Famiglie separate, l’accompagnamento di Fsc

L’associazione “Famiglie cristiane separate”, nel solco dell’Amoris laetitia, in prima linea nell’ascolto delle coppie e nella cura dei figli

L’associazione “Famiglie cristiane separate”, nel solco dell’Amoris laetitia, in prima linea nell’ascolto delle coppie e nella cura dei figli 

«Mi chiamo Giuseppe e non è facile raccontare la croce della separazione», ha iniziato così il suo racconto Giuseppe Capece, membro di Famiglie Separate Cristiane (Fsc), un uomo che ha perso l’unione coniugale e che ha cercato di ritrovare se stesso nella fede attraverso l’associazione. Il suo è stato uno degli interventi della conferenza “Vino e olio sulle ferite. L’esperienza delle rotture in famiglia” che si è tenuto giovedì 30 al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II; un segno di attenzione alle famiglie “ferite” nel solco della “Amoris laetitia” di Papa Francesco.

Organizzato da Mario Binasco, professore di Psicologia e psicopatologia della vita matrimoniale e familiare alla Pontificia Università Lateranense, l’evento ha raccontato le iniziative di accompagnamento e sostegno alle famiglie separate che nascono in ambiente cattolico. Il preside dell’Istituto, monsignor Pierangelo Sequeri, ha ringraziato prima dell’inizio: «Ci sono persone pronte a dedicarsi, a restituirsi e farsi tramite di un aiuto che sia di riflessione e di esperienza, questa cosa mi commuove molto».

«L’ascolto è il punto di forza della nostra associazione» – ha spiegato Paola Menaglia, vicepresidente di Fsc. In Italia i nostri gruppi esistono già dagli anni ’90 e stanno vicino «a tutte le categorie di chi si separa – specifica Menaglia -, chi è rimasto fedele al matrimonio, chi si è riaccompagnato o anche risposato». Incontri di preghiera e ritiri spirituali per dare il conforto del Vangelo a chi attraversa una crisi così profonda: «Prima mi sembrava di aver coronato un sogno – ha raccontato Giuseppe – poi lei mi ha detto che non ero l’uomo giusto per lei. Mi sono sentito cadere il mondo addosso, poi ho capito che Cristo aveva sofferto come me».

La Chiesa, ha sottolineato Menaglia
, fino a qualche tempo fa stentava ad avere attenzione verso di loro, opinione a cui ha fatto eco in un intervento video della campagna “Soli ma ben accompagnati” don Claudio Occhipinti, assistente spirituale di Fsc: «Sono rimasto stupito nello scoprire che molti miei fratelli parroci chiudevano la porta. Non giudico, anche la mia prima reazione era di rabbia, ma il Vangelo mi dice di accogliere tutti». Così don Mario Della Giovanna da 20 anni porta avanti “La Casa” a Bergamo, un percorso spirituale in cui vengono inserite le coppie che stanno vivendo la separazione.

Accompagnare, discernere e integrare sono le tre parole chiave che Della Giovanna ha tratto dall’enciclica “Amoris laetitia” di Papa Francesco per descrivere le attività del gruppo: «Ma abbiamo iniziato molti anni prima – ha ricordato -, nel 1997, con dei gruppi di preghiera. Volevamo che avessero una casa dove trovare forza. Va accolto in particolare chi soffre la separazione e ha subito il distacco. Il lavoro è di gruppo ma personalizzato». La fine del percorso porta «a incontri con le parrocchie e le comunità diocesane con le quali la persona si riconcilia».

«Mi chiamo Douglas e sono figlio di genitori divorziati». L’altra parte di queste storie sono i figli, ha raccontato nella sua testimonianza padre Douglas de Freitas Ferreira, dottorando all’Istituto Giovanni Paolo II: «Il mio primo ricordo a 3 anni è il litigio dei miei genitori e mio padre che va via. Piangevo e cercavo di riparare mia madre». Anche ai bambini, ha detto con forza padre Ferreira, bisogna dare ascolto: «Io pensavo che quello che era accaduto era sbagliato e tutti invece mi dicevano che era normale, ma non è così. Proprio per i bambini dal 2006, Costanza Marzotto, mediatrice familiare e docente alla Cattolica, porta avanti l’esperienza dei Gruppi di parola: «Sei incontri, in cui facciamo esprimere i bambini, che si concludono con una lettera ai genitori» – ha spiegato. “Perché litigate, che motivo c’è?”, “A me volete bene, ma voi due vi volete ancora bene?” si legge: «Sono parole che altrimenti non avrebbero il coraggio di dire».

31 marzo 2017