Feroci: «Francesco ha aperto il cuore dei romani»

Il direttore della Caritas diocesana: «Una mobilitazione che a Roma avevamo visto di rado. Sui media date letture distorte e offensive»

Il direttore della Caritas diocesana: «Una mobilitazione che a Roma avevamo visto di rado. Sui media sono state date letture distorte e offensive»

«Una straordinaria partecipazione delle parrocchie data la novità e l’originalità della richiesta». Non ha dubbi monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, nell’affermare che «l’appello di papa Francesco ha aperto il cuore dei romani».

In tre settimane oltre 80 adesioni. Siete soddisfatti?
Molto. Più dei numeri, però, occorre considerare che le nostre comunità sono state chiamate dal Papa a qualcosa che va oltre l’ordinario e la storia pastorale di tutta la Chiesa italiana ed Europea. I complessi parrocchiali non sono stati pensati per fare questo tipo di accoglienza. Sono anzitutto luoghi di culto e di insegnamento, così come avviene per i luoghi di tutte le altre religioni. A questo va poi aggiunto che a settembre l’attività pastorale non è ancora ripresa in pieno e oltre quaranta comunità parrocchiali hanno visto avvicendarsi i parroci che in questi giorni si stanno insediando. Per questi era impossibile poter aderire in tempi così stretti all’appello.Purtroppo sui media sono state date letture distorte e offensive; addirittura ci risulta che sono stati offerti soldi a dei rifugiati siriani per indossare una telecamera nascosta e andare a chiedere accoglienza fermando i sacerdoti per strada. Vorrei invece che fosse compreso l’enorme sforzo che i parroci stanno facendo insieme alle comunità.

Che tipo di accoglienza sarà?
Si tratta di costruire progetti intorno alle persone, di mettere in moto delle reti di solidarietà già presenti nei territori. Parliamo di accoglienza “diffusa” perché la comunità è chiamata tutta a partecipare e a farsi carico delle persone accolte.
Si stanno facendo molte cose. Sono state organizzate collette, alcune Prefetture della diocesi hanno in programma di affittare degli appartamenti per dare ospitalità, altri ancora hanno messo a disposizione locali per fare scuole di italiano e mense. Una mobilitazione che a Roma avevamo visto in rare occasioni, solo a seguito di gravi calamità.

In che modo la comunità può essere coinvolta nell’accoglienza?
Già l’attività di assistenza in se stessa è coinvolgente per ogni gruppo presente in parrocchia: oltre al vitto e all’alloggio, i profughi hanno bisogno di imparare la nostra lingua, di conoscere Roma, di svagarsi. Anche noi, però, possiamo imparare molto da loro: conoscere il dolore e la sofferenza per aver abbandonato i loro paesi e le cause che li hanno costretti a fuggire.

Anche la Diocesi proporrà un percorso di formazione sul tema delle migrazioni.
L’Ufficio Catechistico, l’Ufficio per la Pastorale delle migrazioni e la Caritas propongono alle parrocchie, ai movimenti e a tutte le associazioni ecclesiali una serie di incontri nella prospettiva di aprire una riflessione serena, attenta e consapevole sul fenomeno delle migrazioni, fornendo utili strumenti e piste di approfondimento, partendo dall’esperienza maturata da quanti da anni lavorano a fianco dei migranti e sono quotidianamente impegnati a promuovere i diritti umani, il rispetto degli stessi, il dialogo, la solidarietà, la mondialità.

 

5 ottobre 2015