Festival di Sanremo 2022, aspettando il vincitore

Uno show senza guizzi ma premiato dallo share. Il 19enne Matteo Romano, esploso su TikTok, in gara con “Virale”, e l’82enne Iva Zanicchi, con “Voglio amarti”

Meno male che c’è Raiplay, soprattutto per chi fatica a restare incollato alla tv per seguire il tanto atteso Festival di Sanremo, dove, anche quest’anno, predomina una pruriginosa “ansia da conferma” più che da prestazione. Come se Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo non avesse insegnato niente, con la lapidaria affermazione di Tancredi: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Insomma, tutti sembrano strizzati nel loro ruolo: Amadeus con la giacchetta da bravo presentatore, Fiorello il disturbatore irriverente ma almeno divertente, Checco Zalone idem ma a tratti più imbarazzante, Ornella Muti più femme fatale che co- conduttrice, Lorena Cesarini politically correct. E poi i cantanti che non sanno cantare e cercano di reggere la scena con look discutibili e gesti dissacranti (vedi Achille Lauro con il suo inno a se stesso “Domenica”, con tanto di battesimo finale); quelli che sanno cantare ma per rimanere fedeli a se stessi finiscono con il ripetersi: vedi per la vecchia guardia Gianni Morandi con “Apri tutte le porte” che sembra uscita dal suo repertorio anni ’60 e Massimo Ranieri con “Lettera di là dal mare”, a cui va dato però il merito di un testo significativo con riferimenti ai migranti, ma anche il giovane Sangiovanni che porta “Farfalle” che sembra uguale alle canzoni che lo hanno reso popolare in poco tempo, Fabrizio Moro con “Sei tu”, che va bene essere riconoscibili a occhi chiusi, ma così è troppo. O quelli che deludono le aspettative: vedi Michele Bravi e la sua “Inverno dei fiori”, troppo intensa e delicata anche nell’interpretazione; Noemi con “Ti amo non lo so dire” che sembra esserle stata “scucita” addosso; Giusy Ferreri con “Miele” che non arriva sofisticata come è stata concepita; Le Vibrazioni con una performance che sarebbe meglio non ricordare “Tantissimo”; Emma che in “Ogni volta è così” almeno canta bene ma non convince.

E non regge la scusa che il Paese, in questo momento, ha bisogno di certezze, perché, di certo, la rinascita non passa per la città dei fiori, almeno per quel che si è visto nelle prime due puntate. Se è vero che da tempo il Festival di Sanremo è più uno show televisivo che una gara di canzoni, e come tutta la musica che va in tv ha bisogno dei suoi riti e delle sue cornici, è anche vero che, fatte pochissime eccezioni (Mahmood e Blanco, gli unici a mettere i “Brividi” nella prima serata, tra i pochi a dimostrare che l’autotune non è il male del secolo; Elisa che incanta con “O forse sei tu”; Giovanni Truppi  con “Tuo padre, mia madre, Lucia” sui legami familiari, canzone tradizionale tra le più interessanti di questa edizione), qualche brano migliore una manifestazione in eurovisione lo dovrebbe pur diffondere (leggi gli evitabili Ana Mena con “Duecentomila ore”, che ha fatto meglio con i suoi tormentoni estivi, Rkomi “Insuperabile” per niente, in quota rock ma senza entusiasmi).

A onor del vero, non tutte le canzoni passate a Sanremo hanno fatto storia. Alcune l’hanno fatta diventando oggetto di ironia feroce (Da “Fiumi di parole” dei Jalisse fino a “In tutti i luoghi in tutti i laghi” di Valerio Scanu). Ma le aspettative sono sempre lecite e non ci si può solo accontentare del motivo orecchiabile o delle canzonette da mettere nella playlist “viaggio spensierato”, tipo “Ciao ciao” de La Rappresentante di Lista con l’effetto gioca-jouer o “Dove si balla” di Dargen D’Amico che infila anche “confine” e “mascherine” nelle sue rime dance; Ditonellapiaga con Rettore che divertono e si divertono con “Chimica” ma si potevano risparmiare “e non m’importa del pudore /delle suore me ne sbatto totalmente”; Aka 7even con “Perfetta così”, testo ingenuo ma ritmo serrato.

Possibile che la pandemia di coronavirus sia praticamente assente dai testi e abbia solo fatto commuovere Amadeus, che ha aperto martedì sera con gli occhi lucidi per aver ritrovato in sala il pubblico dell’Ariston, e dato spunti a Fiorello e Zalone per le loro gag? Possibile che anche i giovani autori, nell’anno di grazia 2022, non vadano molto oltre le canzoni d’amore in tutte le sue forme e armonie? Ad esempio Yuman con “Ora e qui”, a cui non basta la voce soul per lasciare il segno; Irama con “Ovunque sarai”, anche lui bella voce e canzone azzeccata, ma in passato è stato più coraggioso; Highsnob e Hu con “Abbi cura di te”, toni contemporanei ed esecuzione d’impatto, ma niente di originale nel testo. Possibile che il 19enne Matteo Romano, esploso su Tik tok e passato per Sanremo Giovani, in gara con “Virale”, canti meglio (ma senza stupire) dei colleghi più navigati e che davvero in troppi abbiano letteralmente stonato (ai limiti del fastidioso Tananai con “Sesso occasionale”)? E che l’82enne Iva Zanicchi invece con “Voglio amarti” dia una pista alle colleghe più giovani per voce e interpretazione? Purtroppo sì, è possibile, perché “Sanremo è Sanremo”, anche se ormai ci hanno tolto il jingle.

3 febbraio 2022