«Famiglia all’improvviso», il film di Gelin su un padre

Tra diversi cambi di prospettiva, un film in grado di raccontare una storia dei nostri giorni sottolineando alcuni forti fraintendimenti della vita quotidiana

Tra diversi cambi di prospettiva, un film in grado di raccontare una storia dei nostri giorni sottolineando alcuni forti fraintendimenti della vita quotidiana 

Sull’argomento “famiglia”, mai così chiacchierato e dibattuto da quando le statistiche parlano di una crescente denatalità, il cinema offre molti spunti di riflessione. Il più recente arriva da Famiglia all’improvviso, un titolo francese uscito in sala giovedì scorso. In realtà il punto di partenza è Instructions not included, film messicano diretto da Eugenio Derbez, e quello francese è Demain tout commence, di Hugo Gélin. Una bella girandola di nomi e di nazionalità per raccontare la storia di Samuel, uno scapestrato giovanotto che vive nel Sud della Francia senza responsabilità e senza legami. Fino a quando una delle molte donne con cui si è accompagnato non va a trovarlo e gli lascia tra le braccia con un gesto repentino una neonata, Gloria, affermando che si tratta di sua figlia. Per Samuel si tratta di una sorpresa che lo costringe ad un cambio di vita difficilissimo da gestire.

Ma, inizialmente incapace di prendersene cura, Samuel impara giorno dopo giorno ad essere un buon padre. ll racconto si sposta ad otto anni dopo. L’uomo vive ora a Londra, Gloria è una adolescente vivace e i due sembrano vivere con una relativa tranquillità. Ma le sorprese sono in agguato… «Sono rimasto colpito – dice il regista Hugo Gelin – dalla storia di quest’uomo che decide di dedicarsi completamente alla figlia (…). Inoltre ho pensato che con un padre improbabile, un amico generoso, e una madre che torna e con la quale nessuno vuole avere a che fare, ce n’era abbastanza per raccontare una storia divertente e commovente».

Tutta la prima parte del copione corre lungo una traiettoria rapida e scanzonata. Si ha l’impressione di avere a che fare con una vicenda comico–brillante, che invece da un certo punto (ma con piccoli segnali di preavviso) vira bruscamente. Qui bisogna opportunamente fermarsi perché non c’è necessità di anticipare quello che andrà a succedere. Forse è sufficiente riportare ancora una dichiarazione del regista: «Mi piace ridere delle cose tristi ed emozionarmi per le cose belle. Non c’è niente di più commovente di qualcuno che sorride mascherando un grosso dolore. È un aspetto drammatico che mi piace e un registro particolarmente adatto al melodramma». Nel ribaltamento dei ruoli e delle posizioni una parte importante la ricopre lo spostamento dell’azione dal Sud della Francia a Londra. Qui tutti i personaggi principali sono chiamati a parlare la doppia lingua francese/inglese, raddoppiando le occasioni di divertimento molto vicine allo straniamento.

Interessante il rapporto che si crea
tra Samuel e Gloria: «Un padre “chioccia” che accudisce la sua piccola e non vuole lasciarla andare. Quando, dopo otto anni, i due potrebbero dormire in camere separate, lui non lo sopporta, non si sente a posto senza di lei, e vive solo per lei. Ci sono dunque molti cambi di prospettiva, molti ribaltamenti in questa vicenda che porta più volte lo spettatore a mutare atteggiamento, a virare da un cambio all’altro. In sostanza siamo di fronte ad un film che, mentre racconta una storia a pieno titolo dei nostri giorni, è in grado di lanciare più di un avvertimento su alcuni forti fraintendimenti della vita quotidiana. Che richiedono capacità di riflettere, di discernere, di pensare.

 

24 aprile 2017