Fine vita, tra dignità e autodeterminazione

Da oltre 30 associazioni un no convinto a una legge sull’eutanasia, alla quale la Corte costituzionale ha richiamato il Parlamento, che dovrebbe pronunciarsi a settembre. La preghiera per Vincent Lambert guidata dal cardinale Vallini

«Non siamo i padroni della vita, né della nostra né di quella degli altri. La vita è un dono immenso che ci è dato e che dobbiamo servire perché possa essere per tutti gli uomini qualcosa di degno». Sono queste le parole del cardinale Agostino Vallini, già vicario per la diocesi di Roma, all’apertura del seminario su «“Diritto” o “condanna” a morire per vite “inutili”?», tenutosi ieri, 11 luglio, e promosso dal Libero coordinamento intermedio “Polis Pro Persona”. Il porporato ha guidato un breve momento di preghiera in ricordo di Vincent Lambert, l’uomo tetraplegico in stato di coscienza minima morto lo stesso giorno dopo che il tribunale francese aveva disposto per lui un protocollo terminale. Un dibattito, quello sull’eutanasia, che ha assunto una grande risonanza mediatica e che ora riguarda da vicino anche l’Italia.

L’incontro, a cui hanno aderito oltre 30 associazioni cattoliche, prende le mosse dalla nuova norma sul fine vita chiesta dalla Corte Costituzionale nell’ambito del processo a Marco Cappato, il politico ed esponente dei Radicali che nel 2017 ha accompagnato in Svizzera per il suicidio assistito Fabiano Antoniani, il dj rimasto tetraplegico in seguito a un incidente. Con l’ordinanza 207 del 2018 la Consulta ha infatti chiesto al Parlamento di intervenire con una disciplina ad hoc e ha deciso di rinviare al prossimo 24 settembre la trattazione della questione di costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale, che prevede il reato di istigazione o aiuto al suicidio. «L’ordinanza 207 ha la natura di una legge più che di una ordinanza – ha spiegato Alfredo Mantovano, vicepresidente del Centro Studi Livatino -. Ci troviamo di fronte ad una disciplina già scritta che entrerà in vigore se non accadrà nulla entro il termine previsto». Il magistrato ha richiamato l’attenzione su una categoria specifica adoperata dalla Consulta: quella dell’autodeterminazione. «La Corte fa coincidere questa categoria con la dignità umana e ciò è un grave errore concettuale», ha aggiunto Mantovano precisando che «l’autodeterminazione ha i suoi limiti nel rispetto dell’altro e nella natura non disponibile del bene mentre la dignità non ha né limiti né condizioni».

Sui temi antropologico-scientifici relativi al fine vita si è espressa Assuntina Morresi, membro del Comitato nazionale di bioetica e docente dell’Università degli Studi di Perugia. «La definizione di eutanasia è cambiata: se prima si situava a livello delle intenzioni, oggi, invece, l’atto eutanasico è solo l’atto diretto, ovvero la somministrazione del farmaco che procura la morte». Ne consegue, quindi, che «atti di interruzione di sostegno vitale, come quelli per cui è morto Lambert, per definizione non sono atti eutanasici perché non è un atto diretto, interrompere un respiratore, ma indiretto». Lo slittamento di definizione quindi «cambia la mentalità e toglie tutta l’intenzionalità», ha riferito Morresi. A tutto ciò si aggiunge un altro grande cambiamento avvenuto negli Stati che hanno approvato leggi eutanasiche, ovvero «la morte procurata su richiesta è diventata un atto medico e quindi procedurale».

Si tratta di riflessioni che evidenziano l’urgenza di una discussione pubblica e politica sul tema. Anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti ha ribadito che questa è «una questione che va affrontata con equilibrio e ponderazione e che richiede approfondimento e consapevolezza».

12 luglio 2019