Fallito il golpe in Turchia. Grande spavento dell’Europa

Militari tentano colpo di Stato. Erdogan: «La pagheranno cara». 5 generali e 29 colonnelli sollevati dall’incarico; più di 1.500 i soldati arrestati

Militari tentano il colpo di Stato. Il presidente Erdogan: «La pagheranno cara». 5 generali e 29 colonnelli già sollevati dai loro incarichi; più di 1.500 i soldati arrestati

Si è concluso con il fallimento il colpo di Stato in Turchia tentato da una fazione dell’esercito contraria al presidente Erdogan. La battaglia ha infuriato attorno al Parlamento tra la sera di venerdì 15 luglio e sabato prima dell’alba: su un fronte i militari ribelli, sull’altro i reparti scelti della polizia, fedeli al premier. Numerosi i bombardamenti e i combattimenti durante la notte, sia a Istanbul che ad Ankara, sede del potere politico e militare, dove quindi i golpisti hanno colpito più duramente. Il bilancio provvisorio degli scontri: 90 morti e centinaia di feriti.

«La pagheranno cara», ha promesso Erdogan. E alle parole sono seguiti i fatti: gli arrestati al momento sfiorano quota 6mila. Moltissimi i militari: oltre 1.500; 5 generali e 29 colonnelli sollevati dai loro incarichi. In più, numerose retate anche di giudici e uomini di legge considerati come nemici dal regime. Pare che gli arrestati o licenziati siano ormai quasi 3mila. Tra loro anche Alparslan Altan, noto per la sua difesa dei diritti civili nei maggiori tribunali del Paese.

Due i punti di svolta che hanno condotto al fallimento del golpe: l’appello di Erdogan trasmesso attraverso lo smartphone, prima di imbarcarsi su un aereo, che ha spinto la folla a scendere in piazza, circondando i carri armati; e la condanna dei leader mondiali, dal presidente Usa Obama fino ad Angela Merkel e ai vertici Nato. Alla fine i blindati dei militari ribelli hanno fatto retromarcia. E anche l’aeroporto internazionale è stato riaperto.

«Sollievo» da parte del presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi per gli sviluppi del caso. «La preoccupazione per una situazione fuori controllo in un partner Nato come la Turchia oggi lascia spazio al prevalere della stabilità e delle istituzioni democratiche – ha dichiarato -. Auspichiamo che non ci siano rovesci e pericoli per la popolazione e per tutti gli stranieri presenti in Turchia», nella convinzione che «libertà e democrazia siano sempre la via maestra da seguire e difendere». Dalla Farnesina intanto già nella mattina di sabato 16 luglio era arrivato l’invito agli italiani presenti in Turchia a evitare ogni spostamento e «attendere lo sviluppo degli eventi tenendosi informati sui media locali e internazionali». Per informazioni ed emergenze, si legge in una nota sul sito del dicastero, «contattare l’Ambasciata d’Italia a Ankara ai numeri: +90 532 374 81 77 e +90 534 074 33 63 ed il Consolato generale a Istanbul al numero 00905554585844». Temporaneamente chiusi l’aeroporto Ataturk di Istanbul e altri aeroporti. Sospesi i voli Alitalia da e per la Turchia.

Nel frattempo il governo di Erdogan prosegue quella che lo stesso presidente turco ha definito «pulizia del virus all’interno di tutte le istituzioni dello Stato». La Turchia continua a rivendicare agli Usa l’estradizione del leader islamico moderato Fethullah Gulen, ritenuto il regista del tentato golpe. Secca la replica del segretario di Stato americano John Kerry, secondo cui agli Usa non è arrivata nessuna richiesta ufficiale: «Irresponsabile accusare un coinvolgimento americano». Rivendicato da Erdogan durante i funerali delle vittime anche il diritto a utilizzare la pena capitale, che la Turchia aveva abolito nel 2004 per adeguarsi ai criteri di adesione all’Unione europea, perché «non possiamo ignorare questa richiesta» dei cittadini. Un’ipotesi che sarà discussa con l’opposizione in Parlamento.

«In questa situazione di estrema incertezza – le parole di Pia Locatelli, presidente del comitato Diritti umani della Camera dei deputati italiana – è fondamentale che venga rispettato lo stato di diritto. Ci auguriamo che Erdogan non sfrutti la situazione per mettere in atto un regime di repressione non solo contro i militari ma anche contro i cittadini e gli oppositori politici. Non vorremmo che il fallimento del colpo di stato sia utilizzato per limitare la libertà delle persone, censurare i media e incrementare le violazioni dei diritti umani».

18 luglio 2016