Formazione in oratorio, «cambiare rotta»

Le sollecitazioni di don Fabio Rosini e dello psicologo Roberto Mauri al seminario organizzato dal Cor. L’appello a « educatori empatici», la mancanza di alcuni pilastri

Nuove prospettive con la traccia di un nuovo percorso sulla formazione in oratorio. È stato il tema affrontato sabato 12 ottobre dal Centro oratori romani nel seminario “Vino nuovo in otri nuovi. Educatori per l’oratorio che verrà”, nella Sala Tiberiade del Seminario Romano Maggiore. Un appuntamento che mancava dal 2019, prima della pandemia, «ma ora vogliamo ripartire condividendo idee, suggestioni e avere dunque un momento di rilancio», ha spiegato Fabrizio Lo Bascio, coordinatore del Centro studi pastorali del Cor.

A introdurre la mattina, dedicata a educatori e responsabili di oratori, è stato don Fabio Rosini, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria, che ha approfondito il carisma educativo del catechista di oratorio rivolgendosi ai circa cento educatori presenti. Avere nuovi spunti per il futuro significa, secondo don Rosini, «avere una nuova concezione delle opere che come cristiani siamo chiamati a compiere con un nuovo collegamento tra l’annunzio e la prassi». Per il sacerdote, infatti, si deve uscire dalla «smania di porre in essere opere a più non posso e fini a se stesse, ma percorrere la strada di agire per il bene del prossimo con un fine più ampio, dunque pensando ai frutti del giorno dopo».

Il carisma dell’educatore, dunque, deve «rifuggire dalla pratica del censore, del moralismo, del ditino alzato, delle bastonate». Infatti, ha spiegato Rosini, il concetto di formazione che presuppone di imporre una forma precisa a una persona «è un atto violento e non cristiano», al contrario l’educatore deve essere molto più vicino, empatico, collegato alla realtà dei giovani stessi. Le persone non vanno dunque cambiate, ma vanno valorizzate, plasmate secondo le varie peculiarità».

Proprio sulla sfida di ricercare nuove forme pastorali e di prossimità nei confronti dei ragazzi è intervenuto Roberto Mauri, autore del libro “Campo Base. L’oratorio che verrà?”, psicologo, psicoterapeuta e cofondatore del Centro studi Missione Emmaus. Mauri è stato volutamente provocatorio nel far emergere alcuni problemi attuali dell’esperienza oratoriana per dare una scossa, stimolare i presenti. Innanzitutto, ha sottolineato, «bisogna cambiare rotta sui giovani, perché oggi gli oratori sono pieni di bambini e di genitori ma mancano gli adolescenti, che dovrebbero essere un pilastro».

Gli altri tre pilastri su cui si è chiamati a lavorare sono le guide carismatiche, l’identità cristiana e la territorialità. Anche questi ultimi «mancano oggi, perché ci sono sempre più problemi ad avere una propria identità come parrocchia, quartiere, territorio e perché troppo spesso gli oratori per essere, giustamente, inclusivi e accogliere tutti, perdono la componente di fede cristiana» finendo per essere dei semplici centri dove si gioca a pallone. «Nulla di sbagliato, ovviamente – ha chiarito – ma questo non deve significare far venire meno l’annuncio di Cristo». Un nuovo oratorio – ha concluso Mauri – «sarà frutto di un sogno ma non si sogna mai due volte la stessa cosa. Bisogna quindi sognare qualcosa di nuovo».

Sul nuovo corso è intervenuto Lo Bascio: «Le proposte – ha raccontato – in realtà consistono in un rinnovato modo di intendere il Cor, non un “centro servizi” ma come una sorta di parcellizzazione, delocalizzando, dunque in un’ottica di accompagnamento reciproco con tutte le varie parrocchie, senza sostituirsi a loro». Su questa strada va la nuova idea che il Cor ha sull’imminente Giubileo, per il quale «penseremo non tanto a nuove attività, quanto a come stare accanto alle parrocchie», anche con la partecipazione attiva nella Commissione per il Giubileo degli adolescenti, che si terrà dal 25 al 28 aprile 2025.

14 ottobre 2024