Fabrizio De André e Pfm, l’incontro di due «diversità»

In un docufilm storico musicale firmato da Walter Veltroni il concerto di Genova del 3 gennaio 1979: immagini credute perse, restaurate e rigenerate, che restituiscono la gioia di un palco condiviso, “sposando” cantautorato e rock

«È il racconto di un incontro tra due profonde diversità: la canzone d’autore e la canzone rock. Ma soprattutto è il racconto di come questa diversità generi sempre una meraviglia ogni qualvolta si incontra con un’altra». È con queste parole che Walter Veltroni, intervenuto ieri sera, 18 febbraio, al The Space Cinema Moderno, presenta il suo ultimo lavoro da regista: “Fabrizio De André e PFM. Il concerto ritrovato”, al cinema fino a oggi, 19 febbraio, in 370 sale italiane.

 «Questo ci dovrebbe insegnare quanto l’altro da noi sia sempre una ricchezza e ciò vale per qualsiasi forma musicale, culturale, politica, civile e sociale», ha proseguito Veltroni. Una scelta, quella di unire due mondi così distanti, che emerge con forza in questo docufilm storico musicale la cui genesi è legata a un filmato creduto perduto per sempre e contenente la registrazione video completa del concerto di Genova del 3 gennaio 1979. Immagine inedite tornate alla luce per iniziativa del batterista della Premiata Forneria Marconi, Franz Di Cioccio, e grazie alla collaborazione del regista Piero Frattari che partecipò alla realizzazione delle riprese custodendole per oltre 40 anni nel suo archivio.

Al ritrovamento del nastro ha fatto così seguito una lunga ma accurata opera di restauro che ha reso possibile una rigenerazione delle immagini e dell’audio tale da far rivivere a ciascuno di noi uno dei tour più significativi della storia della musica italiana. Un sodalizio, quello tra il celebre cantautore genovese e una delle più grandi band del rock nostrano, che è stato sin da subito stroncato dalla critica, preoccupata della possibile contaminazione e commercializzazione che le raffinate canzoni di Faber avrebbero potuto subire con degli arrangiamenti progressive. Titubanze e perplessità che presto abbandonò anche lo stesso De André accettando con entusiasmo e impegno una avventura destinata a diventare memorabile. «Ciò che più ci ha colpiti nella realizzazione di questo progetto è la gioia, l’allegria, l’energia e la serenità con cui Fabrizio canta le sue canzoni su quel palco condiviso», ha raccontato il regista. E tutto questo si carica di un valore aggiunto se si pensa allo scenario politico e sociale di quell’epoca segnata dalla frantumazione delle utopie pacifiste degli anni ’60 e da eventi profondamente drammatici e cruenti.

Grande impegno politico, manifestazioni, dibattiti, collettivi ma anche ricerca e sperimentazione musicale e contestazione agli artisti colpevoli di essersi imborghesiti: è questo il clima in cui si snoda il rivoluzionario tour di 32 date destinato a stravolgere per sempre il binomio cantautorato e rock. «Con questo concerto è come se il tempo non fosse mai passato – ha dichiarato Dori Ghezzi, vedova di De André, anche lei intervenuta nel giorno dell’ottantesimo anniversario dalla nascita del marito -. È di un’attualità e bellezza unica; oggi vedendolo e riascoltandolo trovo abbia più forza di prima». Un viaggio esperienziale forte rievocato dalle testimonianze e dagli aneddoti dei protagonisti di quel coraggioso sodalizio artistico (da Franz Di Cioccio a Patrick Djivas fino a David Riondino) e costellato da quattordici indimenticabili capolavori del poeta della canzone, come “La guerra di Piero” e “Il pescatore”.

19 febbraio 2020