Famiglie: dopo il Covid, «ceto medio sempre più povero»

La prima indagine dell’Osservatorio nazionale Acli. Il presidente Manfredonia: «Servono nuove politiche di welfare, invece il governo sta facendo un passo indietro»

«Chi stava bene ed era benestante prima del Covid oggi possiede più ricchezza mentre chi non aveva molto, oggi ha ancora di meno». Il presidente nazionale delle Acli Emiliano Manfredonia sintetizza con queste parole la prima indagine elaborata dall’Osservatorio nazionale Acli dei redditi e delle famiglie, nato a giugno 2022 dalla collaborazione tra l’Area famiglia delle Acli nazionali, il Caf Acli e l’Iref. Un focus su  come è cambiato il reddito delle famiglie prima e dopo il Covid. «C’è bisogno di nuove politiche di welfare – prosegue Manfredonia -; invece ci sembra che il governo stia facendo un passo indietro, ad esempio non recependo le indicazioni dell’Europa sul salario minimo ma tornando a parlare di voucher. Anche sul reddito di cittadinanza credo si sia sorpassato il limite – aggiunge -: è una misura che non può essere abrogata, garantisce un livello di vita dignitoso, poi è chiaro che bisogna ridiscutere tutta la parte sulle politiche attive del lavoro». Più in generale, «va rafforzato tutto il sistema che riguarda le politiche familiari che negli ultimi anni sono state elargizioni di denaro utili nel breve periodo ma assolutamente insufficienti per combattere realmente la crisi», sono ancora le parole del presidente Acli.

Donne con meno di 40 anni e con un figlio. Sono loro ad aver pagato di più la crisi economica legata alla pandemia di Covid-19: in tre anni hanno perso il 35% del loro reddito. L’analisi presentata ieri, 15 dicembre, si basa su un panel di 974mila dichiarazioni dei redditi, in forma anonima, effettuate presso il Caf Acli negli anni 2019, 2020 e 2021. Il panel preso in considerazione è stato suddiviso in quintili di reddito equivalente e comparato in questi tre anni. Nel periodo 2019-2021, un terzo dei contribuenti (326mila persone) ha avuto un aumento del reddito, i restanti due terzi (611mila contribuenti) hanno, invece, visto il proprio reddito diminuire. Tra coloro che hanno subito una diminuzione, la metà ha avuto una perdita poco significativa (sino a 410 euro nel biennio), un altro 2,5% ha perso sino a 1.200 euro. Il 3,6% del panel ha perso oltre il 35% del reddito: la perdita ha un valore mediano di 6.200 euro, con il primo 25% di cittadini che ha visto svanire in tre anni sino a 3.700 euro e l’ultimo 25% che ha avuto una contrazione superiore a 10.000 euro. Sono per lo più lavoratori a basso reddito che a causa della crisi sanitaria ed economica sono stati licenziati o hanno subito un deciso ridimensionamento del proprio impegno nel mercato del lavoro. Il profilo anagrafico rivela che il 30,9% ha meno di 40 anni e che il 66,6% sono donne con almeno un figlio.

La forbice, insomma, si sta allargando. E «il prossimo anno l’inflazione avrà un impatto ancora più forte sul reddito delle famiglie», afferma Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica all’Università di Tor vergata, anche lui intervenuto alla presentazione dell’indagine. «In questa ricerca – rileva – noi osserviamo i sopravvissuti, quelli che hanno continuato a presentare la dichiarazione dei redditi presso gli sportelli del Caf Acli. Ma c’è stata una perdita del 15% del campione, persone che sono sparite, che quindi non hanno più fatto la dichiarazione e che ci fanno pensare che i risultati siano peggiori». Quindi, l’esortazione: «Dobbiamo puntare sull’amministrazione condivisa: le associazioni possono mettere a disposizione dell’ente pubblico preziose informazioni, come stanno facendo le Acli. C’è bisogno di una sinergia più forte tra classe politica e società civile».

Le Acli, da parte loro, assicurano che l’Osservatorio permanente «raccoglierà periodicamente dati inerenti alle famiglie», dichiara Lidia Borzì, delegata nazionale Acli Famiglia e stili di vita. Con un approccio «fuori dalla retorica – chiarisce -. Siamo un Osservatorio di storie e persone: abbiamo analizzato un milione di dichiarazioni dei redditi in forma anonima e abbiamo ricavato dei dati importanti che faranno da guida alle Acli, ma soprattutto ai governanti, affinché pensino a politiche familiari diverse. La famiglia deve essere riconosciuta come fondamento della società e motore di sviluppo dal punto di vista sociale ed economico», è il monito.

Al contrario, oggi «in Italia se fai un figlio diventi povero. Se ne fai due è sicuro che diventi povero e se ne fai tre sei matto». La riflessione è di Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum associazioni familiari, che sottolinea: «Le famiglie vanno in difficoltà quando nasce un figlio. Questa ricerca – aggiunge – è importante perché è stata realizzata su un campione autorevole di quasi un milione di persone e ci aiuta ad avere una fotografia reale del nostro Paese. Noi chiamiamo ceto medio quelle famiglie che stanno al limite della povertà, ma non facciamo nulla per queste famiglie: dovremmo anticipare il problema e invito le Acli a fare della natività una questione vitale. Tutte le leggi di bilancio di tutti i partiti – conclude – fanno un errore: pensano che il bene comune sia la somma degli interessi particolari e questo scontenta tutti. Il bene comune deve partire da una idea diversa di Italia e le Acli, con questo studio, aiutano a fare riflessioni di questo tipo».

16 dicembre 2022