Fisichella: i credenti e il rischio di quell’indifferenza «che uccide»

Alla vigilia della II Giornata mondiale dei poveri, la veglia di preghiera per il mondo del volontariato, presieduta dall’arcivescovo. «Il grido di Gesù sulla croce, risposta di salvezza alle grida degli uomini». La testimonianza dall’Iraq

Quello che sale dalla terra macchiata del sangue dell’innocente Abele, del povero che invoca aiuto, di Gesù che muore sulla croce, fino a quello di speranza dei beati: è il grido nelle sue diverse forme il filo conduttore della veglia di preghiera per il mondo del volontariato che ha avuto luogo sabato sera, 17 novembre, nella basilica di San Lorenzo fuori le Mura, al piazzale del Verano. Alla vigilia e in preparazione della II Giornata mondiale dei poveri, che ha avuto per tema “Questo povero grida e il Signore lo ascolta”, il momento di preghiera è stato presieduto dall’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e animato da associazioni, movimenti ecclesiali, Caritas e Coro della diocesi di Roma.

«Il grido manifesta quanto c’è di più profondo nell’uomo – ha spiegato Fisichella – mentre noi siamo abituati ad associarlo solo a un’espressione fonetica; l’arte, però, ci aiuta a capire che c’è un linguaggio diverso» che supera le facoltà uditive e tocca il cuore, «come accade per la disperazione e la richiesta di aiuto che riusciamo a cogliere nel quadro di Munch». È in particolare «il grido di Gesù sulla croce che deve scuoterci – ha continuato l’arcivescovo – perché è la risposta di salvezza alle grida degli uomini, è il tutto che ci viene consegnato da Dio come strumento di redenzione, è donazione completa di sé, amore totale».

Ancora, analizzando i brani biblici proposti per la meditazione, il presule ha posto l’attenzione sul testo della Genesi. «La voce di Dio che chiede con forza a Caino dove sia Abele, di cui dovrebbe essere il custode – ha osservato -, richiama anche noi perché tante volte, pur sapendo dove si trovi il nostro fratello, manchiamo di senso di responsabilità nei suoi confronti, dimenticando il nucleo della nostra fede: essere per gli altri». Solo così, donandosi, «si supera l’indifferenza e si diventa capaci di dare all’altro la compagnia della fede perché l’indifferenza dei credenti uccide sia chi la offre che chi la subisce – ha chiosato ancora Fisichella -. I nuovi martiri non versano magari il sangue ma lacrime, quelle di chi è ridotto a nuove forme di schiavitù, di chi vive la miseria per una finanza sciagurata, un’economia egoistica e una politica miope».

Infine, l’invito a valorizzare il tempo della preghiera e del silenzio «affinché possa giungere a noi il grido del Padre, la richiesta di farci testimoni coerenti del suo amore e della sua misericordia – ha auspicato l’arcivescovo -: la prima povertà di cui i poveri soffrono, infatti, è quella spirituale e per questo noi per primi dobbiamo recuperare questa dimensione, ponendoci davanti a Dio là dove egli è, riscoprendo cosa chiede a ciascuno perché il grido del povero venga finalmente ascoltato anche da noi, con piccoli gesti in cui porre, però, la totalità della nostra esistenza».

Tra le testimonianze riportate nel corso della veglia come spunto di riflessione sulla povertà e l’ingiustizia, due erano di giovani: il primo, romano, 16 anni e un servizio di volontariato alla mensa dei poveri che «comincia per caso, giusto per avere i crediti scolastici alla fine dell’anno» e si rivela, invece, «occasione per vedere da vicino come in tanti facciano fatica a ricominciare una vita normale e dignitosa» dopo essere caduti in povertà, per motivi diversi. L’altro, iracheno, ha partecipato al Sinodo dei vescovi sui giovani da poco concluso: «Noi abbiamo bisogno delle preghiere, certo, ma anche di qualcosa di più». La persecuzione che nel suo Paese si vive «non è solo fisica ma anche psicologica, è quella di chi si ritrova e si sente solo» e per sconfiggere questo «non bastano la vostra commozione, gli applausi alle mie parole o le lacrime».

19 novembre 2018