Francesco a Corviale: «Chiediamo la grazia di toccare Gesù Risorto»

Il Papa ha visitato la parrocchia di San Paolo della Croce. Al piccolo Emanuele che ha perso il papà: «Non era credente ma era un brav’uomo. Dio non l’avrebbe lasciato lontano da sé»

Il pianto a dirotto del piccolo Emanuele è stato il momento più toccante della visita effettuata da Papa Francesco nella parrocchia di San Paolo della Croce, a Corviale, ieri pomeriggio, domenica 15 aprile. Con altri tre bambini del catechismo e dell’oratorio, Leonardo, Carlotta ed Edoardo, il piccolo Emanuele aveva preparato una domanda da porre a Bergoglio ma quando è giunto il suo turno il bambino ha sussurrato un timido «non ce la faccio», prima di scoppiare a piangere. Francesco lo ha quindi invitato ad avvicinarsi ed Emanuele si è accoccolato tra le sue braccia sfogando tutto il suo dolore. Ha spiegato al pontefice che il suo papà, morto tre anni fa, non era credente ma era «un brav’uomo» e aveva comunque accettato di far battezzare i suoi quattro figli.

Da quando è morto il bambino si tormenta
chiedendosi se il genitore si trovi in paradiso o all’inferno. Il Santo Padre, dopo aver chiesto al piccolo il permesso di spiegare il motivo della sua sofferenza, lo ha rassicurato. «Il tuo papà non aveva il dono della fede ma ha fatto battezzare i figli, aveva il cuore buono e lo dimostra l’aver cresciuto figli come te – ha detto Francesco -. Sicuramente a Dio questo è piaciuto tanto e non lo avrebbe lasciato lontano da sé, sicuramente era fiero del tuo papà perché è più facile battezzare i figli quando si è credenti. Parla con il tuo papà e prega per lui. Magari tutti noi potessimo piangere come te ed avere il coraggio di esternare i nostri sentimenti».

Giungendo con largo anticipo a Corviale, Bergoglio ha voluto prima compiere in macchina un lungo giro intorno al “serpentone” l’imponente costruzione di nove piani, lunga un chilometro, che racchiude dentro di sé un intero quartiere nella periferia ovest della Capitale. Per un pomeriggio i problemi, le carenze strutturali, il degrado, la mancanza di servizi essenziali, l’assenza di citofoni e cassette postali prese di mira dai vandali, sono stati accantonati per lasciare spazio all’abbraccio del Vescovo di Roma che ha voluto salutare, benedire, dare parole di conforto a tutti. Ai piedi del serpentone si respiravano sentimenti di commozione ma soprattutto di speranza, quella di tornare ad essere protagonisti della vita di una Roma nella quale oggi si sentono scartati e abbandonati, principalmente dalle istituzioni. La visita del Papa ha acceso i riflettori su un quartiere dimenticato e i cittadini sono contenti anche perché grazie al suo arrivo sono state tappate le buche per strada.

Ai balconi erano stati affissi tanti striscioni per dare il benvenuto a Papa Francesco. Su uno era stato scritto il titolo dell’ultima esortazione apostolica “Rallegratevi ed esultate”, un altro recitava “La realtà si vede meglio dalla periferie”, e un gruppo di bambini reggeva un cartellone con scritto “Papa Francesco vieni a giocare con noi”. Sul piazzale della parrocchia Bergoglio era atteso da monsignor Angelo de Donatis, vicario generale della diocesi di Roma, monsignor Paolo Selvadagi, vescovo ausiliare per il settore Ovest, il parroco don Roberto Cassano e i sacerdoti della Comunità dell’Incarnazione che vivono e hanno dato vita ad un monastero al quarto piano dell’edificio, quello oggi occupato da molti inquilini abusivi.

Nel campetto parrocchiale, il Papa ha risposto alle domande dei bambini. A Leonardo che gli chiedeva quale fosse il brano del Vangelo preferito ha risposto a patto che, tornati a casa, i bambini fossero andati a rileggerselo. Ha spiegato che il Vangelo è pieno di passi bellissimi ma lui predilige la chiamata dell’apostolo Matteo perché si vede la «forza di Gesù nel cambiare i cuori e di trasformare quello di un affarista e traditore della patria in quello di un evangelista, di un santo». A Carlotta che gli ha domandato se anche i non battezzati fossero figli di Dio ha spiegato che «siamo tutti figli di Dio anche i non battezzati, quelli che credono in altre religioni, che hanno idoli, anche i mafiosi che però preferiscono comportarsi come figli del diavolo. Dobbiamo pregare perché si convertano». Edoardo era invece curioso di sapere cosa avesse provato dopo l’elezione al soglio pontificio. Francesco ha affermato di non avere provato né paura né gioia particolare ma solo che Dio l’aveva chiamato. «Ho avvertito una grande pace che si sente quando Dio ti chiama – ha risposto -. Mi sono alzato e sono andato avanti, non ho sentito niente di spettacolare». Successivamente Bergoglio ha incontrato gli anziani e gli ammalati e ha invitato loro a non perdere la speranza seppur afflitti da tanti problemi e dolori. Si è quindi intrattenuto in forma strettamente privata con dieci uomini tra i 25 e i 40 anni agli arresti domiciliari o in semilibertà che hanno incontrato il Papa con le loro famiglie. Operano tutti nell’associazione “Piacca” che si occupa del reinserimento lavorativo di chi ha commesso reati e ha problemi con la giustizia.

Nell’omelia ha invitato la comunità ad essere gioiosa e a «far entrare nel cuore la verità della resurrezione di Cristo. Non abbiate paura perché Gesù è risorto e vivo e ci rinnova mentre il peccato ci invecchia. Chiediamo al Signore la grazia che la gioia non ci impedisca di credere, la grazia di toccare Gesù risorto, nell’incontro con la preghiera, nei sacramenti, con il suo perdono che è la rinnovata giovinezza della Chiesa, nell’incontro con gli ammalati, i carcerati, i più bisognosi, i bambini e gli anziani».

Facendo il parroco a Corviale, don Roberto ha compreso le due espressioni spesso usate da Bergoglio “periferie esistenziali” e “chiesa in uscita”. «Mi sono considerato parroco di due parrocchie – ha detto al termine della Messa- una “ad intra”, dei fedeli che cercano di vivere con serenità la propria fede mettendosi generosamente al servizio dei fratelli, e una “ad extra”, quella del palazzo con tanti problemi ma con altrettante brave persone. Ogni occasione è buona per andare a trovarle a casa. È difficile, faticoso e a volte umiliante ma assolutamente gratificante quando si torna a casa e si è soddisfatti di aver tentato di fare qualcosa».

16 aprile 2018