Fine vita, la presunta “svolta” del Papa

Fioccano le strumentalizzazioni, alimentate dalla grancassa mediatica e politica. Chi invoca il varo rapido della legge sulle Dat, chi critica il presunto ammorbidimento. Ma hanno letto il messaggio di Francesco?

Ancora una volta il Papa viene strumentalizzato. Accade, manco a dirlo, sul tema del “fine vita”, dopo il messaggio inviato all’arcivescovo Vincenzo Paglia e ai partecipanti al Meeting europeo della World Medical Association proprio sulle questioni del “fine vita”. Il meccanismo è noto, soprattutto per chi opera nel mondo della comunicazione. Basta un’agenzia di stampa con un titolo o con una sola parola al posto “giusto” (si fa per dire) e la bagarre è pronta per scoppiare.

Così è successo anche ieri. È bastato parlare di “svolta” del Papa, appunto, in un titolo, a proposito delle sue parole sull’argomento, e la grancassa mediatica e politica è partita ovunque, sui social – potenza della rapidità -, sul web, questa mattina, venerdì 17 novembre, sulla carta stampata. Finanche in tv e in radio, dove se si invita un certo ospite a commentare il messaggio del Papa è chiaro che poi l’opinione vada in una direzione ben precisa, mentre forse su un tema così complesso e dibattuto sarebbe lecito aspettarsi un confronto di due posizioni diverse, specie sugli organi di informazione del servizio pubblico. Premesso che ciascuno è libero di dire ciò che vuole, lascia attoniti sentir dire – e senza contraddittorio, già consentito invece su altri temi – che la legge sulle Dat approvata dalla Camera, così com’è, «andrebbe nel solco delle parole del Papa».

Le strumentalizzazioni dal mondo politico sono piovute in gran quantità, a decine, forse più. Anche grazie alla tempestività consentita dai social. Fino al ridicolo. Come chi afferma di aver sentito parlare «l’uomo Francesco, non il Papa», da «rivoluzionario». Da una parte, c’è stato un coro di consensi per una lettura utile a rilanciare il varo – senza modifiche – del disegno di legge sulle Dat. Un testo che presenta diverse ombre e su cui in tanti hanno richiesto delle modifiche. Dall’altra parte – sempre a partire dall’interpretazione della famosa “svolta” –  sono arrivate critiche per un presunto ammorbidimento della posizione del Papa sul tema del “fine vita”, addirittura per uno “sdoganamento” della “dolce morte”, insomma un sì all’eutanasia, cosa che il Papa non ha mai scritto.

La continuità con la dottrina della Chiesa nel messaggio del Papa è anche attestata dalle citazioni di Pio XII e del Catechismo della Chiesa cattolica, ma a questo punto ci si chiede se chi commenta le sue parole abbia letto il testo integrale del messaggio, cosa che peraltro anche un credente dovrebbe fare per essere davvero consapevole di qual è la verità dei fatti, in un tempo dove dominano le informazioni frammentate, distorte, parziali. Il dubbio c’è, ed è forte. Non può bastare – neppure, anzi tantomeno, nell’era dei social – un lancio di agenzia, un titolo di giornale o di tg, peggio ancora un tweet o un post, per capire cosa abbia detto il Papa su un tema così complesso.

Perché, se si andasse a leggere, al cuore di quel messaggio – dove pure si afferma che «argomenti delicati come questi vanno affrontati con pacatezza e ben disposti a trovare soluzioni, anche normative, il più possibile condivise» – si troverebbe un «imperativo categorico»: «Non abbandonare mai il malato». Non è facile essere accanto all’uomo e alla donna fragili, vicini alla morte, ci dice il Papa rivelando a noi stessi la nostra nudità, il nostro limite creaturale nel volerci allontanare dal dolore e dalla morte. Ma «questo è il luogo – scrive – in cui ci vengono chiesti amore e vicinanza, più di ogni altra cosa, riconoscendo il limite che tutti ci accomuna e proprio lì rendendoci solidali. Ciascuno dia amore nel modo che gli è proprio: come padre o madre, figlio o figlia, fratello o sorella, medico o infermiere. Ma lo dia!».

È questo l’appello cui guardare, uscendo dalla logica di voler vedere ogni volta certe parole con gli “occhiali” dell’ideologia o del proprio tornaconto politico, magari alla vigilia di discussioni di leggi o di appuntamenti elettorali. Perché poi, soprattutto, non sono solo parole. Ieri pomeriggio Francesco, poche ore dopo quel messaggio sul “fine vita”, si è recato in un piccolo ospedale da campo nel centro di Roma dove vengono offerte visite mediche gratuite ai poveri e ai bisognosi, ed è stato accolto da un gruppo di poveri in attesa di essere visitati, si è fermato a scambiare qualche parola e a scherzare con loro. È lì che ci invita a stare: accanto al malato. Come imperativo categorico.

17 novembre 2017