“Fili di speranza” tessuti a Casa Chaire Gynai

L’iniziativa di moda eco-solidale ha suggellato l’esperienza del laboratorio di sartoria rivolto a donne disoccupate, nella struttura gestita dalla Fondazione Scalabriniana

Sono stati i colori della gonna patchwork, composta con gli scarti di tutti i tessuti usati per realizzare gli abiti indossati durante la sfilata, a racchiudere il senso e il significato dell’evento promosso ieri sera, 23 luglio, nel giardino della Casa “Chaire Gynai” (Benvenuta donna), alla Pineta Sacchetti. Voluta da Papa Francesco e gestita dalla Fondazione Scalabriniana, la struttura di accoglienza per donne rifugiate con bambini e donne migranti in situazione di vulnerabilità, è attiva dal 2018. L’iniziativa di moda eco-solidale “Fili di speranza” ha suggellato l’esperienza del laboratorio di sartoria eco-solidale che, rivolto a donne disoccupate, trasforma e rinnova stoffe e scarti tessili donati da missionari e missionarie per dare loro nuova vita e speranza. Così la gonna indossata da Faith, proveniente dalla Nigeria, 25 anni, e in Italia da 8, porta con sé il messaggio che «non c’è scarto che non possa fiorire e diventare strumento prezioso». A spiegarlo, presentando la speciale modella, Anna Moccia, referente dell’associazione Terra e Missione Aps, che ha ideato il progetto in collaborazione con la Confraternita Santa Maria del Rosario, il Comune di Ladispoli e il Ciofs Fp Lazio (Centro italiano opere femminili salesiane – Formazione professionale).

fili di speranza, iniziativa di moda eco-solidale, 23 luglio 2023I colori e le fantasie dei diversi tessuti del capo di abbigliamento «di punta» hanno voluto rappresentare anche «l’unione delle diverse comunità da cui i tessuti usati per confezionare gli abiti provenivano», ha detto ancora Moccia. Dalla Tanzania arrivava il tessuto con fantasia a intreccio che richiamava l’unità tra i popoli insieme alla scritta di lode a Dio ricamata all’altezza della cintura mentre i colori caldi dei pantaloni che ricordavano i raggi del sole erano quelli della Guinea Bissau; ancora, dal Congo e dal Camerun le suore missionarie saveriane hanno donato sia il tessuto che ha dato vita a un abito dalla linea etnica e dai colori allegri sia ad uno più sofisticato dal colore viola, con anche la fascia per capelli abbinata. Sempre dall’Africa, in particolare dal Malawi e dalla Tanzania, provenivano i colori dei tessuti usati per decorare la gonna e le tasche dei jeans abbinati alla nuova t-shirt dell’associazione “Terra e missione”, che raffigura sullo sfondo bianco delle figure stilizzate in cammino, nelle quali ognuno può riconoscersi. Le suore clarisse francescane missionarie hanno spedito invece un tessuto pregiato dall’India con il quale è stato realizzato un modello con kimono e pantalone, ispirato al Giappone, e un sari dai colori accesi del verde – nel Paese indiano simbolo di raccolto e di vita – e del giallo, il colore della conoscenza e dell’approfondimento. Sempre ispirato ai modelli indiani era l’abito damascato con caftano sui toni del rosso corallo e grigio, abbinato ad una stola fiorita. Un significato speciale ha avuto l’abito ricamato a mano con la tecnica del punto a croce indossato da Luda, in fuga dall’Ucraina e ospite della struttura di accoglienza.

Ad accompagnare le allieve-modelle – tra le quali c’erano appunto anche alcune delle 10 ospiti della Casa – le sarte e le stiliste che le hanno guidate nel corso di formazione che si è svolto da ottobre a maggio ogni sabato mattina nei locali della parrocchia di Santa Maria del Rosario, a Ladispoli. «È stata una bellissima esperienza – racconta Annamaria, sarta e modellista di professione -, perché le ragazze avevano davvero voglia di imparare e tutte hanno contribuito alla realizzazione degli abiti, a cui più persone hanno lavorato e messo mano». Al confezionamento di alcuni capi, a completamento di quanto cucito dalle corsiste, hanno partecipato anche le suore della Carità di Santa Giovanna Antida della Fondazione Thouret onlus.

Per Raffaella Bencivenga, psicologa del team di lavoro che opera a Casa “Chaire Gynai”, questa esperienza è stata parte integrante «del progetto personalizzato che stendiamo insieme alle nostre ospiti, che restano con noi fino a 6 mesi, un anno le mamme con bambini». La professionista ha spiegato che lo scopo della «struttura di terza accoglienza» è quello di «accompagnarle nella costruzione di una autonomia, con la ricerca di una casa e di un lavoro, guardando primariamente alla dimensione formativa e alla ricostruzione dell’identità». L’attestato del Ciofs Fp Lazio ricevuto al termine della sfilata dalle corsiste è quindi un punto di partenza in questa direzione, unitamente all’indennità di frequenza possibile grazie al sostegno ricevuto dalla Caritas di Porto-Santa Rufina.

24 luglio 2023