Fisichella: il magistero di Francesco, tra misericordia e discernimento

Il presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione fa il punto, in un incontro al Centro culturale della XIX prefettura, sulla Chiesa di Francesco e sulla sua riforma. L’obiettivo delle «porte aperte»

Sembra quasi un motorino gettato a terra, invece è una persona avvolta nelle coperte per ripararsi dall’umidità dopo una giornata di pioggia. Roma la sera è piena di questi fagotti di coperte sotto cui si avvolgono sogni, storie, incertezze. Sono loro al centro del pontificato di Papa Francesco. «Quando Bergoglio parla della cultura dello scarto fa una denuncia mondiale», dice l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, in un incontro che si è svolto ieri sera al Centro culturale della XIX prefettura, presso il teatro della parrocchia di San Giovanni Battista De Rossi. «Con i poveri Francesco ha chiuso a San Pietro il Giubileo della misericordia nel 2016 e con loro ha aperto il suo ministero petrino, immaginando una Chiesa dalle porte aperte, capace di toccare la carne viva dell’uomo. Infatti – aggiunge Fisichella – è per le opere di misericordia che passa la rivoluzione culturale. I poveri chiedono di essere conosciuti come i portatori del Vangelo». Sono loro che si riparano dal freddo delle porte chiuse e dei cuori anestetizzati. Ecco, dunque, che si delinea la geografia di un papato che guarda ai margini per ridare vitalità al cuore.

Incalzato dalle domande del vaticanista dell’Adn-Kronos Enzo BUonaiuto, l’arcivescovo ha centrato il tema della serata: “Dove sta andando la Chiesa di Papa Francesco? Tra riforme e resistenze”.  E proprio sulle riforme precisa: «Non c’è discontinuità relativamente alla dottrina nei pontificati tra Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Nessuno dei Papi ha copiato dal predecessore, ognuno ha mantenuto la sua personalità. Anche di Wojtyla si diceva che dissacrava il papato. I primi anni del suo pontificato furono molto difficili». Quindi continuità nella dottrina ma differenza di stile. «In atto c’è una riforma delle strutture che rischiano di imbrigliare l’azione pastorale della Chiesa. L’altro rischio – incalza ancora Fisichella – è l’autoreferenzialità. A me non è piaciuto iniziare dallo Ior perché penso che non era l’immagine che dovevamo dare. È stato come dire che si partiva dal denaro. Al primo posto non ci sono le finanze ma il Vangelo. Vorrei chiarire anche che non è vero che tutta la Chiesa è corrotta. L’errore di pochi non deve travolgere tutti».

Non tralascia nemmeno il tema della pedofilia, il presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione. «Benedetto XVI ha affrontato in modo molto serio questo problema e Papa Francesco sta continuando». Riguardo alle riforme poi l’altra parola chiave è “sinodalità”. «Per la tradizione latina va studiata ad hoc. Noi conosciamo la tradizione sinodale delle Chiese ortodosse dove non c’è il primato del Papa. Quindi il tema è: come deve essere vissuto il primato del Papa – spiega -. È strumentale dire che Francesco sta cambiando tutto perché questo tema era già stato affrontato da Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint del 1995». La riforma, continua ancora Fisichella, «va fatta a partire dalle strutture perché queste possono essere di impedimento all’evangelizzazione. Il che vuol dire comunicare il Vangelo, aprire le porte». E tocca il tema del matrimonio: «Il diritto canonico ha fagocitato la dimensione sacramentale. Credo che non servano i corsi di preparazione ma percorsi di catechesi, di formazione».

Le parole chiave delle riforme di Bergoglio sono misericordia e discernimento, la capacità di valutare caso per caso. «Per esempio riguardo alla comunione – spiega l’arcivescovo -, non è il sacramento dei perfetti ma un generoso rimedio per chi è fragile. È una dimensione sacramentale e non giuridica nella quale il sacerdote accompagna. Questo però non vuol dire che tutti possono fare la comunione», chiarisce. In un tempo segnato dalla solitudine, Bergoglio richiama alla parola accompagnare. «Il che significa non andare troppo veloci né troppo piano ma camminare insieme». Una riforma che passa per la semplicità, che sa guardare in profondità.

8 maggio 2018