Fanny Ardant, nuovo ritratto di donna

“I giovani amanti”, di Carine Tardieu: dramma sentimentale composto e silenzioso, capace di restare sulla soglia del non detto. Come un gioco di specchi, convinto e credibile

L’idea originaria parte da Solveigh Anspach, una cineasta franco-islandese. Shana e Pierre si incrociano nel 2006 in un ospedale di Lione. Lei è l’amica della donna ricoverata, lui il medico che si occupa della paziente. Tra i due uno sguardo rapido e un saluto frettoloso. Lui in realtà è rimasto molto colpito dal fascino della donna. Così quando si incontrano di nuovo durante una vacanza in Irlanda, sono passati 15 anni e tra i due comincia qualche confidenza…. È il prologo de I giovani amanti (Les jeunes amants), il film di nazionalità franco/belga presentato alla scorsa edizione della Festa del Cinema di Roma e diretto da Carine Tardieu, nata a Parigi nel 1973, primo lungometraggio nel 2007, e ora con questo nuovo titolo, certo il più ambizioso e impegnativo.

La questione centrale è semplice ma tutt’altro che scontata. Da un lato c’è Pierre, 45enne medico con una brillante carriera davanti; e dall’altro c’è Shauna, settantenne, architetto in pensione, donna libera e indipendente. La differenza d’età sarebbe già di per sé un ostacolo non trascurabile, al quale si aggiunge la constatazione che Pierre è sposato e ha due figli con una moglie molto più giovane. Shauna ha una figlia grande a cui cerca di risolvere i molti problemi personali. Dopo il primo incontro nella campagna irlandese, la passione tra Pierre e Shauna esplode forte e convinta. All’inizio tra i due non c’è solo la differenza di residenza (lei a Parigi, lui a Lione), ma a poco a poco anche lo scarto dell’età fa nascere legittimi dubbi e incertezze.

Visto e raccontato al contrario (una lei molto più avanti con gli anni, un lui uomo nel pieno della giovinezza), e deciso a scontrarsi con un sentimento che sembra non volere diminuire ma anzi si rafforza, il dramma è pronto a diventare melodramma, con tutti i rischi che ne conseguono. Ma la regista con saggezza si tiene lontana da scivolate su melò fuori controllo, è brava a non cedere a sguardi passionali indiscreti: il dramma sentimentale resta dolente ed esplode composto e silenzioso nel cuore di due adulti di età differente. Insomma, il copione ha il senso di misura giusto per restare sulla soglia del non detto, affidando alle immagini quello che le parole non dicono. Se questo gioco di specchi e di rinvii riesce a conservare convinzione e credibilità, molto si deve anche ai due protagonisti: Melvil Poupaud, in Italia meno conosciuto ma di convincente intensità come Pierre. E soprattutto Fanny Ardant, che della settantenne Shauna disegna un ritratto in grado di restituire tutte le mille sfumature di una donna che ha vissuto tanto, che non è ancora sazia di vita e anche di fronte all’incombere della malattia non vuole arrendersi. Film di qualità nel quale la scabrosità del tema si coniuga con l’eleganza del suo svolgimento.

11 luglio 2022