Invece «quando il Signore ci guarda, ci parla, ci invita, ci vince, il “ma” cade».

Nelle parole di Francesco, la certezza incrollabile che «l’amore sempre è fecondo. Spiritualmente, fisicamente, umanamente. Sempre è fecondo». Come feconda è anche la testimonianza dei giovani: «Un seminare, non l’idea ma il fatto che Dio è amore, che Dio ci vuole bene, che ci sta cercando ogni momento, che è accanto a noi, che ci prende per mano per salvarci». Quindi, il monito: «La vita, se non è feconda, non serve. Per questo il Signore, ogni volta che ci ha guardato, che ci ha parlato, che ha vinto in noi, che ci ha accarezzato, sempre ci dice quello che aveva detto all’indemoniato di Gerasa: “Vai dal tuo popolo e racconta le meraviglie”». L’invito, allora, è a essere «uomini e donne del Magnificat», capaci di andare a raccontare che «Dio è con me. Mi ha preso per mano e mi ha tolto dall’inferno».

Indubbiamente, ha riconosciuto poi il pontefice celebrando la Messa con la comunità, «è più difficile risistemare una vita che far crescere un bambino. Bisogna cambiare mentalità». Commentando, nell’omelia, la narrazione della ricostruzione del tempio descritta nel libro di Esdra, ha sottolineato che «anche la ricostruzione di una vita è una grazia, non meritata, e bisogna difenderla, con il lavoro e anche con la lotta, per non lasciare che i mercanti della distruzione tornino a fare di questa vita un mucchio di pietre, di rovine, di mattoni». E ha ricordato le testimonianze di “ricostruzione” ascoltate nel corso della visita: «Quel lavoro va difeso e da soli non possiamo, dobbiamo farci aiutare dall’unico Vincitore, dall’unico che è capace di vincere in noi, e questa è la radice della nostra speranza. Noi – ha ammonito – non possiamo costruire le nostre vite, non possiamo mantenere il tempio della nostra vita in piedi, bene, senza Gesù, senza la fiducia in Gesù. È Lui che ci aiuterà in questo». I mattoni in una mano, la spada nell’altra: questa l’immagine consegnata dal Papa ai giovani di Nuovi Orizzonti, insieme all’invito ad «avere la voglia di ricostruire sempre» la propria vita. Ad «andare avanti».

25 settembre 2019