Filippo Apostolo, “ponte” tra Roma e Smirne

L’arcivescovo Piretto ai Santi Apostoli. La richiesta di due reliquie, per la comunità cattolica turca e per il patriarcato ortodosso di Costantinopoli

L’arcivescovo Lorenzo Piretto nella basilica dei Santi Apostoli. La richiesta di due reliquie, per la comunità cattolica turca e per il patriarcato ortodosso di Costantinopoli

Roma e Smirne non sono lontane. Sulle carte 1.600, 1.650 chilometri circa, a seconda che li si calcoli via terra o in linea d’aria: una giornata e mezza di macchina passando per la Grecia oppure 5 ore di aereo, comprensive di scalo a Istanbul. Non sono lontane geograficamente e, da oggi, ancor meno spiritualmente. Grazie a san Filippo Apostolo e alle sue reliquie. «Il mio nome è Filippo, e anche per questo per me è così importante essere qui». A dirlo è Filippo, appunto, uno dei pellegrini turchi in questi giorni a Roma insieme al loro pastore, l’arcivescovo di Smirne Lorenzo Piretto. Una ventina di fedeli, la più piccola, Meriam Sara, di solo 4 mesi, arrivati da un territorio a minoranza cattolica – secondo l’annuario pontificio a Smirne, città di circa 4 milioni di abitanti, i cristiani di rito latino sono 1.200, 15mila in tutta la diocesi – ma «molto importante per la storia della Chiesa», ricorda monsignor Piretto.

«Smirne è la terra del concilio di Efeso – spiega – in cui Maria venne dichiarata Madre di Dio, dove la Madre di Gesù accompagnata da Giovanni avrebbe trascorso i suoi ultimi anni, la terra di san Policarpo e del suo allievo sant’Ireneo, e, ovviamente, la terra di san Filippo Apostolo, sepolto a Hierapolis, che è nella nostra Diocesi». Ma le reliquie dell’apostolo non si trovano in Anatolia, bensì a Roma, conservate, insieme a quelle di Giacomo Minore, nella basilica dei Santi Apostoli. E proprio nella basilica l’arcivescovo e i suoi fedeli hanno fatto tappa ieri, celebrando una Messa nella cripta davanti l’altare dei due santi.

«Quando le reliquie vennero portate qui era l’epoca di Papa Pelagio I – racconta loro il parroco, padre Agnello Stoia -, che era stato nunzio a Costantinopoli e che volle le reliquie di Filippo e Giacomo nella Città Santa per riprodurre l’Apostoleion della capitale dell’Impero d’Oriente, una delle Chiese più importanti della cristianità sin dai tempi di Costantino». La basilica nasce nel VI secolo, «quando i Goti avevano ridotto la popolazione di Roma a poco più di 18mila abitanti: sulla fede degli apostoli e sulle loro reliquie il Papa vuole rifondare la città, legando Oriente e Occidente».

Dopo 14 secoli, la notizia è che presto Oriente e Occidente potrebbero avere un nuovo legame: al termine della celebrazione, l’arcivescovo Piretto, anche a nome del patriarca ecumenico Bartolomeo I, ha infatti consegnato a padre Agnello la richiesta per ottenere due reliquie di san Filippo, una per la comunità cattolica di Smirne e una per il patriarcato ortodosso di Costantinopoli, «perché simbolicamente Filippo possa tornare nel luogo dove svolse il suo apostolato».

Dallo scorso 5 aprile i resti di Giacomo e Filippo sono oggetto di una ricognizione scientifica, condotta dall’equipe di archeologi dell’Università di Lecce guidati da Francesco D’Andria, che nel 2008 identificò a Hierapolis il “Doulos tou apostolou Philippou”, coordinata da Nazareno Gabrielli, del gabinetto di ricerche scientifiche dei Musei Vaticani. «L’ultima ricognizione – racconta padre Agnello – risaliva al 1879 e, quando abbiamo iniziato il restauro del sacello della cripta, molto deteriorato a causa dell’umidità, abbiamo pensato fosse l’occasione giusta per farne una con strumenti d’analisi più moderni». Sabato, aggiunge Athena Samoglou, responsabile della segreteria ortodossa di Smirne, «Bartolomeo sarà a Izmir a trovare il nuovo metropolita e il suo vicario, gli archimandriti Bartolomeo Samaras e Kyrillos Sykis, eletti dopo quasi un secolo di vacanza delle sede: ora pregheremo perché anche san Filippo “torni” presto».

22 settembre 2016